di Yari Lepre Marrani – Il 1860 è una anno cruciale per la Storia d’Italia, non solo per motivi prettamente politico-militari. Nel cuore della Seconda Guerra d’Indipendenza, gloria imperitura e presente della lotta italiana per la libertà, l’anno della vittoriosa spedizione dei Mille di Garibaldi vide i soldati del nizzardo conquistare il Regno delle Due Sicilie e, parallelamente, la pubblicazione di un’opera di Giuseppe Mazzini il cui valore intrinseco di manifesto di fratellanza politica universale tra gli uomini, a distanza di 145 anni, non ha perso smalto e per coloro che, ancor oggi, studiano l’opera omnia del grande Cristo laico genovese, rappresenta una piccola Bibbia laica, strumento di tutti i cittadini civicamente consapevoli. Giuseppe Mazzini fu maestro e guida di Giuseppe Garibaldi e un destino indecifrabile nella sua grandezza portò il 1860 a questo binomio di azione e cultura politica: l’opera mazziniana cui lo scrivente si riferisce è “I Doveri dell’Uomo”(1860), lo scritto più capitale del genovese, opera che più di tante sue minori, riassunse la sua visione di società libera dei lavoratori.La Dottrina del Doveri dell’uomo: concezione e spiegazione di un pensiero nuovo.La dottrina dei doveri dell’uomo, elaborata da Giuseppe Mazzini nel 1860, si concentra sull’importanza dei doveri individuali come fondamento per la realizzazione dei diritti e il progresso sociale. Mazzini, pur riconoscendo l’importanza dei diritti dell’uomo, li considera complementari ai doveri, sostenendo che una società sana si basa sull’equilibrio tra questi due aspetti. Un equilibrio di cui Mazzini sottolineò la complessità nell’opera ma che superò, dedicando il suo celebre scritto agli operari italiani, elemento vitale della sua riforma politica che mai guardò al comunismo marxista ma ad un socialismo nuovo, che accettava e non aborriva la proprietà privata.Dedicata ai lavoratori italiani ma, in ispecie, a tutti gli italiani bramosi di libertà, l’opera del 1860 nutrì l’ambizione e fu scritta per distogliere i lavoratori e la classe operaia dalla troppo facile e conquistabile dottrina dei diritti e indirizzarli sulla via del dovere, da cui soltanto i diritti scaturiscono. Per Mazzini, ogni dottrina materialistica ha promesso il benessere a tutti ma le condizioni del popolo non furono affatto migliorate, giacchè coloro che predicavano la rivoluzione in nome dei diritti dell’individuo si appoggiarono al popolo solo sino al raggiungimento dei propri scopi personali. La dottrina dei diritti, che favorisce gli interessi più vari e contrastanti, causerebbe l’anarchia morale, dunque non è neppur atta ad assicurare l’inviolabilità del Patto sociale e, con esso, il progresso morale e materiale della società. Mazzini volle trovare un principio educatore che le fosse superiore e insegnasse agli uomini la costanza nel sacrificio, stringendo gli uomini, il consorzio sociale nel vincolo della fratellanza. Tale principio nuovo e, a suo modo, intellettualmente rivoluzionario, è il principio del dovere. Leggendo e studiando “I Doveri dell’Uomo”, ci imbattiamo in assiomi mazziniani che partono dai lavoratori per raggiungere la dimensione spirituale dell’uomo stesso: l’origine dei doveri dell’uomo sta in Dio, la cui esistenza ciascuno può riconoscere con l’immediatezza della fede. Traslando questo concetto e riportandolo all’epoca in cui Mazzini lo definì, ne deriva un corollario: per servire veramente Dio, tutti devono adoperarsi al miglioramento dell’umanità, perché la vita terrena non è che preparazione attiva e pratica alla vita celeste; pecca dunque di presunzione morale chi si ritira in un solitario, sterile, infruttuoso ascetismo.Il ruolo chiave del concetto di Umanità.La suprema legge dell’attività morale si attinge, per Mazzini, ogniqualvolta la voce della propria coscienza è ratificata dal consenso dell’Umanità, Verbo vivente di Dio, alla cui evoluzione progressiva ogni uomo è