Il darwinismo sociale esiste ma i “forti di oggi” potrebbero diventare i “vinti di domani”

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La teoria dell’evoluzione e dell’ecologia elaborata da Darwin, e i suoi sviluppi successivi, è stata talvolta estesa ai rapporti tra umani. Il darwinismo sociale postula che le società siano plasmate dalla lotta per l’esistenza, dove vince chi è meglio adattato a fronteggiare la competizione. In altre parole: vincono i migliori, un esito considerato “giusto”, come avviene nelle competizioni sportive.Ha senso chiedersi cosa sia “giusto” o “ingiusto” quando parliamo di natura? I primi documentari naturalistici mostravano che gazzelle o zebre sfuggivano ogni volta all’attacco dei leoni. Tanto che, da bambino, temevo che i leoni sarebbero presto morti di fame. Poi i documentari iniziarono a mostrare cosa succede quando i leoni prendono la zebra. Per non parlare dei giovani leoni che uccidono il vecchio leone, e poi si sbarazzano dei suoi cuccioli, in modo che le leonesse tornino in calore e diano loro una prole. I giovani uccidono i vecchi, praticano l’infanticidio, e stuprano le vedove. Ha senso chiedersi se sia giusto o ingiusto? Nella storia umana, i “vecchi” imperi, come Roma, Bisanzio, poi l’Urss, si sono affermati e sono caduti, sostituiti da imperi “giovani”, oppure a vecchie classi dominanti sono subentrate nuove classi, diventate a loro volta dominanti: chi vince prima o poi è sopraffatto. Possiamo disquisire su chi abbia avuto ragione e chi torto?I nazifascisti, convinti di incarnare una razza “superiore”, usarono la forza come criterio di legittimità, contro l’etica che reputa ingiusto soggiogare o sopprimere un popolo solo perché si ha la forza di farlo. I nazifascisti non si rivelarono così “forti” come credevano: furono sconfitti da coalizioni più forti di loro. E anche l’Urss, arrivata a Berlino, per un po’ prosperò ma, alla fine, crollò, e gli Usa non hanno dominato ovunque, basta pensare a Vietnam o Afghanistan. Oggi Cina e India reclamano spazio, prendendoselo con la forza produttiva ed economica. Il darwinismo economico presuppone che chi ha la forza di proporre prodotti migliori prevalga su chi non è in grado di fare altrettanto. Ma sappiamo che la situazione non è così semplice: si possono alterare le competizioni commerciali, aggirando norme e regolamenti. Nelle competizioni ci vogliono giudici con l’autorità di imporre il rispetto delle leggi.Noi europei, segnati da guerre devastanti, abbiamo scelto di perseguire la giustizia con accordi, tribunali, diplomazia. Con lo spirito ispiratore delle Nazioni Unite. Il presupposto è che chi ha la forza non si senta in diritto di abusarne: siamo diversi dagli altri animali perché la giustizia deve prevalere sulla legge del più forte. Il caso delle navi umanitarie dirette a Gaza giustifica la domanda: che peso ha il diritto di fronte alle armi? Se chi commette ingiustizia è più forte di chi dovrebbe imporre giustizia, chi vince? Avere ragione non basta: ci vuole la forza per farla valere.Talvolta la nonviolenza vince: come avvenne nell’India di Gandhi, ma si tratta di casi rari. La forza morale di solito non basta per far prevalere il diritto sulla violenza. Ne consegue che il darwinismo sociale, che credevamo superato, sta riprendendo corpo, non nella teoria ma nei fatti. Gli “altri” sono minacce da sconfiggere, prima che sconfiggano noi. Diritto e diplomazia sono armi spuntate, in assenza di una forza che li imponga. Con questa visione si innescò la corsa agli armamenti tra Usa e Urss, solo che ora la corsa ad armarsi è diffusa e, come dimostrò l’11 settembre, un paese può essere colpito al cuore anche da chi non ha un esercito a disposizione.Una lettura della storia in senso etico insegna che vittoria non significa “giusto”. Chi ha la forza spesso si impone su chi ha ragione. Le popolazioni native americane e gli schiavi africani negli Usa ne sono prova: avevano la ragione, ma pagarono il prezzo della debolezza materiale. La storia la scrivono i vincitori, e la piegano ai loro punti di vista. Gli indigeni americani provarono a reagire e furono trattati come belve assetate di sangue. Oggi li chiameremmo terroristi che si oppongono ad un esercito “regolare”. Oggi la delegittimazione di organismi come l’Onu apre una fase in cui la forza diventa ragione. Anche se la storia insegna che i “forti di oggi” potrebbero diventare i “vinti di domani”. Forse è per questa paura che si pianificano stragi di innocenti, come descritto dalla storia biblica di Erode: uno solo di questi bambini potrebbe diventare una minaccia esistenziale per i forti di oggi e, quindi, meglio uccidere tutti i bambini. Non si sa mai.Noi siamo un prodotto dell’evoluzione e Darwin lo spiega. Ne l’Origine delle Specie ci spiega da dove vengono le specie e con l’Origine dell’Uomo ci spiega da dove veniamo noi, rimarcando una differenza, pur mantenendoci nel regno animale. La storia, purtroppo, sembra dare ragione a Bracardi: l’uomo è una bestia! Riusciremo ad evolvere oltre lo stato belluino? Pare di no. Tutta la fratellanza predicata dalle religioni si scontra con la nostra natura animale che, ostinatamente, persiste: è nostro fratello chi crede nella nostra stessa divinità, gli altri sono “infedeli”, noi siamo nel giusto, loro hanno torto. Un circolo vizioso da cui pare non riusciamo ad uscire. E invece dovremmo perché ci troviamo in un momento storico molto particolare.Il “nemico” siamo noi stessi, come specie. I nostri stili di vita stanno alterando gli ecosistemi e mettono a rischio la nostra sopravvivenza. Li dobbiamo cambiare, tutti assieme. Pareva lo avessimo capito, iniziando una storia di cooperazione per fronteggiare il cambiamento climatico, e invece no: continuiamo a competere, identificando l'”altro” come minaccia esistenziale. Senza comprendere la necessità di evolvere culturalmente. Restando bestie.L'articolo Il darwinismo sociale esiste ma i “forti di oggi” potrebbero diventare i “vinti di domani” proviene da Il Fatto Quotidiano.