Il Parlamento europeo vota la sua posizione negoziale su due dossier chiave per il Green Deal: la modifica alla Legge Clima per stabilire l’obiettivo di decarbonizzazione al 2040 e il pacchetto di semplificazione legislativa sulla finanza sostenibile (Omnibus I). E decide di indebolire molte delle misure che obbligano le aziende a rispondere delle violazioni dei diritti umani e ambientali nelle loro catene di approvvigionamento. Proprio in questi momenti, tra emendamenti votati a scrutinio segreto, espressioni di voto, astensioni e dichiarazioni a caldo si palesano i tentativi di ridurre l’ambizione delle politiche climatiche dell’Unione europea.Il Ppe vota con Ecr e le destre estremeIn seduta plenaria, l’Eurocamera ha adottato con 379 voti favorevoli, 248 contrari e 10 astensioni la sua posizione sulla proposta della Commissione di modifica della legge europea sul clima: si segue la strada tracciata dal Consiglio europeo (Leggi l’approfondimento), che prevede un nuovo obiettivo intermedio e vincolante di riduzione netta delle emissioni di gas a effetto serra del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990 con più flessibilità, tra cui la possibilità di utilizzare crediti internazionali per coprire 5% dell’obiettivo. Nel corso del voto, però, sono stati respinti una serie di emendamenti che chiedevano di abbassare il target all’83% e un rinvio del sistema Ets 2 al 2030. Ma se in questo caso c’è stato uno sgambetto fallito a un testo già di compromesso, il vero risultato le destre l’hanno portato a casa sulla riduzione, nel pacchetto Omnibus I, degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità e di dovere di diligenza per le imprese previsti dalle direttive su Corporate Sustainability Reporting e Corporate Sustainability Due Diligence. Il testo è stato approvato con una maggioranza composta dal Ppe insieme a Ecr e ai gruppi delle destre Patrioti per l’Europa e Europa delle Nazioni sovrane. Spaccata nuovamente, dunque, la cosiddetta maggioranza Ursula composta da Ppe, Socialisti, Liberali e Verdi. “Gli europarlamentari di Meloni e Salvini hanno oggi salvato Ursula von der Leyen da una clamorosa bocciatura su uno dei testi chiave del suo mandato: le nuove regole sui doveri di due diligence per le imprese. L’importanza di questo voto va al di là del contenuto del testo stesso e assume una rilevanza politica enorme”, scrive la delegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, in una nota.Reportistica ambientale e due diligence: il Ppe fa asse con le destreCon 382 voti favorevoli, 249 contrari e 13 astensioni, i deputati hanno adottato la loro posizione su una proposta legislativa che punta ad alleggerire gli oneri amministrativi per le aziende. I negoziati con i governi dell’Ue, che hanno già adottato la loro posizione, inizieranno il 18 novembre con l’obiettivo di trovare un accordo finale sulla legislazione entro il 2025. Per quanto riguarda la direttiva sulla rendicontazione ambientale, il mandato dell’Eurocamera alza la soglia del campo di applicazione, limitandola alle aziende con oltre 1.750 dipendenti e un fatturato netto annuo superiore a 450 milioni di euro che dovranno redigere relazioni sociali e ambientali. Solo le imprese che rientrano in questo ambito saranno inoltre tenute a fornire relazioni sulla sostenibilità in linea con la tassonomia, ovvero la classificazione degli investimenti sostenibili dell’Ue. La proposta originaria di Bruxelles includeva aziende con mille dipendenti e un fatturato superiore a 50 milioni di euro o un totale di bilancio superiore a 25 milioni di euro. I deputati europei chiedono inoltre alla Commissione di creare un portale digitale per le imprese con accesso gratuito a modelli, linee guida e informazioni su tutti i requisiti di rendicontazione dell’Ue. Gli obblighi di due diligence, poi, dovrebbero applicarsi a grandi società con più di 5mila dipendenti e un fatturato annuo superiore a 1,5 miliardi di euro, riprendendo in larga parte le soglie della proposta della Commissione, ma eliminando l’obbligo del piano di transizione per rendere il modello di business in linea con gli obiettivi dell’accordo sul clima Parigi. Le aziende potranno essere soggette a sanzioni pecuniarie per il mancato rispetto dei requisiti di sostenibilità ambientale e sociale lungo la loro intera catena di approvvigionamento.Le reazioni dopo il voto che svelano forti tensioni“Dopo settimane di ostruzionismo e ricatti – commenta la co-presidente dei Verdi europei, Terry Reintke – il Ppe ha interrotto i negoziati con i tre gruppi centristi e ha deciso di rompere il cordone sanitario. Ha scelto di allearsi con Orbán e Le Pen per affossare le leggi in materia di ambiente e diritti umani che rendono le grandi aziende responsabili del loro processo produttivo”. Attacca anche il gruppo The Left: “Il Partito popolare europeo trova nuovi amici nell’estrema destra. Si forma un’alleanza fascista-conservatrice per assolvere le aziende dalle violazioni dei diritti umani e dalla distruzione ambientale”. E d’altronde ciò che è accaduto lo raccontano i diretti interessati.