Sette anni lontani dai palchi e ora il ritorno/réunion dei Radiohead è realtà anche per i fan italiani della band che più di ogni altra dagli anni ’90 ha saputo interpretare in rock i tormenti della nostra era digitale, a partire dall’album capolavoro, intitolato non a caso, ‘Ok Computer’. Dopo il debutto del tour Europe 2025 con 4 date a Madrid l’astronave del gruppo di Oxford è planata all’Unipol Arena di Bologna per il primo dei quattro show italiani, tutti nel capoluogo emiliano e sold out. Il palco è in mezzo alla platea, una gabbia circolare dentro la quale alle 20.30 si presentano i cinque, illuminati da led che proiettano scudisciate di luce e le sagome dei musicisti, in uno scenografia che è allo stesso tempo minimale e spettacolare, perfettamente in linea con la cifra artistica e l’estetica dei Radiohead. Si parte con ‘Planet Telex’ da ‘The Bends’, prima sorpresa di una scaletta che cambia ad ogni concerto, non essendoci un album nuovo da portare in tour. È in questo senso questa tournèe è un regalo agli aficionados. I led si sollevano, diventando dei veri schermi che sovrastano I cinque e arriva la frustata di ‘2+2=5’. Thom Yorke, il leader del gruppo, si siede al piano per la magia di ‘Sit down and stand up’, che diventa poi un sabba elettronico con il cantante che si alza e inscena una danza da tarantolato. L’agrodolce ‘Lucky’ emoziona i fedelissimi mentre ‘There There’ è un capolavoro di rock tribale con i due chitarristi, il genio Johnny Greenwood e l’ottimo Ed O’Brien, che suonano le percussioni mentre York con voce e chitarra conduce il pezzo e Johnny che ritorna alla sei corde per un finale indiavolato. Una performance che dà la misura della grandezza dei Radiohead. E dopo il pugno arriva la carezza straziante di ‘No Surprises’, con l’Unipol Arena che canta in coro. Brividi. Ancora una ballad, ma sempre un po’ disturbata, con Yorke al piano e poi un’altra meraviglia, ‘Weird fishes/Arpeggi’, avvolgente e ipnotica, entrambe da ‘In Rainbows’. Il pubblico esplode in un boato alle prime note di una canzone che non ha nulla di pop, la techno ipnosi di ‘Everything at its right palce’ da Kid A, il più sperimentale dei dischi della band di Oxford da cui arriva un altro pezzo oscuro come ‘National Anthem’. Sono i Radiohead più tenebrosi ma che i fan amano molto, capaci di scavare nelle viscere ed evocare solitudini, angosce e paure di un’epoca che è ancora piú spaventosa del decennio in cui i cinque si affacciarono sulle scene. Arriva la dolcezza di ‘Daydreaming’, incursione in ‘A Moon shaped pool’, a testimoniare la maestria della band nell’alternare registri in uno show che sfiora la perfezione. E allora ecco la psichedelia moderna di ‘Subterranean homesick alien’, pezzo cardine del disco monumento ‘Ok, Computer’, suonata magistralmente da una band che é una macchina perfetta e sincronizzata, capace di dosare accelerazioni e frenate. Infatti arriva un’altra frustata, l’indiavolata ‘Bodysnatchers’ con tre chitarre che si inseguono mentre Colin Greenwood al basso e Phil Selway alla batteria guidano la ritmica all’impazzata per i contorcimenti vocali di Yorke, seguita da un’altra hit sperimentale, le frequenze elettroniche disturbate a ritmo di drum’ n’bass di ‘Idioteque’, che chiude il set principale in cui il cantante dice giusto qualche ‘grazie’ in italiano da antidivo quale è, rockstar anomala e timida. I bis si aprono poi con la ballad, convenzionale ma struggente ‘Fake plastic trees’ e un’altra meraviglia disperata, ‘Let Down’, gemma da ‘Ok Computer’, diventata misteriosamente virale su TikTok. ‘Paranoid Android’ è una spirale che avvolge, cresce ed esplode per poi riaccarezzare ,col canto strozzato del leader. Radiohead in purezza, capolavoro. E giustamente viene giù l’Unipol Arena. Spazio anche allo schiaffo elettrico di ‘Just’ e poi l’inno disperato di ‘Karma Police’, con i 15 mila del palazzetto che cantano in coro il ritornello ‘I lost myself’, mette il sigillo a una serata di rock indimenticabile.Questo articolo Radiohead a Bologna, il cuore tormentato del rock proviene da LaPresse