“Il nostro primo obiettivo è contaminare, in diversi ambiti. Scambiare esperienze, trovare sempre nuovi stimoli, far nascere cose nuove e non cose trite e ritrite”. In altre parole, Manuel Agnelli si è stancato della roba che esce in giro. Non è però uno di quei leader tossici, che si lamentano solo per far casino, ma poi non hanno niente di concreto da offrire. La mente degli Afterhours, arrivati all’ennesima reunion di successo in occasione del ventesimo anniversario di Ballate per piccole Iene (2005), continua a contaminare l’aria di Milano con le iniziative del suo laboratorio culturale. Germi, ormai diventato un punto di riferimento come proposta underground della città, lancia Germi’m’jazz, una rassegna dedicata alla contaminazione tra rock e jazz. Per farlo, Agnelli ha radunato Paolo Fresu, trombettista jazz tra i più riconosciuti a livello internazionale e direttore artistico di numerosi festival, e Xabier Iriondo “Succi”, musicista e promotore di rassegne legate al Germi.I tre hanno conversato sull’identità del locale, che di fatto ha all’interno del concetto stesso di ‘germi’ l’intento di favorire una commistione tra generi, culture e idee. Il proprietario di casa ha voluto esordire riferendosi alla nuova scena di giovani musicisti che si stanno man mano esibendo nel suo locale: “Stiamo seguendo tanti giovani ragazzi che suonano, con la rassegna “Carni Fresche”, dedicata a chi non si è mai esibito. Quest’estate alcuni hanno potuto aprire i concerti degli Afterhours: per loro è stata la prima occasione di salire su un palco, e questo ci rende orgogliosi”.Il rocker ha poi introdotto il collega e il suo collaboratore in questo progetto, Paolo Fresu: “Siamo felici di avere qui un artista che è eccellenza, ma soprattutto che porta il jazz fuori dai circuiti soliti. Farlo arrivare in ambienti nuovi significa incontrare un pubblico diverso, e soprattutto i ragazzi. È fondamentale preservare il valore della presenza fisica, del suonare davvero uno strumento, dello scambio di energia dal vivo. Quando i ragazzi scoprono questo, restano ipnotizzati, proprio perché non ci sono abituati”.Fresu porta la sua esperienza pluridecennale con i festival in Sardegna: “Siamo a quarant’anni di Time in Jazz: coinvolgiamo 15 comuni oltre Berchidda. Vi anticipo che il prossimo giugno ospiteremo il festival in un casolare recuperato, Sacra Sara, con un giardino che accoglierà oltre 600 persone. Parole come apertura e innovazione, che oggi sembrano quasi proibite, sono invece fondamentali per dare ai giovani la possibilità di esprimere quello che vorrebbero essere».Il progetto Insulae Lab, da lui fondato, incarna le sue competenze all’interno del settore: “È uno dei cinque centri di produzione jazz in Italia, realtà che in altri paesi esistono da decenni. Vogliamo offrire agli artisti l’opportunità di realizzare i sogni che non hanno ancora potuto concretizzare. Non si tratta di seguire il mercato, ma di creare spazi per nuove progettualità. Quando mi hanno proposto di venire qui al Germi, ho pensato: questo è il luogo perfetto per raggiungere il nostro obiettivo”.Tra i giornalisti presenti in sala, c’è chi si è chiesto effettivamente cosa possa legare Germi al jazz e Paolo Fresu ha voluto ripercorrere la storia dei due generi: “Il jazz e il rock sono nati nello stesso periodo e hanno spostato il baricentro della musica contemporanea. La musica non ha confini: bisogna lasciare spazio all’ascolto e al dialogo. Esistono solo due musiche, la buona e l’altra. Noi proviamo a fare la buona, e a collocarla nei luoghi che ci piacciono”.Per Agnelli l’aspetto fondamentale è quello dell’aprirsi a nuove conoscenze e collaborazioni: “Aprirsi a linguaggi diversi significa creare comunicazione. I ragazzi di Carni Fresche hanno iniziato a scambiarsi contatti, a collaborare, a diventare esempio gli uni per gli altri. Vorremmo che Milano tornasse a essere un laboratorio, come negli anni ’50 e ’70. Non vogliamo portare la bandiera di un genere, ma dare spazio alla potenza espressiva e al contenuto artistico. Più riusciamo a contaminarci, più troviamo idee, creatività ed energia. E questo è fondamentale”.Succi ha sottolineato il valore sociale dell’esperimento: “Uno degli aspetti più importanti è dare l’idea al pubblico che il jazz non sia un genere per pochi. Ragazzi di 15-16 anni, che non metterebbero mai piede in un club jazz, qui al Germi lo incontrano grazie alle proposte di Insulae Lab. Questo per noi è fonte di gioia”. Per Fresu, per capire questo esperimento, lo sguardo va allargato anche a contesti europei e internazionali: “Nei paesi dell’Est il pubblico del jazz è composto in gran parte da giovani. Questo ci dice che il problema non è il genere, ma la programmazione. Bisogna rappresentare il jazz di oggi, non l’immagine cristallizzata degli anni ’60. La musica è linguaggio del presente: chi pensa che fosse migliore quella di ieri, è lui che si è fermato. Noi dobbiamo andare avanti”.Da qui la presentazione dei tre progetti che Insulae Lab porta al Germi: “Apriremo con Soundz Around, trio ideato da Gegè Telesforo con Christian Mascetta e Daniela Spalletta. Poi Sketches of Island, di Rino Cirinnà, dedicato alle melodie mediterranee. Infine Org.net, con quattro organettisti sardi, che rappresenta bene la nostra idea di contaminazione”.Il dialogo fra Agnelli, Fresu e Succi mostra che c’è bisogno di decostruire la cultura della performance, per ritrovare anche degli spazi in cui è possibile rischiare, sbagliare, sperimentare. “Qui si devono fare esperimenti, anche sbagliare, purché ci sia la libertà di provare“, ricorda Agnelli. E Fresu conclude: “I confini non esistono. La musica va collocata in una dimensione di dialogo, perché solo così può continuare a vivere”.L'articolo “Vorremmo che Milano tornasse a essere un laboratorio di idee, come negli anni ’50 e ’70”: Manuel Agnelli e Paolo Fresu presentano Germi’n’Jazz proviene da Il Fatto Quotidiano.