Veti, esclusione degli eletti e dimissioni. Dopo le vittorie, nel campo largo arrivano i litigi. E dopo i casi Toscana e Campania, ora è il turno della Sardegna. Armando Bartolazzi, l'assessore alla Sanità della giunta di Alessandra Todde ed ex sottosegretario alla Salute del governo Conte I, ha confermato in una lunga intervista all'Unione Sarda le sue imminenti dimissioni dall'incarico e il suo ritorno al vecchio lavoro di medico: "Quello che so è che non ci sono più le condizioni. Questo sistema sanitario regionale è il risultato di trent’anni di spartizioni. Serviva qualcuno che viene da fuori, che sia fuori dalle logiche. La sanità sarda ha un ritardo di venticinque anni". E in giunta ha detto di avere "più consensi all’opposizione che all’interno. All’interno c’è la caccia alle poltrone. Ora ci sono i nuovi direttori generali. C’è tutto un rimescolamento e la mia faccia su queste cose non ce la metto. Io voglio fare il medico e aiutare la gente". Il suo posto sarà preso ad interim proprio dalla prima presidente di regione espressione del Movimento 5 Stelle e questo è stato il motivo principale di frizione nella sua stessa maggioranza anche perché Bartolazzi ha messo in chiaro le difficoltà della Sardegna dichiarando che senza di lui "la sanità resterà indietro". I distinguo non arrivano solo dai partiti di opposizione, che hanno parlato di un "campo largo alla deriva", ma è stato lo stesso segretario regionale del Partito democratico Silvio Lai a dire che la governatrice "si è assunta una responsabilità importante. Confido che il tempo dell’interim sarà brevissimo. Lei ha il nostro sostegno, ma a febbraio ci dovrà essere un momento di revisione complessiva sulla sanità. Non si possono affrontare le sfide così importanti che abbiamo sulla sanità se non con professionalità elevatissime". Ma, sul rapporto tra Pd e 5 Stelle ha detto anche che è quello "tipico di due forze politiche che stanno insieme da poco tempo". Non è solo in Sardegna che il campo largo ha problemi, ma anche altre regioni dove ha vinto nella tornata elettorale appena conclusa. Stiamo parlando della Toscana e della Campania. Nella regione amministrata dal dem Eugenio Giani le scintille tra il Partito democratico e il Movimento5 Stelle erano iniziate ancor prima che la giunta si insediasse ufficialmente. In particolare sulla composizione della squadra di governo: sono state premiate infatti solo le province di Firenze e Pisa e sono stati fatti fuori ex assessori come Simone Bezzini e portatori di voti quali l’ex sindaco di Prato Matteo Biffoni, entrambi del Pd. Inoltre a creare divisioni ci ha pensato anche un decreto del ministero dei Trasporti che ha concesso la Valutazione d’impatto ambientale, con prescrizioni, al progetto della seconda pista dell’aeroporto Vespucci di Peretola, a nord di Firenze. Giani e la sindaca di Firenze Sara Funaro, che non è stata interpellata sulle nuove nomine, hanno esultato per il via libera ministeriale, insieme agli esponenti di Italia viva. M5s e Avs, invece, no: "Il problema è la nuova pista, il cui impatto ambientale sarebbe pesantissimo". Anche il sindaco dimissionario di Sesto Fiorentino Lorenzo Falchi, eletto in consiglio regionale nelle liste di Sinistra italiana, ha annunciato il ricorso della sua amministrazione comunale contro il Mit. Un ulteriore elemento di destabilizzazione interna alla coalizione è stata la nomina della 23enne Mia Diop a vicepresidente della regione, soprattutto perché incentivata dal Nazanero. Le polemiche hanno fatto sì che la giunta fosse ufficializzata soltanto un mese e mezzo dopo la vittoria nelle urne. In Campania invece, le questioni sono nate dopo che l'ex presidente della Camera Roberto Fico, secondo pentastellato alla guida di una regione, ha deciso di escludere dalla giunta i consiglieri regionali eletti e di mettere dentro elementi esterni, ovviamente collegati ai diversi partiti che compongono il campo largo. Una scelta che il sindaco di Benevento Clemente Mastella, che avrebbe voluto un posto in giunta anche per il figlio Pellegrino, ha commentato così su questo giornale: "È una forma distorta di darwinismo. La selezione naturale, in questo caso degli assessori, punisce chi ha il consenso: un assurdo. Un editto punitivo per chi si è gettato nella mischia di una massacrante campagna elettorale".