Siete pronti a sostenere (concretamente) la radio che vorreste?

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Una piccola gemma della nostra scena sono le radio web indipendenti: il primo pensiero va ovviamente al lavoro enorme che ha sempre fatto e continua a fare Radio Raheem, ma non è certo l’unica. Fra le varie, la nostra preferita è probabilmente Rocket Radio: grandissima competenza, entusiasmo, visione, reale voglia di rendere migliore la nostra scena, con insight di qualità ed azioni sul campo.Ora, in Italia – ma non solo in Italia – con le radio abbiamo un problema: siamo tutti anche inconsciamente troppo ancorati al modello tradizionale di radio, quello per cui è “normale” esse non abbiano un costo. Un aspetto che è nel DNA della fruizione radiofonica fin dai suoi inizi carbonari, c’è poco da fare, con le prime radio libere che spesso avevano un raggio d’azione limitato (ma erano una vera espressione comunitaria, in una fase storica in cui esprimersi tramite la musica era diventata una priorità generazionale) e poi via via con la strutturazione in radio private commerciali dalla solida reach via FM e, conseguentemente, dal grande potenziale di finanziarsi tramite la raccolta pubblicitaria, che provvedeva al 100% o quasi delle necessità finanziarie. E poi comunque c’era e c’è Radio Rai: che oltre a poter comunqua contare sulla raccolta pubblicitaria, è sostenuta anche dal canone. E meno male: perché solo col canone una realtà di qualità assoluta e di importanza culturale enorme come Radio Tre è sostenibile. È infatti a ben vedere un bug logico notevole pensare che la radio “debba” essere gratuita: il tempo e la competenza necessari per fare le cose bene si paga, e nel momento in cui deleghi tutto al mercato della raccolta pubblicitaria devi sapere che dai tutto in mano a realtà a cui la qualità interessa sì, ma – giustamente – interessa prima di tutto il ritorno sull’investimento. Da lì la profonda commercializzazione e, diciamocelo, l’appiattimento del panorama radiofonico italiano. Le eccezioni sono la già citata Radio Tre, e le poche radio sopravvissute alla grande stagione degli anni “di movimento” (vedi il network di Radio Popolare, Controradio, eccetera).Nelle nuove generazioni, la qualità radio è andata a rifugiarsi nella nuova frontiera del web. Chi segue queste pagine probabilmente si ricorderà, nel campo “nostro”, che roba incredibile è stata RBMA Radio di cui oggi è rimasto solo lo scheletro testuale (ecco, se ne cercate un erede credibile e bellissimo sappiate che esiste: ROVR, e ringraziateci pure dopo), ma le realtà di qualità sono tante (Kiosk con sede a Bruxelles, per fare un esempio a caso), la voglia di diffondere buona musica nell’etere fisico o digitale non muore, anzi. Una nicchia agguerrita di persone che non si arrendono al piattume della radiofonia commerciale c’è e sempre ci sarà. E qui appunto torniamo a Rocket Radio. Visualizza questo post su Instagram Un post condiviso da ROCKET Radio (@rocketradiolive)Lancia un appello, Rocket Radio, e noi siamo molto contenti di condividerlo. Perché ci piacciono loro, ci piace tantissimo il lavoro che fanno da anni, perché pensiamo che noi come ascoltatori e persone senzienti abbiamo bisogno dei contenuti che veicolano – loro e tutte le radio che guidano le proprie scelte in primis in base alla qualità e non in base alla commerciabilità. Il punto è questo. Se non vogliamo che tutto sia in mano ai numeri e ai capricci del mercato (mercato e cultura possono ogni tanto trovare alleanze, ma restano realtà distinte e con anime differenti), dobbiamo sempre più essere pronti a sostenere ciò che ci piace. Sostenerlo concretamente. Lo abbiamo fatto storicamente con l’editoria, pagando magazine e quotidiani, ma con l’avvento del web abbiamo quasi smesso di farlo (…e le conseguenze sono quello che sono, lamentarsi è lacrime di coccodrillo). Con le radio non l’abbiamo fatto praticamente mai, fin dal giorno uno, come si diceva, ma dovremmo seriamente iniziare a pensare di farlo. È vero che grazie al web ed alla tecnologia uno può creare un broadcast a distribuzione globale 24/7 con praticamente poche centinaia di euro all’anno, ma questa è solo la struttura: la sostanza invece è fatta di tempo, di conoscenza, di studio, di capacità, di talento, di perseveranza, di professionalità. Tutte cose che vanno, o andrebbero, remunerate. Poniamocelo, questo problema. Prima che sia troppo tardi. Torniamo ad imparare quanto sia importante lottare per le nostre passioni anche nel piccolo, nel piccolissimo, spendendosi e spendendo concretamente. The post Siete pronti a sostenere (concretamente) la radio che vorreste? appeared first on Soundwall.