Il Giappone ha scelto di consolidare il proprio cambio di passo sulla sicurezza in una fase regionale segnata da segnali sempre più espliciti di competizione strategica. La decisione di rafforzare ulteriormente la spesa militare arriva mentre nel Pacifico occidentale si accumulano episodi che alimentano incertezza e attenzione diplomatica. Le recenti esercitazioni cinesi intorno a Taiwan si inseriscono in questo clima e contribuiscono a spiegare perché Tokyo ritenga necessario rendere più solida e visibile la propria postura difensiva.Una spesa record per rendere credibile la deterrenzaIl governo giapponese ha approvato per l’anno fiscale 2026 un budget per la difesa pari a 9,04 trilioni di yen, circa 56 miliardi di euro, il livello più alto mai raggiunto. L’aumento rispetto all’anno precedente conferma una traiettoria ormai strutturale, avviata con l’obiettivo di portare la spesa militare verso il 2 per cento del Pil.Le risorse sono indirizzate soprattutto al rafforzamento delle capacità marittime e missilistiche, considerate centrali per la difesa delle isole meridionali e delle linee di comunicazione. Il piano prevede investimenti in sistemi senza equipaggio, nella sorveglianza a lungo raggio e in armi capaci di colpire obiettivi a distanza, così da ampliare la capacità di deterrenza e ridurre la vulnerabilità iniziale in caso di crisi.Accanto allo sviluppo di nuovi vettori nazionali, Tokyo punta sull’integrazione di tecnologie già disponibili e sull’adattamento delle proprie piattaforme navali, in un quadro che lega difesa, industria e cooperazione con gli alleati. La scelta segnala anche una maggiore disponibilità politica ad assumere costi e responsabilità che fino a pochi anni fa sarebbero state difficili da giustificare sul piano interno.Le manovre cinesi e il nuovo calcolo strategico di TokyoIl contesto regionale rende questa evoluzione meno astratta. Nei giorni scorsi le forze armate cinesi hanno condotto esercitazioni su larga scala nelle aree circostanti Taiwan, coinvolgendo componenti terrestri, navali e aeree. Le manovre hanno simulato operazioni di controllo degli accessi marittimi e di pressione sull’isola, rafforzando l’idea di una capacità di intervento rapida e coordinata.Per il Giappone, che osserva da vicino ogni sviluppo nello Stretto, questi segnali si traducono in una percezione di rischio più immediata. Il bilancio record non risponde quindi solo a logiche di modernizzazione, ma riflette la volontà di inserirsi con maggiore peso negli equilibri di sicurezza dell’Asia orientale.In prospettiva, la scelta di Tokyo contribuisce a ridefinire il ruolo del Paese come attore militare responsabile, ma anche come elemento di stabilizzazione in una regione in cui la competizione strategica appare destinata a restare un fattore strutturale.