Il 13 ottobre 2025, a Sharm el-Sheikh, è stato firmato l’accordo di pace tra Israele e Hamas, un evento che segna la fine di due anni di guerra nella Striscia di Gaza. Il presidente Donald Trump ha presieduto la cerimonia insieme al presidente egiziano al-Sisi, al turco Erdogan e al premier del Qatar, mediatori dell’intesa. L’accordo, salutato come “una nuova alba per il Medio Oriente”, ha previsto il rilascio di 20 ostaggi israeliani, la liberazione di quasi 2.000 prigionieri palestinesi e l’apertura dei corridoi umanitari. Hamas ha accettato un cessate il fuoco e un impegno alla ricostruzione, sebbene restino interrogativi sulla futura governance di Gaza e sul ritiro israeliano definitivo.L’operazione di Trump non è soltanto diplomatica: è politica e simbolica. In pochi mesi il presidente ha ribaltato il paradigma che per anni aveva diviso l’Occidente: l’idea che la sua leadership fosse incompatibile con la complessità internazionale. Firmando un accordo che nemmeno i predecessori più esperti avevano potuto garantire, Trump ha sottratto alla sua opposizione la principale piattaforma di critica: quella morale e razionale della “competenza diplomatica”. Là dove l’élite liberal vedeva un outsider rumoroso, il Tycoon ha costruito un processo di pace pragmatico, partendo da rapporti bilaterali mediati, non da visioni ideologiche. Ha parlato direttamente con Hamas, ha imposto negoziati accelerati e ha posto fine a un conflitto che aveva devastato Gaza e logorato Israele.Trump – La pace come atto di forza“Peace through strength”, ha ripetuto Trump: la pace ottenuta attraverso la forza. Non una formula nuova, ma reinterpretata con brutalità politica. A chi lo accusava di generare caos, Trump ha risposto imponendo ordine: la minaccia — “se Hamas non avesse firmato, i suoi combattenti sarebbero stati annientati” — si è accompagnata al rilascio di prigionieri e a una promessa di ricostruzione. È la diplomazia del risultato, che si misura in hostages free e non in risoluzioni ONU. Persino i critici più ostinati, di fronte a un cessate il fuoco e a una tregua duratura, oscillano tra il silenzio e il riconoscimento riluttante di un successo storico.Gli oppositori senza bersaglioDa Washington a Bruxelles, molti osservatori europei faticano oggi a trovare un argomento per attaccare la strategia trumpiana. Il fronte anti-Trump, fondato sulla retorica dell’incompetenza e del disordine, si trova di fronte a un trionfo politico inattaccabile: ha portato a termine il primo accordo di pace israelo-palestinese in oltre due decenni, con un’Unione Europea relegata a spettatrice e con i Paesi arabi allineati al tavolo americano. I suoi oppositori hanno perso il terreno su cui costruivano la narrazione del “pericolo Trump”. Ogni critica rischia ora di apparire come un fastidio intellettuale di fronte a un risultato che anche Antonio Guterres ha definito “un passo concreto verso la pace”.A Lavori in Corso ce ne ha parlato Boni Castellane, editorialista de La Verità: qui il video.The post “Vi spiego come Trump ha distrutto la piattaforma ideologica dei suoi oppositori” | Boni Castellane appeared first on Radio Radio.