Non era bastato il caso dei baby influencer e dei Sephora Kid, cioé dei pre-adolescenti che fanno skincare come gli adulti pur non avendone ovviamente bisogno. Adesso il settore della bellezza ha un nuovo target: maschere di bellezza per bambini di quattro o cinque anni. Una linea skincare per l’età prescolare: sembra uno scherzo, e invece è la realtà di Rini, la linea cosmetica lanciata dall’attrice Shay Mitchell che si rivolge a bambini “dai 3 anni in su”.Ormai il lancio di un marchio cosmetico sembra essere una tappa obbligata per attrici e cantanti – lo confermano Selena Gomez, Hailey Bieber e Millie Bobby Brown, tra le altre. Shay Mitchell, nota soprattutto oltreoceano per i ruoli in serie tv come Pretty Little Liars e You, ha fatto un passo in avanti, coinvolgendo Esther Song e Matte Babell nel lancio di una linea beauty di ispirazione coreana per chi non ha neanche raggiunto la pubertà. Il nome del brand, Rini, strizza l’occhio al termine coreano per “bimbo” e per ora si compone di tre prodotti, tutti sotto i dieci dollari, confezionati con disegni di panda, cuccioli e unicorni: una maschera idratante, una doposole e una maschera in tessuto “per tutti i giorni”. Per rilassarsi da cosa, esattamente? Dal pisolino? Dall’asilo?L’idea, racconta l’attrice, è arrivata da una situazione vissuta con i suoi figli: la difficoltà di non sapere come rimuovere la pittura dal viso del trucca-bimbi. Come si sia passati da un detergente a una maschera in idrogel, poi, ci sfugge – ma tant’è. Il lancio è stato prevedibilmente accompagnato da aspre critiche, tra chi la accusa di voler capitalizzare sulla pelle perfetta dei bambini e chi semplicemente vede nelle maschere un momento di gioco. L’attrice ha specificato che Rini si rivolge a bambini dai 4 ai 12 anni e che tutti gli ingredienti sono testati, sicuri e adatti alla cute di quella specifica età. Ignorando il fatto che la pelle, a quell’età, non ha bisogno di niente, se non del sapone e di una buona protezione solare.La filosofia del brand è quella di voler promuovere una “sana” abitudine alla cura di sé, ma il rischio è che si anticipino le insicurezze sull’aspetto tipiche dell’adolescenza in un età in cui si dovrebbe pensare solo al gioco. Il passo dalla “cura di sé” al “dovere” di fare skincare è breve: non possiamo aspettare che almeno raggiungano la pubertà? C’è chi, più duramente, parla di una scelta “distopica e problematica” buona solo a rilanciare una carriera in difficoltà, senza tener conto delle implicazioni etiche e del parere dei medici. Ma la verità è che Shay Mitchell ha solo anticipato una tendenza di mercato, sempre più interessato alla Gen Alpha, cioé ai preadolescenti che affollano i social.È vero: non è un obbligo comprare una maschera in idrogel e metterla nello zainetto dell’asilo del proprio figlio. Ed è anche vero che i bambini sono specchi: imitano tutto ciò che vedono fare agli adulti. La linea Rini non è un attentato all’innocenza dell’infanzia, come si legge nei commenti sui social. Ma è la prova che, nell’esasperazione della bellezza e dell’estetica tipica di questo tempo, anche i bambini siano diventati un mercato di potenziali consumatori, una nicchia “non ancora esplorata”. In un’età in cui dovrebbero solo esplorare il mondo, correre, sporcarsi le mani, scoprire il piacere della lettura, della musica o imparare ad andare in bicicletta non è necessario – e anzi è problematico – preoccuparsi del proprio aspetto. Pensare allo specchio più che alle storie di fantasia.La pelle dei bambini non ha bisogno di maschere infuse di vitamine: il rischio è che quello che nasce come un gioco porti poi con sé un messaggio confuso, e sbagliato, sull’accettazione di sé e sulla quantità di impegno necessaria per sentirsi “belli”. Ma questa non è una responsabilità che i genitori possono delegare a Shay Mitchell.View this post on InstagramA post shared by Shay Mitchell (@shaymitchell)L'articolo Maschere di bellezza per bambini “dai 3 anni in su”: la linea di skincare di Shay Mitchell fa discutere, ma il marketing per la Generazione Alpha è già un trend proviene da Il Fatto Quotidiano.