Tre mesi di vacanze son troppe per tutti. Per i bambini e i ragazzi che faticano a riprendere le lezioni e perdono competenze. Per i genitori, soprattutto le madri, che non sanno a chi affidare i figli mentre lavorano. Per i nonni (un pilastro di sostegno per il 41% delle famiglie) che, per chi li ha, sono l’unica soluzione ai centri estivi troppo cari (530 euro in media per figlio) e alla baby sitter. Non funziona nemmeno il cosiddetto “Piano estate” promosso da anni dal ministero dell’Istruzione e del Merito: solo il 5,9% dei genitori ha dichiarato che i propri figli hanno partecipato alle attività mentre il 9% segnala che la scuola ha aderito ma la famiglia non ha potuto partecipare.La maggioranza – oltre una famiglia su due – riferisce che l’istituto non ha partecipato e il 33% non era nemmeno a conoscenza dell’iniziativa. La triste fotografia arriva dai risultati del sondaggio lanciato a luglio 2025 dalla ong WeWorld che insieme a “Mamma di Merda” – progetto di divulgazione dissacrante e ironico sulla maternità – ha chiesto alle famiglie italiane di raccontare come vivono questa stagione.Più di 3mila risposte e quasi mille testimonianze. In Italia, l’estate non è uguale per tutte le persone. “Quando le scuole chiudono – spiega il report – la conciliazione tra gestione familiare e impegni lavorativi diventa una sfida concreta per moltissime famiglie italiane. Un genitore su venti arriva persino a rinunciare a opportunità occupazionali o ad abbandonare il lavoro per far fronte alla gestione del tempo estivo. A pagare il prezzo più alto sono spesso le madri, su cui continua a ricadere in modo sproporzionato il carico del lavoro di cura”.Chi si prende cura di bambini e bambine durante l’estate? Per quasi la metà dei genitori la gestione è a carico soprattutto della famiglia stessa, tra ferie, turni di lavoro incastrati e mille acrobazie quotidiane. Questa responsabilità diventa ancora più gravosa per chi ha figli con disabilità: in questi casi, quasi il 76,5% si fa carico in prima persona della cura. Una situazione simile si riscontra anche nelle famiglie numerose, con più di due figli, dove il 68,3% gestisce i mesi senza scuola autonomamente.Le alternative esistono ma per molti sono impossibili. Sebbene, più di quattro famiglie su cinque iscrivono i ragazzi al centro estivo, questa possibilità varia molto a seconda di dove si vive, della composizione della famiglia e della presenza di figli con disabilità. La spesa media è di circa 530 euro a figlio per un’iscrizione che in genere copre quattro settimane e mezzo, a fronte di una pausa scolastica che dura tredici o quattordici settimane. Anche se non possiamo definirlo un campione statisticamente rappresentativo a livello nazionale, i dati offrono comunque uno spaccato reale e concreto delle sfide che tante famiglie affrontano. Oltre alle risposte a scelta multipla, la ricerca ha lasciato spazio a racconti personali e le parole arricchiscono i numeri: “Se non ci fossero i nonni non potrei lavorare”, dicono in tanti.I centri estivi pubblici (comunali o scolastici) sono utilizzati dal 22% delle famiglie con forti differenze territoriali. Quelli parrocchiali e le associazioni rappresentano un altro punto di riferimento, anche se meno diffuso: vengono frequentati dal 18,1% dei bambini.Sono più presenti al Nord (21%) e sono particolarmente apprezzati da chi ha più di due figli (26,2%). Resta il privato, che costa. Solo una famiglia su dieci (11%) riesce ad affidarsi a babysitter o educatori/educatrici. Infine, il “Piano Estate” del Ministero dell’Istruzione: avrebbe dovuto essere un sostegno concreto per le famiglie ma nella realtà la sua diffusione è stata molto limitata, secondo questo sondaggio.Le differenze territoriali sono evidenti: nel Centro Italia la partecipazione raggiunge appena il 7%, mentre nel Sud e nelle Isole scende al 4,2%, con il 66% dei presidi che non hanno aderito e una scarsa informazione tra le famiglie.“La comunicazione di proposta del “Piano Estate” è arrivata praticamente a luglio, quando noi famiglie già ci eravamo organizzate con iscrizioni ai centri estivi. In ogni caso, la proposta consisteva in un corso di inglese solo per alcuni gradi di scuola primaria e un corso di musica solo per alcuni gradi di scuola secondaria di primo grado, il tutto nel periodo di settembre poco prima che inizi la scuola. Non la trovo assolutamente una proposta valida, mi sembra solo una presa in giro che crea oltretutto ancora più disparità”, spiega un genitore.In questo scenario la lunga pausa estiva si riflette non solo sul benessere, ma anche sull’apprendimento dei bambini. “Chi non ha accesso a opportunità educative – sottolinea la ricerca – è esposto anche a conseguenze sul lungo periodo come: bocciature, abbandono scolastico, aumento della povertà educativa e sul cosiddetto summer learning loss”. Quasi un famiglia su due segnala difficoltà di bambine, bambini e adolescenti nella ripresa scolastica. Tre su 10 notano perdita di competenze o peggioramenti relazionali. “Il 31% delle famiglie osserva una perdita di competenze scolastiche o un peggioramento nel comportamento e nei rapporti sociali”.L'articolo L’estate peggiora le diseguaglianze: gestione dei bambini a carico delle famiglie e al rientro le competenze di tre su 10 sono peggiorate proviene da Il Fatto Quotidiano.