La Lady di ferro – etichetta che le venne attribuita da un giornale sovietico a sottolinearne la durezza e l’intransigenza nei confronti del blocco comunista, che lei trasformò in un emblema di caratura politica – è stata una leader che ha saputo guidare il popolo inglese fuori da una crisi che ne aveva paralizzato l’economia e che ne stava minando l’unità nazionale. La sua grandezza fu quella di riuscire a chiedere forti sacrifici e, al tempo stesso, stimolare l’orgoglio nazionale, restituendo al Regno Unito un ruolo di guida a livello globale. Indiscussa guida del partito conservatore, a tal punto da venir presto equiparata a un altro gigante come Winston Churchill, fu la prima donna a ricoprire la carica di capo di governo nel Regno Unito, rifiutando di fare della propria carriera una battaglia per quote rosa, ma vincendo grazie alla sua capacità, al suo coraggio e alla sua determinazione. In altre parole, perché era la migliore.E ora che ricorrono i cento anni dalla nascita della statista britannica, non possiamo non leggere in parallelo la sua storia e quella di un’altra leader conservatrice come Giorgia Meloni. Politiche pure. È forse questo il tratto che le accomuna maggiormente. Entrambe hanno ridato forza e dignità alla politica, ricostruendo un legame profondo con le proprie nazioni. Atlantiste convinte, sono legate dalla certezza che l’occidente non possa abdicare al proprio ruolo di guida globale.Così, se Thatcher fu la migliore alleata di Reagan, Meloni ha saputo ricucire i fili spezzati delle relazioni tra Italia e Stati Uniti e tenere aperto un canale di dialogo nel momento più critico dei rapporti tra Unione europea e amministrazione americana. E in forme diverse hanno vissuto le stesse sfide internazionali: Thatcher ha sfidato il comunismo interpretando la Guerra fredda, Meloni è una delle grandi protagoniste del sostegno al popolo ucraino contro i rigurgiti imperialisti di Mosca.Dal punto di vista della politica economica, entrambe sono difensori del libero mercato e dell’iniziativa privata. Il motto “non disturbare chi vuole fare” di Meloni ricorda le parole emblematiche di Thatcher “lasciate che i nostri figli crescano alti, e alcuni più alti degli altri se saranno in grado di farlo”. Due espressioni solo all’apparenza diverse, ma che confermano lo stesso principio: il dovere dello Stato è porre le condizioni affinché tutti possano correre ad armi pari e lo sviluppo non venga ostacolato.Ma proprio qui iniziano le differenze. Thatcher era figlia di un conservatorismo anglosassone, liberale nella sua essenza, che aveva i suoi cardini nel primato dell’individuo, nella lotta allo strapotere delle corporazioni e nella riduzione dello Stato. Principi fortemente ideologici, che la portavano ad apparire talvolta quasi inflessibile. Meloni, invece, rappresenta un nuovo conservatorismo latino e mediterraneo e vive un’altra stagione, non più segnata da cortine da abbattere, ma da comunità da ricomporre.Un’epoca in cui torna centrale la persona – e quindi la nostra dimensione relazionale – la necessità di un nuovo patto sociale, soprattutto tra capitale e lavoro, e un rinnovato ruolo dello Stato contro le storpiature del liberismo estremo. Quello di Giorgia Meloni è pertanto un conservatorismo più pragmatico e realista, quasi anti-ideologico. Interessante è anche il rapporto che le due leader hanno instaurato con il papato. Se la Thatcher, anglicana, operò in sintonia con Giovanni Paolo II sulla base di un’alleanza politica contro la minaccia sovietica, contribuendo alla caduta del Muro di Berlino, Meloni ha saputo aprire un dialogo (anche personale) con Papa Francesco, riconoscendone il ruolo di guida morale su un tema complesso e attuale come quello dell’intelligenza artificiale. Le due figure non sono quindi del tutto sovrapponibili – come mai d’altronde accade per personaggi così complessi – ma certamente esiste una connessione ideale tra loro all’interno dell’area conservatrice. Quel che è certo è che oggi, guardando Giorgia Meloni guidare l’Italia, si capisce che la forza di un leader sta nel segnare la sua epoca e nel consegnare un lascito politico, affinché tra cent’anni qualcuno possa guardarsi indietro e scoprirsene erede, come noi lo siamo anche di Margaret Thatcher.Formiche 217