«Chat control», il regolamento Ue sui messaggi fa litigare i governi. Lotta alla pedofilia e rischi per la privacy, cosa prevede la proposta

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L’Unione europea sta vagliando la possibilità di promulgare un nuovo regolamento che introdurrebbe un sistema di controllo preventivo di tutte le chat sulle app di messaggistica. L’obiettivo sarebbe quello di dare un contributo fondamentale al contrasto della pedofilia online, ma nella pratica la proposta solleva parecchi dubbi sulla tutela della privacy. Il provvedimento si chiama Csar — acronimo di Child Sexual Abuse Regulation — e punta a «prevenire e contrastare l’abuso sessuale sui minori», ma è noto soprattutto con il nome di «Chat control», scelto dalle associazioni a difesa del diritto alla riservatezza, tra le più critiche della proposta.Le polemiche e il rinvio del votoIl dibattito sul regolamento Csar va avanti in realtà da oltre tre anni: dalla primavera del 2022, quando l’ex commissaria europea per gli Affari interni, la svedese Ylva Johansson, ha presentato la prima bozza della proposta di legge. Da allora, di progressi ce ne sono stati ben pochi, proprio a causa della natura controversa del provvedimento. Nei giorni scorsi, si è tornato a parlare del regolamento contro la pedofilia online perché si intravedevano importanti sviluppi all’orizzonte. Martedì 14 ottobre, gli Stati Ue avrebbero dovuto chiarire una volta per tutte la propria posizione. Ma proprio nei giorni scorsi il passo indietro della Germania — il cui voto è considerato decisivo per l’approvazione della proposta a maggioranza qualificata — ha spostato gli equilibri, costringendo il Consiglio Ue a rinviare nuovamente il voto.Come funzionerebbe il controllo delle chatMa cosa prevede esattamente il regolamento Csar? La novità principale, nonché quella più controversa, riguarda l’introduzione di un sistema di controllo preventivo di tutte le conversazioni private online. L’obiettivo è verificare se gli utenti siano coinvolti in attività legate alla pedofilia, per esempio tramite lo scambio di immagini e video con utenti minorenni. In sostanza, il regolamento obbligherebbe tutte le piattaforme di messaggistica — come WhatsApp, Signal o Telegram — a passare al vaglio tutti i messaggi direttamente dal dispositivo che si sta utilizzando, ossia prima che il contenuto arrivi al destinatario.Questo controllo dovrebbe avvenire tramite due strumenti: un algoritmo in grado di identificare frasi sospette nei messaggi e un sistema di firma digitale per il controllo di immagini e video. In caso di messaggio classificato come sospetto, i gestori delle piattaforme dovrebbero inviare una segnalazione automatica alla polizia. A quel punto, i contenuti verrebbero resi anonimi e visualizzati da un agente. Solo in caso di un effettivo reato le app di messaggistica sarebbero tenute a comunicare tutte le informazioni dell’utente alle forze dell’ordine.EPA/Ronald Wittek | Ylva Johansson, commissaria europea agli Affari interni dal 2019 al 2024I timori per la privacy e la fine della crittografia end-to-endQuesto sistema, che ad oggi non esiste e dovrebbe essere costruito da zero dai gestori delle app, solleva grosse preoccupazioni sulla tutela della privacy. Innanzitutto, perché segnerebbe la fine — o comunque l’indebolimento — della crittografia end-to-end, il sistema che quasi tutti i servizi di messaggistica utilizzano per rendere i contenuti delle chat visibili solamente a chi li invia e a chi li riceve. Il controllo di cui si discute fra le istituzioni Ue avverrebbe prima che i messaggi vengano criptati, aprendo di fatto una sorta di backdoor accessibile da terzi, compresi gli stessi gestori delle piattaforme.Questo porta a ulteriori dubbi e timori, perché eventuali errori di programmazione potrebbero far finire messaggi privati nelle mani sbagliate. Secondo alcune associazioni che si occupano di tutela dei diritti online, inoltre, c’è il rischio che questo sistema — una volta sviluppato e introdotto su tutte le app — venga utilizzato da governi autoritari per fare un controllo preventivo delle comunicazioni e istituire una sorveglianza di massa. In altre parole, uno strumento nato per contrastare la pedofilia online potrebbe essere impiegato in futuro, più o meno alla luce del sole, anche per scovare altri reati.Lo scontro fra lobby a BruxellesIl regolamento è al centro di una contesa non solo politica ma anche di potere, che coinvolge alcune potenti lobby. L’Europol e il dipartimento Affari interni della Commissione europea hanno appoggiato pubblicamente il provvedimento, spingendo per una sua rapida approvazione. «Senza un accesso legale alle comunicazioni criptate, le forze dell’ordine combattono il crimine a occhi chiusi», ha spiegato a Politico Jan Op Gen Oorth, portavoce dell’Europol. A opporsi al provvedimento c’è un gruppo altrettanto influente e agguerrito, composto da associazioni per la difesa della privacy e aziende tecnologiche, grandi e piccole. Nei mesi scorsi, colossi del calibro di Meta e X hanno protestato pubblicamente contro la proposta di legge, mentre un gruppo di attivisti per la tutela dei dati personali ha avviato una campagna di mail bombing indirizzata ai legislatori europei, nel tentativo di convincerli a votare contro il provvedimento. October 7, 2025 Chi è a favore e chi è controIl dibattito sul regolamento contro l’abuso sessuale dei minori sarebbe dovuto entrare nel vivo proprio in questi giorni. Domani, martedì 14 ottobre, gli Stati Ue avrebbero dovuto chiarire la propria posizione in merito, facendo emergere una volta per tutte se la proposta ha qualche possibilità di essere approvata oppure no. A fermare nuovamente i lavori ci ha pensato il governo tedesco, il cui voto è considerato decisivo, che si è schierato pubblicamente contro l’approvazione del regolamento. Un sito creato nelle scorse settimane, e denominato Fight Chat Control, ha riassunto le posizioni dei diversi Stati membri. Attualmente, dodici governi hanno appoggiato il «sì» al provvedimento: Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Francia, Ungheria, Irlanda, Lituania, Malta, Portogallo, Romania e Spagna. Nove i Paesi contrari: Austria, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia e Slovenia. I sei Stati rimanenti, tra cui figura anche l’Italia, restano indecisi.Cosa succede oraLa Danimarca, che ha la presidenza di turno dell’Unione europea, sta spingendo per trovare un compromesso e approvare il regolamento entro la fine dell’anno. Al momento, tuttavia, i voti dei Paesi a favore della proposta di legge non sono sufficienti per riuscirci. A fare da ago della bilancia potrebbero essere proprio i sei governi ancora indecisi — Belgio, Grecia, Italia, Lettonia, Slovacchia e Svezia — che potrebbero essere scoraggiati dalle forti campagne di comunicazione promosse dalle associazioni a tutela della privacy per protestare contro il provvedimento. Il 1° gennaio 2026 sarà Cipro, un altro dei Paesi a favore del «chat control», ad assumere la presidenza di turno del Consiglio Ue. Questo significa che il tema resta sul tavolo e, anche in caso di un mancato accordo da qui a dicembre, si continuerà a negoziare anche il prossimo anno.Foto copertina: Dreamstime/PrykhodovL'articolo «Chat control», il regolamento Ue sui messaggi fa litigare i governi. Lotta alla pedofilia e rischi per la privacy, cosa prevede la proposta proviene da Open.