Nel suo recentissimo intervento al congresso di Rimini (detto “meeting” nella lingua dei mercati apolidi) è intervenuto anche l’immarcescibile Mario Draghi, l’impenitente euroinomane delle brume di Bruxelles, l’austerico passato da Goldman Sachs alla BCE. L’unto dai mercati ha pronunciato un discorso dai toni decisamente duri nei confronti della postura – o meglio sarebbe dire dell’impostura – dell’Unione Europea. Ha affermato testualmente che essa è marginale, spettatrice, condannata all’irrilevanza sul piano politico, e ha inoltre dichiarato che è ormai evaporato il sogno europeo di contare realmente a livello internazionale.In questo caso, l’euroinomane delle brume di Bruxelles ha perfettamente ragione, anche se, a onor del vero, la questione appare decisamente più intricata e più grave di come egli l’ha rappresentata. L’Unione Europea, infatti, non è semplicemente irrilevante, marginale e spettatrice: si è di fatto condannata al pessimo e ignobile ruolo di semplice colonia di Washington. Ha finito persino per essere più realista del re, come si suol dire. Ed è l’Unione Europea (ancor più della civiltà talassocratica del dollaro) a volere oggi che la guerra in Ucraina prosegua all’infinito.L’UE nasce marciaÈ proprio l’Unione Europea a promuovere il folle e manicomiale Piano del Rearme Europeo, un autentico disastro sul piano strategico e, diciamolo, anche su quello dello spreco di denaro pubblico. Inoltre, ciò che Mario Draghi si guarda bene dal sottolineare è che non si tratta di una patologica deviazione rispetto a una struttura in sé sana: l’Unione Europea è nata marcia nelle sue stesse fondamenta. Si è costituita come l’Unione del Capitale Europeo contro i lavoratori e i popoli d’Europa, ovvero come una riorganizzazione verticistica e tecnocratica del Capitale dopo la data epocale del 1989.Ancora, l’Unione Europea non rappresenta la strutturazione dell’Europa come potenza autonoma e sovrana, come raccontano i suoi cantori nei loro ditirambi. Al contrario, essa ha rinsaldato ancor più la subalternità del Vecchio Continente alla civiltà del dollaro e alla sua libido dominandi di marca schiettamente imperialistica.Ovviamente, Mario Draghi – come tutti gli euroinomani – anche dinanzi al fallimento plateale e incontrovertibile dell’Unione Europea, continuerebbe a sostenere che essa deve essere salvata Whatever it takes, costi quel che costi, per usare una celebre espressione impiegata a suo tempo dallo stesso unto dai mercati. Magari aggiungerebbe che ci vuole “più Europa”, riprendendo il mantra prediletto della schiera omologata degli euroinomani delle brume di Bruxelles. Uno slogan folle, a dire il vero, fondato sul principio secondo cui, se la cura produce la morte del paziente, allora bisogna aumentare massicciamente le dosi della cura stessa: un vero e proprio non sequitur che, tuttavia, costituisce il fondamento di quel tempio vuoto che santifica il capitale finanziario, quale è l’Unione Europea.Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego FusaroThe post Draghi sbugiarda l’UE… ma dimentica un piccolo dettaglio appeared first on Radio Radio.