Orlandi, le chat nel dark web: “Sono stato il suo carceriere, rivelo tutto per redimermi dai sensi di colpa. Emanuela è stata rapita per un cardinale, non so se chiamarlo amore o ossessione”

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La commissione di inchiesta che indaga sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, giovedì sentirà Vittorio Baioni. L’organismo parlamentare ha cercato Baioni, e lui si è reso disponibile a essere sentito anche perché, a quanto si apprende, vuole chiarire in modo netto la sua totale estraneità alla vicenda del mistero della cittadina vaticana (fonte: Adnkronos). Ma chi è Vittorio Baioni e perché è stato convocato dai parlamentari di Palazzo San Macuto? Proviamo a ricostruire questo intricato passaggio di una storia altrettanto complessa che dura da 42 anni.Le chat nel dark webCome già emerso nei giorni scorsi, Vittorio Baioni è stato convocato dalla bicamerale per una vicenda piuttosto inquietante che risale a qualche anno fa. Siamo nell’autunno del 2022: un uomo contatta Pietro Orlandi, il fratello della cittadina vaticana scomparsa nel 1983, tramite il dark web. Gli dice di volersi liberare di un peso e gli confessa di essere stato il carceriere di Emanuela Orlandi a Londra. Gli dice anche di aver militato nei Nuclei Rivoluzionari Armati in quegli anni, in particolare nella fazione, quella dei “testaccini”, che intrecciava anche il mondo malavitoso romano: quello che Massimo Carminati ha definito il “mondo di mezzo”. Quest’uomo disse a Pietro che aveva preso in consegna da un suo sodale della banda la ragazzina vaticana e di averla portata, nei giorni successivi a Londra, a bordo di un volo di Stato partito da Roma. Tutto questo coincide con quanto ha recentemente dichiarato, sia alla bicamerale che alla Procura di Roma, l’ex maresciallo dell’aeronautica Giuseppe Dioguardi, all’epoca dei fatti in servizio nella segreteria del Ministero della Difesa del Ministro Spadolini. Secondo quanto ammesso da Dioguardi, il ministero potrebbe aver organizzato quel trasferimento a bordo di un volo Cai, dei Servizi Segreti. Ma torniamo al dark web e ai messaggi ricevuti da Pietro Orlandi: quando chiese all’anonimo mittente il suo nome, disse di chiamarsi Vittorio Baioni, ma mentiva perché quella (come poi le autorità hanno verificato) non era la sua identità. Disse anche a Pietro Orlandi che il sequestro era avvenuto su ordine del cardinale Ugo Poletti. Questa versione risulta importante perché coincide anche con la storia emersa dalla nota spese contenuta nei cinque fogli pubblicati da L’Espresso nel 2017 dopo la seconda fuga di documenti dal Vaticano, Vatileaks 2.Le ultime chat pubblicateQuell’uomo non era Vittorio Baioni e questo è stato appurato e verificato negli ultimi tre anni. Ma allora perché l’anonimo interlocutore diede quel nome a Pietro Orlandi, tre anni fa? Il reporter di inchiesta Alessandro Ambrosini che conosce bene quel mondo, avendo militato nella destra extra parlamentare, ci spiega: “Sembra voglia indicare, con una fazione specifica dei Nar, una batteria che avesse in qualche modo un legame con il Cardinale Ugo Poletti. Di questa batteria facevano parte Massimo Carminati, Stefano Soderini, Stefano Tiraboschi, Cristiano Fioravanti e Vittorio Baioni, (come è scritto anche nell’ordinanza del magistrato Otello Lupacchini, ndr). Sull’agenda del terrorista e poi collaboratore di giustizia Stefano Soderini, lo ricordiamo, c’era appuntato il numero del cardinale Ugo Poletti e questo è un fatto riscontrabile”. Così come lo è che a inviare quei messaggi a Pietro non fu, nel 2022, Vittorio Baioni ma un uomo che si spacciò per lui. Ma stando all’ordinanza Lupacchini citata da Ambrosini, Vittorio Baioni, il vero, avrebbe militato anche lui nei Nar. Poche ore fa Ambrosini ha pubblicato sul suo blog l’intera conversazione avvenuta tra il finto Vittorio Baioni, di cui ancora non conosciamo né l’identità né l’attendibilità, e Pietro Orlandi a cui l’uomo raccontò una versione dell’intera e oscura vicenda piuttosto inquietante.Ne pubblichiamo qualche passaggio fondamentale:Pietro, noi facevamo rapimenti per loro, e loro ci pagavano. Con Emanuela sapevamo che valeva più dei soldi che chiedevamo di solito, e sono state chieste cose in più di cui non sono a conoscenza. Non so se interessi o cifre più elevate. All’inizio penso che non si trovò subito l’accordo, ma poi quando il Papa comunicò a tutti di Emanuela (durante l’Angelus del 4 luglio ’83, ndr) , era il messaggio che fece capire che l’accordo era stato trovato, e tutto cambiò. Quelli della Banda rapivano le ragazzine per la Chiesa. Non vi era alcuno scopo estorsivo nei rapimenti prima