“Il gruppo Patrioti per l’Europa ha ottenuto un successo significativo, ribaltando la vecchia maggioranza di coalizione e aprendo la strada alla sostituzione del Green Deal con un programma orientato alla competitività” afferma in una nota il gruppo dei Patrioti per l’Europa al Parlamento europeo. E ancora: “Per la prima volta, il cosiddetto cordone sanitario è stato rotto in una votazione legislativa. Una nuova maggioranza, che unisce Patrioti per l’Europa, Ecr (Conservatori e Riformisti), Esn (Europa delle nazioni sovrane) e Partito popolare europeo, ha prevalso a favore di un approccio più proporzionato e orientato alla crescita, che libera le aziende europee da vincoli costosi e inutili”. Tra gli europarlamentari italiani, Mario Furore (M5S), definisce “la deregolamentazione selvaggia” prevista dalle nuove norme sulla due diligence approvate dal Parlamento europeo” come un “regalo alle grandi compagnie che già oggi soffocano le piccole imprese e gli artigiani”. E aggiunge: “La destra ancora una volta tradisce le piccole e medie imprese favorendo quelle grandi che sono poi, guarda caso, quelle che eludono il fisco in Europa o sfruttano i lavoratori nei Paesi più poveri del mondo facendo un inaccettabile dumping alle imprese italiane ed europee”.Votato pure l’accordo sul taglio delle emissioni. E poteva andare anche peggioIl Parlamento europeo ha approvato anche la sua posizione sulla proposta della Commissione di modifica della legge europea sul clima per un target vincolante di riduzione netta delle emissioni del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990. Con alcune flessibilità, come il discusso ricorso fino al 5% di crediti internazionali di carbonio “di alta qualità” nel raggiungimento del target a partire dal 2036, con una fase pilota dal 2031 al 2035. La Commissione aveva proposto un massino di 3 punti percentuali ma, la settimana scorsa proprio il ministro dell’Ambiente italiano, Gilberto Pichetto Fratin aveva molto insistito su questo punto. Il testo – frutto di un compromesso tra i gruppi Ppe, Socialisti Ue, Renew e Verdi – sarà il mandato politico dell’Eurocamera per avviare il negoziato con i Paesi Ue.La posizione negoziale adottata in plenaria conferma il mandato adottato dalla Commissione Ambiente (Envi) a inizio settimana e riprende molti degli elementi inclusi nel mandato dei Paesi Ue, adottato a fatica la scorsa settimana. Tra le altre flessibilità, gli eurodeputati sostengono l’idea di una valutazione su base biennale da parte della Commissione europea sui progressi compiuti verso gli obiettivi intermedi che tenga “conto dei dati scientifici più recenti, degli sviluppi tecnologici e della competitività internazionale dell’Ue”, con la possibilità di presentare una proposta legislativa, se necessario, per rivedere l’intero target. Gli eurodeputati confermano, inoltre, un riferimento al ruolo dei biocarburanti nella decarbonizzazione dei trasporti, ottenuto dall’Italia nel mandato negoziale del Consiglio Ue. Nonché la possibilità di ricorrere a un “freno di emergenza” per rivedere il target qualora gli assorbimenti attraverso i pozzi naturali di carbonio, come le foreste, siano inferiori alle attese. Il compromesso sostiene, infine, il rinvio di un anno, dal 2027 al 2028, del nuovo mercato del carbonio (Ets2) per trasporti ed edifici. E poteva essere anche più pesante il pacchetto di flessibilità. Nel corso del voto sono stati respinti una serie di emendamenti presentati da alcuni eurodeputati del Ppe votati a scrutinio segreto – su richiesta del gruppo Ecr – che chiedevano di abbassare il target all’83% e un rinvio al 2030 del sistema Ets 2, molto osteggiato da diversi Paesi europei.L'articolo Due diligence per diritti umani e ambiente: il Ppe fa asse con le destre per ridurre gli obblighi proviene da Il Fatto Quotidiano.