di Giuseppe Gagliano – La decisione della Germania di firmare un accordo da 408 milioni di euro con l’industria bellica israeliana Rafael arriva poche settimane dopo l’annuncio di un embargo sulle esportazioni di armi verso Israele, motivato dalla crisi umanitaria a Gaza. Il cancelliere Friedrich Merz, incalzato dalle pressioni interne ed europee, aveva promesso di limitare il sostegno militare diretto a Tel Aviv. Tuttavia il contratto approvato dal Bundestag dimostra come la politica della difesa tedesca segua logiche ben più complesse: da un lato la necessità di prendere le distanze dalle operazioni israeliane a Gaza, dall’altro il consolidamento di legami industriali e tecnologici che hanno un peso strategico nell’architettura della Bundeswehr.L’intesa prevede la fornitura di 90 pod di puntamento Litening 5 per gli Eurofighter Typhoon dell’Aeronautica militare tedesca. Si tratta di sistemi di altissima precisione, dotati di sensori infrarossi a diverse lunghezze d’onda, immagini a colori ad alta risoluzione e designazione laser, con la possibilità di integrare radar ad apertura sintetica. In pratica, questi dispositivi consentono di colpire obiettivi con estrema accuratezza in qualsiasi condizione atmosferica, rafforzando le capacità di attacco e ricognizione della Bundeswehr. Rafael ha già consegnato oltre 2000 esemplari a 28 forze aeree, rendendo questo sistema uno standard globale. Per Berlino, l’accordo non è un favore a Israele, ma un investimento nella modernizzazione delle proprie forze armate.Pur trattandosi di un’importazione e non di un’esportazione, l’accordo suscita dubbi sulla coerenza della politica tedesca. Berlino aveva concesso dal 2023 al 2025 licenze di esportazione di materiale bellico verso Israele per oltre 485 milioni di euro, rendendosi secondo lo Stockholm International Peace Research Institute il secondo partner militare di Tel Aviv dopo Washington. La promessa di Merz di frenare queste forniture appare ora contraddetta dai fatti, sebbene sotto una diversa veste. La distinzione tra embargo e cooperazione industriale rischia di apparire artificiale agli occhi di un’opinione pubblica sempre più critica verso l’uso della forza da parte di Israele a Gaza.La Germania ha un rapporto speciale con Israele, segnato dal peso dell’Olocausto. Nel dopoguerra Berlino è stata tra i principali sostenitori politici, diplomatici ed economici dello Stato ebraico, non solo per senso di colpa storico, ma anche per radicare la propria credibilità internazionale. Tuttavia, il conflitto a Gaza ha reso questo legame più difficile da gestire. Da un lato, l’alleanza con Israele resta un pilastro della politica estera tedesca. Dall’altro, la crescente pressione interna, con il 66% dei tedeschi favorevoli a un atteggiamento più duro verso Tel Aviv, e le divisioni europee obbligano Merz a un delicato equilibrio.Il tema non riguarda solo Berlino. L’Unione Europea si presenta divisa: alcuni Paesi, come la Spagna, hanno scelto di cancellare contratti con Rafael e di riconoscere la Palestina come Stato indipendente. Altri, come la Serbia o la Slovenia, hanno proseguito nell’acquisto di armamenti israeliani, dimostrando la difficoltà di mantenere una linea comune. La Germania si trova così stretta tra la fedeltà storica a Israele, la pressione degli alleati europei e la crescente insofferenza della propria opinione pubblica.Non va dimenticato che la cooperazione con Israele ha anche una dimensione industriale cruciale. L’industria bellica tedesca beneficia della collaborazione con aziende come Rafael per acquisire tecnologie avanzate, mentre Israele trova nella Germania un cliente strategico e un canale di legittimazione internazionale. In un contesto di crescente militarizzazione europea, spinto dal conflitto in Ucraina e dalla competizione globale, rinunciare a queste sinergie significherebbe indebolire la posizione della Bundeswehr sullo scacchiere NATO. Per questo, nonostante le dichiarazioni di principio, Berlino continua a rafforzare i suoi legami con l’industria militare israeliana.La vicenda dimostra come la politica di difesa non possa essere ridotta a slogan morali. La Germania vuole apparire sensibile alla tragedia umanitaria di Gaza, ma allo stesso tempo non può rinunciare a un rapporto che le garantisce vantaggi tecnologici e influenza geopolitica. L’accordo con Rafael non è un tradimento delle promesse, ma la conferma che Berlino si muove su un doppio binario: condannare pubblicamente, ma continuare a cooperare nei fatti. È un segnale della difficoltà, per un Paese al centro dell’Europa e della NATO, di conciliare etica e strategia in un mondo sempre più polarizzato