Yemen. 43 membri Onu a giudizio per spionaggio a favore di Israele

Wait 5 sec.

di Giuseppe Gagliano –Nel caos dello Yemen, dove la guerra civile è ormai cosa dimenticata, gli Houthi hanno deciso di portare davanti alla giustizia 43 membri del personale delle Nazioni Unite accusandoli di spionaggio a favore di Israele. È un gesto che travalica la dimensione giudiziaria. È un atto politico e simbolico, parte di una guerra per la legittimità e il potere in un Paese lacerato da dodici anni di conflitto e da un equilibrio regionale sempre più instabile. L’accusa contro i funzionari Onu arriva dopo il raid israeliano del 28 agosto che ha ucciso il primo ministro Houthi Ahmed al-Rahawi e nove membri del governo. Gli Houthi hanno trasformato quell’attacco in un manifesto politico: Israele non solo ha colpito il governo di Sana’a, ma ha mostrato al mondo chi comanda nei cieli dello Yemen. La risposta, dunque, non è solo vendetta, ma un tentativo di rovesciare la narrativa. Non più ribelli sostenuti dall’Iran contro un governo sostenuto da Riad, ma vittime di un’aggressione israeliana e di un sistema internazionale complice.Da anni lo Yemen è il laboratorio dove si incrociano le rivalità tra Iran, Arabia Saudita, Stati Uniti e Israele. Gli Houthi, legati a Teheran, controllano la capitale Sana’a e parte del nord del Paese, resistendo a una coalizione araba sostenuta dall’Occidente. Ma il conflitto non è solo militare: è anche una guerra d’informazione, dove ogni arresto, ogni processo, ogni dichiarazione viene usata per plasmare la percezione internazionale. Accusare l’Onu di spionaggio per Israele serve a screditare l’intero sistema delle organizzazioni internazionali, viste come strumenti delle potenze occidentali. In un Paese in cui il 70% della popolazione dipende dagli aiuti umanitari, colpire il personale Onu significa mettere in discussione la neutralità stessa dell’intervento internazionale.Dal canto suo, Israele ha rivendicato apertamente l’attacco che ha ucciso il primo ministro e il capo di stato maggiore Houthi, giustificandolo come un’operazione di autodifesa. È la logica della deterrenza espansa, quella che Tel Aviv applica da Gaza al Libano, fino allo Yemen: colpire chiunque possa minacciare, oggi o domani, la sicurezza israeliana. Ma questa strategia, se rafforza l’immagine di Israele come potenza regionale dominante, accresce anche la sensazione di accerchiamento tra i movimenti filo-iraniani. Di conseguenza, gli Houthi non si limitano a rispondere militarmente ma cercano di ribaltare il campo dell’opinione pubblica. Processare funzionari Onu significa dire al mondo: “Non siamo i terroristi, siamo gli aggrediti”.Dietro questa tensione c’è anche la dimensione economica. Lo Yemen controlla lo stretto di Bab el-Mandeb, passaggio strategico tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano. Chi domina questa via marittima controlla una parte cruciale del commercio mondiale. Non a caso, gli Houthi hanno colpito più volte navi mercantili collegate a Israele o agli Stati Uniti, attirando su di sé l’attenzione del Pentagono. La guerra yemenita non è una guerra marginale, ma una battaglia per le rotte globali dell’energia e dei commerci. Processare personale Onu significa anche affermare una sovranità su un territorio che è crocevia di interessi internazionali e che oggi rischia di diventare il nuovo epicentro di un conflitto tra potenze.