E’ di ieri notte l’ultimo bombardamento israeliano su Damasco. A venir preso di mira il monte al Mana, vicino alla località di al Kiswah, appena una trentina di chilometri dal centro della capitale siriana, dove un gruppo di militari israeliani si sono calati a terra da elicotteri e sono penetrati in una base militare alla ricerca di armi in precedenza usate dagli Hezbollah libanesi. E’ la prima volta che accade dalla dissoluzione del regime siriano di Bashar al Assad a dicembre scorso.Il bombardamento, che ha preso di mira l’altopiano un tempo usato come base dagli iraniani in supporto del regime di Assad, è il secondo nel giro di 48 ore. Ed è avvenuto in concomitanza con la riapertura, celebrata in pompa magna dalla televisione di Stato e dalle cariche istituzionali, della Fiera Internazionale di Damasco. Un evento importante, a cui ha preso parte anche il presidente Ahmad al Sharaa e diversi ministri dell’esecutivo. Ad aggiungersi, diverse cariche diplomatiche, soprattutto dell’Arabia Saudita, paese ospite d’onore dell’esibizione internazionale che vuole dare un altro segno di normalità in un paese ancora instabile.Secondo diversi analisti, Israele starebbe aumentando la pressione sulla Siria che, nonostante le ripetute invocazioni americane, non vuole accettare di sottoscrivere gli Accordi di Abramo che normalizzarebbero le relazioni fra Damasco e Tel Aviv. Già il venti agosto scorso, a Parigi, una delegazione israeliana avrebbe incontrato il ministro degli esteri siriano in un primo meeting per trovare una quadra per un accordo fra i due Stati, formalmente in conflitto da oltre mezzo secolo.Mercoledì sera, il canale israeliano Kan 11 riportava la notizia che, in un primo momento, il governo di Netanyahu aveva preso seriamente in considerazione la possibilità di trasferire il controllo delle Fattorie di Shebaa (territorio rivendicate dal Libano ma occupato da Israele dai primi anni 2000) alla Siria, in cambio della rinuncia da parte siriana alla sua rivendicazione della sovranità sulle alture del Golan siriano.Questo piano, continua il canale citato dal quotidiano arabo Al Araby Al Jajeed, si sarebbe arenato a causa delle violenze cominciate nella regione siriana di As Suwayda, abitata da una popolazione a maggioranza drusa, che hanno spinto Israele ad intervenire per – hanno dichiarato più volte – ‘difendere i diritti umani’ della popolazione perseguitata.Da Damasco, al momento, ogni trattativa in corso con Israele viene negata. “Questi accordi di Abramo – ha dichiarato il presidente al Sharaa, parlando con il magazine saudita al Majalla – sono stati sottoscritti da paesi che non avevano territori occupati da Israele: la nostra posizione è differente” ha concluso, riferendosi alle alture del Golan. E, riporta il magazine saudita, al Sharaa ha sottolineato come l’approccio della Siria sia quello di trovare un accordo simile a quello del 1974, che prevedeva un disimpegno militare fra i due Stati.Intanto a New York, nel palazzo di vetro, a settembre l’ex leader di Hayath Tahrir al Sham, o fronte al Nusra, braccio siriano di al Qaida, sarà il primo presidente siriano ad apparire e a tenere un discorso dal 1967, sancendo la fine di un isolamento cinquantennale. Ma i nodi della matassa di una Siria che cerca uscire dalla tragedia di una guerra civile sono ancora molti. E il braccio di ferro fra Tel Aviv e Damasco potrebbe essere solo all’inizio.L'articolo Siria, Israele bombarda e manda gli incursori vicino a Damasco. “Netanyahu pressa al Sharaa per l’ok agli Accordi di Abramo” proviene da Il Fatto Quotidiano.