AGI - L'ultimo atto di attenzione verso la sua vita è stata la telefonata al 118 di un'infermiera del vicino ospedale che l'ha visto immobile, in posizione seduta, su un giaciglio raffazzonato accanto a un arbusto. Intorno a lui, confezioni di alimenti disseminate. Erano passate da poco le tre del pomeriggio di mercoledì 29 ottobre in via Graziano Imperatore, quartiere Niguarda, periferia nord ovest di Milano.Il 31 ottobre, alla vigilia del giorno dedicato alla memoria dei defunti, quest'uomo, che addosso non aveva documenti, non ha ancora un'identità. In apparenza, da quello che hanno constatato gli agenti della Volante e il medico legale, era "di etnia africana". La Polizia scientifica ha raccolto le impronte digitali per provare a dargli un nome. L'infermiera ha raccontato di averlo già notato diverse ore prima e quando l'ha rivisto, nel pomeriggio, mostrava la stessa identica postura e si è allarmata.Quel giorno era di turno il pubblico ministero Giovanna Cavalleri ma il suo non è un caso di cronaca nera, è quella che si definisce una morte naturale, non meritevole di approfondimenti investigativi. Non c'erano segni di violenza sul corpo e l'ipotesi più probabile è che sia deceduto per un malore. I sanitari che l'hanno soccorso si sono accorti che aveva vomitato. Ed è tutto quello che è noto di questa vita. Gli abitanti della zona ne hanno parlato nel gruppo social di un quartiere che ha nella solidarietà verso i residenti più sfortunati una sua 'storica' caratteristica. Qualcuno ha scritto che non era un clochard dei "nostri", di quelli che diventano presenze quotidiane ai margini della strada. Altri hanno chiesto una preghiera per lui. Savina Perchinelli, animatrice di molte attività di aiuto nel quartiere, commenta: "Ci stanno tante persone che faranno questa fine nell'inverno che sta arrivando per l'emergenza abitativa".Mirko Mazzali, assessore del Municipio 9, affida all'AGI una riflessione e un appello: "Una persona morta che nessuno conosceva come è possibile ? Una persona che merita che qualcuno, la collettività, possa ricordarla e raccontare qualche ricordo, chi era, come mai non aveva casa, da dove veniva. Sarebbe bello che qualcuno che gli aveva parlato o semplicemente lo aveva visto o magari cercato di aiutare si facesse vivo e vi raccontasse di lui. Perché una persona morta senza nome è un dolore ancor più grande".