Dall’obiettivo Champions alla zona retrocessione. Zero vittorie in dieci partite. Addirittura ultima in classifica, se stasera il Genoa farà punti col Sassuolo. L’avvio di campionato della Fiorentina, il peggiore di sempre nella storia del club, è semplicemente un disastro che ha un nome e un cognome: Stefano Pioli. Si dirà, col senno di poi, che riprendere un allenatore che l’ultima volta (nemmeno troppo tempo fa: stagione 2018-2019) ti stava facendo retrocedere in Serie B, tendenzialmente non è mai una grande idea: chissà cosa passava per la testa a Commisso e Pradè. Ma la verità è che ci eravamo cascati un po’ tutti. Pensavamo che quest’anno, dopo le finali sotto Italiano e l’annata di transizione di Palladino, con un grande allenatore in panchina la Fiorentina potesse fare finalmente il salto di qualità, chissà magari addirittura conquistare la qualificazione in Champions o vincere un trofeo, insomma compiere quell’ultimo ma decisivo passetto che per un motivo o per l’altro le era sempre mancato negli ultimi anni. Con queste aspettative ed obiettivi era arrivato Pioli in estate. Ma appunto questo è il grande equivoco: Pioli non è, e non è mai stato, un grande allenatore.Per carità, nemmeno un cattivo allenatore, da metà classifica. Nella maggior parte delle sue esperienze è quasi sempre partito bene, finendo peggio. Insomma, un onesto gregario della panchina. Ha collezionato tanti esoneri, praticamente ovunque sia stato (Bologna, Lazio, Inter, la stessa Fiorentina da cui si era dimesso). E un solo scudetto, al Milan nel 2022, dove ha avuto l’indubbio merito di rimettere in sesto una squadra allo sbando (ciò che appunto sapeva fare meglio: l’aggiustatore), ritrovandosi poi però tra le mani un campionato vinto più per grazia divina e una serie di congiunture astrali irripetibili, che per reale bravura. Il problema è che quell’unico titolo lo ha cambiato. In peggio.Credendosi arrivato, si è trasformato in una sorta di guru della panchina, o sedicente tale. Quel coro iconico, che oggi è diventato uno sberleffo, di cui lui stesso si beava. La panolada con i tovaglioli a cena, i balletti in spiaggia, quei braccialetti simil tribali al polso, più da uomo in crisi di mezza età che da fratino, etichetta che gli avevano appiccicato adesso ma che in fondo gli si addiceva così bene. Persa la misura, ha smarrito anche le sue qualità. Negativi già gli anni successivi al Milan, dove il suo gioco si era radicalizzato e involuto al contempo, tanto che oggi i tifosi rossoneri lo ricordano più per le sconfitte nei derby e la seconda stella in faccia, due delle umiliazioni più cocenti della storia recente milanista, che per uno degli unici due scudetti vinti negli ultimi vent’anni. E non lo ha migliorato essere andato in Arabia Saudita, diventando uno dei tecnici più pagati al mondo, circostanza che lui stesso non ha mancato di sottolineare con una certa superbia. La stessa con cui in estate si era (auto)celebrato mettendosi sullo stesso livello di Conte e Allegri, per motivare il suo ritorno: “Quest’anno, esclusi Inzaghi e Spalletti, in Serie A ci sono tutti i migliori, quindi volevo esserci anche io”.Su questi presupposti è nata, e si sta ora concludendo malamente, anche la sua seconda e ultima avventura alla Fiorentina. L’esonero, l’ennesimo della carriera, non è ancora ufficiale soltanto per ragioni economiche (dopo il riecco triennale firmato in estate Rocco Commisso vorrebbe almeno definire la buonuscita). Dei tanti collezionati, sarà il più meritato. Perché d’accordo gli errori sul mercato (Piccoli a 30 milioni: infatti il direttore Pradè ha già pagato), con tutti i suoi limiti la Fiorentina magari non sarà da Champions, ma certo non è da retrocessione. In quasi tre mesi, non è riuscito a dare nulla alla squadra: non un’idea di gioco, un’identità, tantomeno l’umiltà di lottare per l’obiettivo, come dovrebbe fare qualsiasi squadra, o allenatore, che non sia un fuoriclasse. E di fronte a tutto ciò non ha avuto neanche la dignità di fare un passo indietro, rassegnare le dimissioni, probabilmente è ancora convinto di non essere lui il responsabile. Purtroppo la Viola non ha preso un grande tecnico come pensava, ma nemmeno il buon mestierante che un tempo era Pioli. Ha preso il guru.X: @lVendemialeL'articolo Pioli is on fire: uno scudetto vinto per grazia divina e troppi esoneri proviene da Il Fatto Quotidiano.