“Potrei diventare il solito stro**o? Il rischio c’è. Ma è anche vero che essere applauditi è più consolante che essere ignorati”: parla Marracash

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Marracash ha pubblicato il cofanetto “Qualcosa in cui credere“, contenente i tre album che compongono la Trilogia: “Persona”, “Noi, Loro, Gli Altri” e “È finita la pace”. Dal 28 novembre partirà Marra Palazzi25 dal PalaSele di Eboli e proseguirà, l’ultima occasione per assistere ad un live del rapper.“Non credo che la felicità dipenda dal conto in banca. – ha raccontato Marracash a La Repubblica – U – Le nevrosi sono ovunque, chi è cresciuto nell’abbondanza non è estraneo al problema e anzi a volte sta peggio di chi non ha niente. Parlo così perché dalle ristrettezze sono uscito. Qualcuno direbbe che ce l’ho fatta”.E ancora: “Le differenze, quelle marcate, quelle che dividono o al contrario fanno abbracciare, sono orientate dalla condizione economica. I soldi inclinano le opinioni molto più del sesso, della religione o del colore della pelle. Ingentilita con il denaro, la minoranza, il diverso, lo straniero smette di fare paura. Un africano ricchissimo non è più un pericolo, ma un benemerito che la comunità è pronto ad accogliere”.Il discorso si sposta poi sulla carriera: “Per molto tempo a me non è arrivato il riconoscimento e ne ho sofferto. Non ero capito né dalla critica né dal pubblico. Mi vedevano, mi ascoltavano e non capivano chi cazzo fossi: un tamarro con gli orecchini, un poeta, un ragazzo sensibile o un rapper edonista. Mi ripaga che la mia musica sia arrivata alle persone, a un pubblico eterogeneo, a gente adulta e a ragazzi più giovani”.“Potrei diventare il solito stronzo? – si chiede l’artista .- Il rischio c’è. Ma è anche vero che essere applauditi è più consolante che essere ignorati”.Poi le origini: “Sono nato in Sicilia e l’ho lasciata subito, esattamente come ho abbandonato a sette anni la casa di ringhiera a Milano, dove il cesso stava sul ballatoio, per vivere sei mesi in albergo in attesa che dopo lo sfratto ci assegnassero una casa in periferia, alla Barona, in un quartiere enorme che era una città. Fu uno choc, un passaggio traumatico, per me e per la mia famiglia. A scuola, una scuola tosta, i compagni di classe sembravano avere almeno cinque anni più di me. Era cambiato tutto, a partire dal paesaggio urbano, pareva di essere ogni giorno in un film di Scorsese”.Tutto questo ha rappresentato una crescita artistica e umana: “Le mie origini hanno rappresentato il motore della creatività, il pozzo a cui attingo tutte le volte che ho sete. Provare disagio, fare di necessità virtù, avvertire una sorta di orgoglio per il luogo da cui provieni sono sensazioni che possono darti una grande forza”.L'articolo “Potrei diventare il solito stro**o? Il rischio c’è. Ma è anche vero che essere applauditi è più consolante che essere ignorati”: parla Marracash proviene da Il Fatto Quotidiano.