Mariam Dagga, chi era la giornalista uccisa a Gaza da un raid di Israele

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Attraverso fotografie e video ha raccontato le vite dei palestinesi comuni, che affrontano sfide straordinarie. Mariam Dagga, giornalista freelance di Gaza per Associated Press, 33 anni, è stata uccisa dall’attacco israeliano che ha colpito l’ospedale Nasser di Khan Younis. Ha realizzato immagini strazianti della guerra, mostrando al mondo le storie delle famiglie sfollate dalle loro case, delle persone che si accalcano intorno ai camion degli aiuti umanitari, di persone in lutto che partecipano ai funerali e medici che curano bambini feriti o malnutriti. Associated Press si è detta scioccata e rattristata dalla notizia della morte della giornalista. “Stiamo facendo tutto il possibile per garantire la sicurezza dei nostri giornalisti a Gaza, che continuano a fornire testimonianze cruciali in condizioni difficili e pericolose“, afferma AP. Dagga lavorava spesso al Nasser e recentemente aveva riportato le difficoltà dei medici dell’ospedale nel salvare i bambini dalla fame. Stamattina era lì quando è avvenuto l’attacco ed è fra le 20 persone ammazzate, cinque delle quali erano giornalisti. La guerra a Gaza è uno dei conflitti più sanguinosi per i lavoratori dei media: sono almeno 189 i giornalisti uccisi nella Striscia nei 22 mesi di conflitto, secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj). A titolo di confronto, finora sono stati uccisi 18 giornalisti nella guerra della Russia in Ucraina.BREAKING: Four journalists, including a freelancer who worked with AP, are among eight killed by an Israeli strike on southern Gaza's Nasser Hospital. https://t.co/F2U4K6ZOfh— The Associated Press (@AP) August 25, 2025Mariam Dagga lascia un figlio di 13 anni: “Non dimenticarmi mai”Nata a Khan Younis, Dagga ha studiato giornalismo e si è laureata all’Università Al-Aqsa di Gaza. Ha iniziato a lavorare come giornalista nel 2015. Lascia un figlio, 13 anni, che all’inizio della guerra si era trasferito negli Emirati Arabi Uniti per vivere con il padre. Quando Dagga non lavorava era spesso al telefono con il figlio, che voleva tornare a Khan Younis per stare con lei, raccontava ai colleghi. Nel testamento, che Dagga aveva condiviso con un amico, si rivolgeva direttamente a suo figlio: “Non dimenticarmi mai e ricorda che tua madre ha fatto tutto il possibile per renderti felice, a tuo agio e tranquillo”. Al funerale, che si è svolto oggi stesso, c’erano parenti e colleghi in lacrime. Il corpo della reporter era avvolto in un sudario bianco, con un unico fiore rosso posto delicatamente accanto al viso.In un’intervista rilasciata ad aprile a Eye on Palestine, una piattaforma social, Dagga aveva fatto appello alla comunità internazionale affinché proteggesse i giornalisti a Gaza e contribuisse a porre fine alla guerra. In un videomessaggio pubblicato domenica, uno dei suoi ultimi post sui social, aveva avvertito che nessun luogo a Gaza è sicuro: “Ogni luogo è pericoloso, è colpito dai raid aerei… In ogni casa c’è una storia. In ogni casa c’è un detenuto. In ogni casa c’è sofferenza”.Prima della guerra, secondo quanto raccontato dalla sorella Nada Dagga, aveva donato un rene a suo padre. Sfollata dalla sua casa, durante la guerra era stata costretta a trasferirsi più volte, ma non aveva mai smesso di lavorare. “Era sempre pronta”, ha raccontato la giornalista di AP Sarah El Deeb, che lavora a Beirut. “Dagga è rimasta vicino all’ospedale Nasser e ha potuto vedere con i propri occhi la crudeltà della guerra, con la competenza e la pazienza necessarie per raccontare il suo costo per la popolazione di Gaza, i suoi medici, i bambini e le madri”, ha detto. Il suo reportage sui bambini malnutriti a GazaPer il suo recente reportage sui bambini malnutriti a Gaza, Dagga aveva vinto un premio interno di Associated Press che riconosce il lavoro più significativo prodotto ogni settimana. Wafaa Shurafa, senior producer di AP a Gaza che lavorava quotidianamente con Dagga, ha affermato che la reporter non ha mai esitato ad aiutare nessuno. Dagga non si è mai lamentata nonostante le gravi difficoltà che ha dovuto affrontare, era sempre pronta a sorridere ed era profondamente rispettata e amata dai colleghi, dagli amici e dalla famiglia. Shurafa ha detto di aver perso una chiamata di Dagga dopo il primo attacco all’ospedale lunedì. Quando ha richiamato, Dagga non ha risposto. “All’inizio ero nervosa perché non rispondeva, ero molto preoccupata, pensavo che stesse filmando, ma non avrei mai immaginato che fosse stata uccisa. Non ha risposto e non lo farà mai più”.Questo articolo Mariam Dagga, chi era la giornalista uccisa a Gaza da un raid di Israele proviene da LaPresse