chiamato a collaborare. Ne deriva un altra prevedibile appendice: i primi doveri dell’uomo sono quelli verso l’Umanità: il senso profondo della fratellanza umana, nel cui nome si devono combattere tutti i soprusi intesi a minorare l’integrità della natura umana, sarà a base della nuova morale d’Europa. Ma l’uomo, con le sue forze isolate, nulla può fare in servizio dell’Umanità. Occorre un altro concetto chiave della dottrina mazziniana per fare breccia nel cuore allora sopito degli italiani che combattevano per la libertà e tale concetto è l’Associazione: la parola della fede avvenire è l’associazione. E l’associazione è la Patria e la Patria è quel’organismo capace di moltiplicare all’infinito le forze degli individui: nemmeno il progresso materiale può effettuarsi, ove non sia la Patria unita che lo promuova. In questa nuova associazione catartica di liberi ed eguali che deve essere la Patria, un solo privilegio è giustificatamente riconosciuto, quello del genio accompagnato dalla virtù.Famiglia, ruolo della donna, educazione e libertà nella legge morale.La famiglia, in cui veglia, angelo tutelare, la donna, è la Patria del cuore, elemento sacro della vita che non potrà sparire neppure quando gli uomini, superato il concetto di Patria, saranno tutti uniti nel grande organismo dell’Umanità. Occorre amare, rispettare e ossequiare la donna superando il lungo pregiudizio della sua inferiorità: se essa ha funzioni diverse da quelle dell’uomo, ha però uguale dignità di essere umano .L’uomo ha infine doveri verso sé stesso, giacchè, essendo libero – e in favore della libertà militano due prove: il rimorso e il martirio – egli è un essere responsabile. E’ un soggetto educabile e per mezzo dell’educazione attinge forze al suo eterno cespite, l’Umanità, e può meglio riconoscere il legame che a essa lo lega, in un vincolo ferreo e produttivo. L’idea di Progresso è strettamente congiunta al concetto nuovo di Umanità. Né gli antichi né gli uomini del primo Cristianesimo intuirono l’Umanità come corpo collettivo perciò i cristiani credettero unica la rivelazione che, invece, scende continuamente da Dio sull’uomo attraverso l’Umanità, sicchè ogni generazione impara una linea di più della legge divina. Ma lo sviluppo delle nostre facoltà in ordine al fine ultimo da raggiungere, deve essere libero perché senza libertà non esiste morale né associazione. Anche nel Governo non può esistere sovranità di diritto o permanente: esso infatti non è che una Direzione, asservita al giudizio di tutti. Quanto all’educazione, essa deve venire dalla Nazione perché, se lasciata all’arbitrio dei padri, acquista un carattere di anarchia e di sviluppo troppo individualistico.La questione sociale per Mazzini.Per mettere il popolo in grado di attuare questo elevato programma di doveri, bisogna innanzitutto risolvere la questione sociale. La classe operaia è povera e senza possibilità di miglioramento poiché il capitale, riunito in poche mani, è despota del lavoro, il salario è insufficiente. Ma il socialismo non può ovviare ai mali della società: volgendosi, sotto la forma estrema del comunismo, contro il diritto inviolabile della proprietà, esso attenta ad un diritto sacro della vita di ognuno. Abolendo la proprietà privata e individuale, si nega la libertà dell’uomo e si garantisce al consorzio civile solo una “vita da castori”. Il vero rimedio alla questione sociale è l’unione del capitale e del lavoro nelle stesse mani: il lavoro deve essere associato e libero e il riparto dei frutti del lavoro, tra i lavoratori, va fatto in ragione della quantità e del valore del lavoro compito: i lavoratori debbono diventare tutti liberi produttori. Un Governo di una Italia unita e indipendente, avrebbe, per Mazzini, promosso queste nobili e poliedriche iniziative. Mazzini chiude lo scritto con il suo Credo sociale che riassume in un atto di fede, i numerosi concetti rivoluzionari esposti nello scritto.