di Emanuela. La Banda li rapiva per gli schifosi pedofili, e loro sganciavano grana o facevano favori. La Banda seppe da loro che Poletti era invaghito di Emanuela, ma non aveva mai chiesto di rapirla, perché impaurito dalla pericolosità della cosa. La ragazza stava in Vaticano, e, molto più importante, era stata vista parlare con Poletti svariate volte. La Banda la rapì comunque, per estorcere qualcosa di cui non sono a conoscenza a Poletti. Soldi, grossi favori, non so di cosa si trattasse, e l’ho sempre detto. Ci volle un po’, ma poi raggiunsero un accordo, e così il trasferimento a Londra. Emanuela è stata consegnata a Poletti e tenuta viva in maniera sicura quando si è trovato l’accordo. Poletti teneva a lei. Non è mai stato un “rapitore”. Negli accordi poi lo si è semplicemente aiutato a tenerla viva in maniera sicura. Tutto qui. (fonte: Notte Criminale).Ammesso che il contenuto di questi messaggi sia vero – cosa tutta da verificare dato che al momento questo scenario descritto resta solo un’ipotesi investigativa – , dobbiamo ricordare che il nome di Ugo Poletti compare più volte nella nota spese contenuta nei cinque fogli e soprattutto che fu proprio Poletti a concedere una dispensa speciale per poter seppellire il leader della Banda della Magliana Enrico De Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare, quando fu trucidato nel 1990 per un regolamento di conti. A rivelarlo fu una telefonata al programma Chi l’ha visto, nel 2005, quando un anonimo disse a Federica Sciarelli in diretta: “Per risolvere il caso di Emanuela Orlandi, andate a vedere chi è sepolto nella cripta Basilica di Sant’Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinale Poletti”. Renatino era il soprannome di Enrico de Pedis e il magistrato Giancarlo Capaldo che ha diretto la seconda inchiesta sulla scomparsa della Vatican Girl, ha sempre dichiarato, anche alla commissione di inchiesta, della sua convinzione che de Pedis avesse avuto un ruolo centrale nel sequestro. Un ruolo centrale è quello anche del luogo stesso tirato in ballo, perché in quel 22 giugno del 1983 Emanuela Orlandi scomparve proprio dalla Basilica di Sant’Apollinare che era sede della sua scuola di musica. Lì fu vista in vita per l’ultima volta. Tutto questo coincide anche con la versione raccontata ai magistrati romani da Sabrina Minardi, all’epoca amante di Renatino. Tanti pezzi di un macabro puzzle che sembrano incastrarsi pure senza riuscire a portare alla verità sulla 15enne scomparsa.Si legge ancora dalle chat consegnate dall’anonimo mittente a Pietro Orlandi:Emanuela rapita per scopi estorsivi. Emanuela conosceva Poletti, Poletti desiderava Emanuela, non so se poterlo chiamare amore o ossessione. Lui le aveva parlato svariate volte di persona, si era anche presentato a lei. Questo lo so per certo. Il rapimento viene poi utilizzato anche per fini politici, utilizzati anche per sviare le indagini (Alì Agca e tutta la pantomima). Emanuela viene trasferita a Londra, tu sai dove. Io sono li, nel palazzo accanto. Curiamo la sicurezza, la gestione delle visite di Poletti ecc. Emanuela vive li sotto falso nome (Devo ricordare quale, ora non ricordo). Poletti le fa visita regolarmente. Emanuela rimane incinta di Poletti ed abortisce. Poletti morirà, e da quel momento a nessuno importerà più di Emanuela. Per questo ho sempre pensato fosse stata uccisa, per evitare tutti i costi e gli impegni che dava. Anche perché, io stesso, sono stato mandato in Italia. Quindi non so più nulla per questo. A me dicono sia viva, ma io come ti ho detto ne dubito.E in una di queste email scrive il messaggero ignoto che si è spacciato per Baioni:“Questa email la scrivo per Emanuela Orlandi e la sua famiglia. La scrivo per redimermi da tutti i sensi di colpa che ho da 40 anni a questa parte. Se non avessi avuto una famiglia avrei letto questa lettera davanti all’Italia intera, mostrando il mio viso e prendendo di petto tutte le mie responsabilità. Purtroppo devo salvaguardare tutte le persone che ho vicino e che amo, che per me hanno già passato dei momenti grigi, e fino a che saranno vive saranno la mia priorità assoluta. Non mi aspetto di essere creduto, ma semplicemente mi aspetto di venir letto. Perchè, anche solo la consapevolezza che le mie parole siano nelle menti delle persone, soprattutto di Pietro e la sua famiglia, mi rendono più leggero, e soprattutto aiuteranno, ne sono certo, la ricerca di Emanuela”.L'articolo Orlandi, le chat nel dark web: “Sono stato il suo carceriere, rivelo tutto per redimermi dai sensi di colpa. Emanuela è stata rapita per un cardinale, non so se chiamarlo amore o ossessione” proviene da Il Fatto Quotidiano.