Comunità energetiche rinnovabili, tutti gli ostacoli da superare dietro l’occasione (quasi persa) dei fondi Pnrr

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Le Comunità energetiche rinnovabili crescono, ma incontrano una serie di ostacoli. E stavolta rischino di perdere un’occasione, ossia una bella fetta dei 2,2 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ammontano a tanto i fondi destinati a progetti di comunità (1,6 miliardi di euro) e gruppi di autoproduzione (600 milioni) con contributi a fondo perduto fino a un massimo del 40% delle spese ammissibili per potenziare o realizzare nuovi impianti fotovoltaici di soci. Data la necessità di rispettare le tempistiche indicate da Bruxelles (pena la mancata erogazione dei finanziamenti), però, il governo italiano ha proposto alla Commissione europea una rimodulazione del Pnrr, con l’obiettivo di destinare le risorse a questo punto non più utilizzabili (perché i progetti non riusciranno ad essere realizzati entro il termine previsto di giugno 2026) ad altri interventi in grado di utilizzare più rapidamente i fondi. Tra i diversi tagli nel settore energetico, spicca quello alle Comunità energetiche rinnovabili, che si vedrebbero decurtare un miliardo degli 1,6 previsti. Che qualcosa non abbia funzionato, lo certifica il Gse che a ilfattoquotidino.it dà il dato aggiornato a settembre 2025: per quel che riguarda la misura Pnrr destinata ai comuni con meno di 50mila abitanti, al 30 settembre i contributi concessi ammontano a 425 milioni di euro. Ergo: si poteva fare molto di più. Come si è arrivati a questo punto? Per il vicepresidente di Italia Solare, Andrea Brumgnach, il Pnrr è “un’opportunità che si poteva cogliere e alcuni lo stanno facendo, anche se meno di quelli che speravamo – commenta a ilfattoquotidiano.it – ma non è la base su cui fondare il meccanismo delle comunità energetiche rinnovabili. Si poteva fare di più, è vero, ma non fonderei su quello il futuro”.I dati delle Cer – E si tratta di un futuro pieno di sfide. Anche perché, nonostante una crescita costante, la potenza installata è ancora poca rispetto agli obiettivi che si è posto il Governo Meloni, ossia quello di raggiungere i 5 GW di potenza da impianti rinnovabili entro il 2027. Al 30 settembre 2025, si contano 1.731 configurazioni in esercizio, solo tra 1339 Comunità energetiche rinnovabili e 392 di autoconsumo collettivo per una potenza di circa 140 megawatt (130 da Cer), a cui si aggiungono quelli dell’autoconsumo a distanza e di altre configurazioni (per altri 55 megawatt circa). Ma alla fine del 2022 erano in esercizio circa cento Cer, numero raddoppiato nel 2023 e salito a quasi 700 alla fine del 2024. Il decreto per gli incentivi destinati alle comunità energetiche e all’autoconsumo diffuso (Decreto Cacer) è arrivato in ritardo di 19 mesi, il 23 gennaio 2024. Più di un anno dopo, un altro decreto ministeriale ha prorogato dal 31 marzo 2025 al 30 novembre 2025 il termine per la presentazione da parte dei Comuni delle richieste per accedere al contributo in conto capitale per l’installazione e la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di comunità energetiche, gruppi di autoconsumatori e autoconsumatore individuale a distanza.I problemi legati ai fondi del Pnrr – Secondo quanto dichiarato nei giorni scorsi, al Senato, dal ministro degli Affari europei, Tommaso Foti, il problema è stato il finanziamento “ipotizzato al 100%” e poi “ ridotto al 40%”. A giugno 2025, poi, sono state approvate le nuove regole operative del Gse e l’avviso pubblico per le domande. Il provvedimento, applicabile anche alle richieste già presentate, ha esteso l’ambito della misura finanziata dal Pnrr (il contributo fino al 40% dei costi ammissibili) per lo sviluppo delle Cer nei Comuni con popolazione inferiore a una determinata soglia. Si è passati dai Comuni di 5 mila abitanti, a quelli di 50 mila, allargando in modo significativo la platea. È stato prorogato il termine per la fine dei lavori al 30 giugno 2026 con entrata in esercizio entro 24 mesi dalla fine dei lavori (e comunque entro il 31 dicembre 2027). Ma molte difficoltà sono rimaste. Perché solo per fare la domanda, occorre chiedere e ottenere un preventivo di connessione e portare a buon fine l’iter autorizzato, fasi che richiedono tempistiche piuttosto lunghe. Di fatto, molti progetti non potranno essere realizzati. “Come tutti i meccanismi nuovi – spiega Andrea Brumgnach – anche quello dell’accesso ai fondi del Pnrr necessitava di tempo per essere compreso dai soggetti che ne potevano beneficiare, basti pensare a Transizione 5.0. Sicuramente la tempistica non ha aiutato, così come il fatto che la domanda dovesse essere presentata con già tutte le autorizzazioni ottenute e una serie di altri fattori che valgono anche per i progetti non finanziati dal Pnrr”. Ora, però, c’è il problema della rimodulazione. Sulla proposta di revisione la Commissione europea dovrà esprimersi entro il 23 ottobre con un’approvazione preliminare. Il 13 novembre, invece, sarà la volta del Consiglio Ue, che dovrà dare il via libera finale.Gli ostacoli alle Comunità energetiche rinnovabili – “Credo, però, che vadano affrontati i problemi legati più in generale alle Cer, al di là del Pnrr” commenta Brumgnach. D’altronde, per chiunque voglia associarsi in una configurazione di autoconsumo e ottenere una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa, la potenza finanziabile è pari a 5 gigawatt, con un limite temporale a fine 2027 per l’entrata in funzione degli impianti. A che punto siamo? Guardando i dati delle configurazioni italiane, si evince che per ciascuna il numero dei membri è piuttosto basso (meno di dieci) e lo è anche il numero di Kilowatt (sotto i 100). “C’è una crescita, ma è frenata da diversi fattori e questo ci spinge a chiedere di eliminare il termine del 31 dicembre 2027 per l’entrata in funzione degli impianti” spiega il vicepresidente di Italia Solare, secondo cui l’ostacolo principale à “la quasi totale mancanza di conoscenza del meccanismo da parte dei vari strati della società. Bisogna investire molto – a livello nazionale e locale – nel fare informazione”. Il secondo problema riguarda l’eccessiva burocraticità delle procedure. Il cittadino comune che decide di partecipare deve fornire una quantità di dati enormi e, molto spesso, desiste. A luglio scorso, però, il Gse ha comunicato che dovrebbero essere presto adottate delle semplificazioni. Per ora, però, restano diversi ostacoli, come il limite del 55% dell’incentivo alle imprese, compresi i soggetti privati che gestiscono le comunità energetiche. “Se un cittadino, poi – racconta Brumgnach – ha fatto installare un impianto sul tetto di casa nel 2015 e beneficia dello scambio sul posto, quell’impianto non può entrare nella comunità energetica (perché antecedente all’introduzione del meccanismo). A quel punto si può decidere di entrare come semplice consumatore. Ma anche in quel caso, la normativa impone di rinunciare allo scambio sul posto dell’impianto, portandolo al ritiro dedicato. E questo crea uno svantaggio economico”.L'articolo Comunità energetiche rinnovabili, tutti gli ostacoli da superare dietro l’occasione (quasi persa) dei fondi Pnrr proviene da Il Fatto Quotidiano.