L’economia dice una cosa, le Borse ne fanno un’altra: attenzione ai paradossi finanziari

Wait 5 sec.

Un tempo i mercati azionari, nelle loro vicende ordinarie, erano più “leggibili”: i dati sull’economia, le decisioni sui tassi, le notizie geopolitiche davano segnali chiari e in parte prevedibili. Diverso era il discorso per le vicende straordinarie – guerre, pandemie, persino eventi traumatici come l’attacco alle Torri Gemelle – che portavano a movimenti strani, spesso fuori da ogni logica apparente.Oggi, invece, il paradosso è che anche nelle situazioni ordinarie le Borse si muovono come se fossero attraversate da quelle stesse logiche distorte tipiche delle emergenze.Prendiamo i dazi. La guerra commerciale avviata dagli Stati Uniti con l’obiettivo di colpire la Cina avrebbe dovuto rafforzare i listini americani e indebolire quelli asiatici. E invece no. I grafici mostrano che gli effetti sono stati opposti: i Paesi colpiti dai dazi non si sono piegati, mentre Wall Street non ha raccolto i frutti che ci si aspettava. È la prima stranezza: la misura che avrebbe dovuto premiare chi la impone finisce per zavorrarlo.Il secondo paradosso riguarda il dollaro. In teoria, un dollaro debole è un vantaggio per gli Stati Uniti: rende più competitive le esportazioni e aumenta il valore degli utili esteri delle multinazionali americane. Quindi Wall Street dovrebbe salire. Eppure, guardando i dati recenti (espresso in dollari), non è stata la Borsa americana a correre di più. Quando la valuta Usa si indebolisce, i listini stranieri appaiono più brillanti perché alle loro performance in valuta locale si aggiunge l’effetto cambio.In altre parole, se Milano o Shanghai salgono del 5% in moneta locale, in dollari quel guadagno diventa anche maggiore. L’S&P500, invece, non riceve questo “bonus cambio” e così resta indietro. Il paradosso, dunque, è doppio: il dollaro debole non ha premiato Wall Street come previsto e, al contrario, ha amplificato i rialzi degli altri mercati se misurati in dollari.È la dimostrazione che oggi la finanza, anche nelle sue dinamiche ordinarie, non risponde più a rapporti lineari di domanda e offerta, ma a dinamiche psicologiche, aspettative e movimenti di capitale sempre meno prevedibili.C’è poi l’innovazione tecnologica. L’intelligenza artificiale è stata salutata come la nuova frontiera capace di spingere le Borse americane verso record storici. Eppure anche in Europa, priva di giganti del settore paragonabili a quelli della Silicon Valley, i listini hanno corso quasi con lo stesso passo. Un’altra anomalia: il traino dell’innovazione non è più esclusivo, ma sembra contagiare per riflesso anche chi non ne è protagonista diretto.Insomma, la finanza globale oggi sembra più che mai dominata da “cause strane”: dazi che penalizzano chi li impone, valute che si muovono in direzione opposta rispetto alle regole dell’economia reale, innovazioni che alimentano euforia anche in mercati che non ne raccolgono i benefici immediati.Più che ai dati, gli investitori sembrano rispondere a nervi, aspettative, paure e illusioni collettive. È forse questo il vero enigma dei nostri giorni: le Borse non raccontano più l’economia, ma una narrazione autonoma e spesso contraddittoria.E proprio per questo restano tanto affascinanti quanto difficili da decifrare.L'articolo L’economia dice una cosa, le Borse ne fanno un’altra: attenzione ai paradossi finanziari proviene da Il Fatto Quotidiano.