di Daniela Binello – Lo spionaggio digitale ha superato la linea rossa della democrazia. In Europa si spiano giornalisti, oppositori politici e attivisti. Da diverse fonti emerge che la Commissione europea ha ammesso che fondi dell’Unione, attraverso Horizon 2020 e il Fondo Europeo per gli Investimenti, sono arrivati a società che producono spyware, come ad esempio Paragon Solutions, la società israeliana specializzata in tecnologie di sorveglianza che vende esclusivamente agli Stati il software Graphite, introdotti per spiare attraverso i loro smartphone diversi individui in almeno 17 Paesi europei. Il denaro pubblico europeo finisce in parte, quindi, a questi sistemi d’intrusione digitale.Si possono fare alcuni esempi. In Svezia, la polizia utilizza un sistema di analisi dei dati sviluppato da Palantir Technologies (società specializzata nell’analisi di big data con sede a Denver, in Colorado) e in Ungheria l’eurodeputato Daniel Freund ha denunciato il premier Viktor Orbán per un tentativo di attacco informatico condotto con lo spyware israeliano Candiru.Secondo Mapping Media Freedom, almeno 36 giornalisti europei sono stati spiati attraverso l’intrusione degli spyware nei loro telefonini. E sia Apple che Meta hanno confermato migliaia di notifiche di allerta in pochi mesi per persone sotto controllo. Questi i motivi per cui 58 europarlamentari, appartenenti ai gruppi S&D, Verfi/Efa, Renew e The Left hanno presentato un’interrogazione alla Commissione europea “per chiedere trasparenza sui finanziamenti e garanzie contro l’abuso della clausola di sicurezza nazionale contenuta nell’European Media Freedom Act”. Intanto, lo scorso 13 novembre a Roma, nel corso della presentazione del libro “Il nemico dentro” scritto dal direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, dove racconta la sua personale esperienza di giornalista spiato attraverso il suo smartphone, lo stesso Cancellato ha detto: «Io sono stato spiato perché Fanpage ha pubblicato inchieste come Gioventù meloniana, ma non gliene importa niente a quasi nessuno. E metà della popolazione non ci crede che io sia stato spiato per quello, nemmeno di fronte all’evidenza».Durante la presentazione del suo libro, Cancellato ha spiegato la modalità con cui ha appreso di essere stato spiato. Gli era arrivata sul telefonino un’allerta di Meta. Lui rimase incredulo, pensava di non avere capito. Ma funziona così: di notte ti infilano a tua insaputa in un gruppo WhatsApp. In quel gruppo WhatsApp viene caricata un’immagine o un file PDF, poi arriva il simbolo della doppia spunta, che significa che il messaggio ti è stato consegnato. A quel punto chiudono il gruppo WhatsApp, lo cancellano. E tu di tutto questo non ti accorgi assolutamente di niente.Cancellato aggiunge che in quanto giornalista si era sempre sentito protetto dalla democrazia, anche grazie a quello status, cioé il fatto di esercitare la professione giornalistica, eppure ha dovuto ricredersi, anche sul significato della democrazia, perché l’hanno spiato lo stesso. Secondo il direttore di Fanpage nell’opinione pubblica manca la percezione di quanto questa cosa possa essere grave.Matteo Renzi. (Foto: Notizie Geopolitiche / EO).Alla presentazione del libro ha partecipato anche il leader di Italia Viva, l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, uno dei pochi politici che abbiano seguito l’iter di questa brutta storia in sede parlamentare, passata perlopiù sotto silenzio a livello mediatico.«Francesco Cancellato è il direttore di Fanpage – esordisce Renzi -, ma nell’immaginario collettivo è un giornalista scomodo che ha fatto delle inchieste molto specifiche. Due inchieste fondamentali che possono essere rimaste sul groppone a qualcuno, diciamo così». Quello che è successo a Cancellato, come anche a Francesco Nicodemo (consulente esperto di comunicazione politica), a Ciro Pellegrino (giornalista), Roberto D’Agostino (Dagospia), Luca Casarini (attivista dell’Ong Mediterranea, già leader del movimento no-global) e altri trova un filo conduttore con quelle due inchieste di Fanpage, che hanno a che vedere con il mondo meloniano, specifica Matteo Renzi.Come noto, Renzi non è mai stato tenero con il mondo dell’informazione. Al contrario è uno dei politici “con la querela per diffamazione più facile”, né tantomeno è mai stato amico di Fanpage, che ha pubblicato diverse inchieste contro di lui e il Pd durante gli anni del suo governo. Tuttavia, ci tiene a dire: «Io difendo il giornalismo, perché difendo la libertà di questo Paese. La domanda è: C’è una responsabilità politica o no del governo di Giorgia Meloni in questa vicenda? E’ mai possibile che proprio Fanpage sia stato messo sotto intrusione con un software che solo il governo può aver comprato? Badate bene che questo software lo ha il governo della Repubblica perché non lo può avere nessun altro. Quindi, io affermo che c’è una responsabilità politica».Renzi prosegue affermando che questa responsabilità riguarda Giorgia Meloni ed è un’ombra sull’azione politica del suo governo. «Una responsabilità enorme, ma non gliene frega niente a nessuno. Non si risponde alle mie domande in Parlamento e nessuno si indigna nel Paese», denuncia il leader di Italia Viva.Il caso Paragon era scoppiato lo scorso febbraio. Il governo ha detto inizialmente di non sapere nulla e in una nota di Palazzo Chigi ha dichiarato che nessuno dei soggetti citati era stato sottoposto a controllo da parte degli apparati dello Stato. Nebbia fitta anche sui contratti con Paragon. Il 12 febbraio alla Camera, però, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani(Fratelli d’Italia), affermò che “nessuno ha rescisso alcun contratto e tutti i sistemi sono pienamente operativi“. Operativi sì, ma non per spiare giornalisti o attivisti, nega categoricamente davanti al Copasir Giovanni Caravelli, il direttore dell’Aise, l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna che ammette la disponibilità dello spyware Graphite.Due giorni dopo, il 14 febbraio 2025 alle ore 21:25, quando milioni di italiani sono incollati alla tv per il Festival di Sanremo, Alfredo Mantovano (Fratelli d’Italia), il sottosegretario di Stato delegato ai servizi di sicurezza, il che lo rende l’interlocutore principale del governo per questioni relative all’intelligence, fece uscire un comunicato in cui si diceva che fra l’Agenzia dei servizi segreti e la società Paragon esisteva un accordo, ma che i contratti erano stati rescissi. Il 4 marzo, il sottosegretario Mantovano dichiara che “tutto quello che si poteva dire è stato detto” con la nota di Palazzo Chigi. Poi chiarisce: “Qualsiasi cosa venga aggiunta in pubblico danneggerebbe l’attività di intelligence e le indagini”.Rifiutandosi di riferire in Parlamento, il governo si è reso disponibile a parlare riservatamente al Copasir, che prima di Mantovano aveva ascoltato i direttori di Aise, Aisi e Dis, Caravelli, Bruno Valensise e Vittorio Rizzi, il direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Bruno Frattasi, il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma, Giuseppe Amato, il magistrato che autorizza le intercettazioni preventive dell’intelligence e i rappresentanti di Meta.Matteo Renzi, sempre più esplicito nel suo intervento alla presentazione del libro di Cancellato, afferma: «Il governo Meloni in uno dei decreti sicurezza, con gli articoli 30 e 31, ha introdotto due norme che estendono quelle che si chiamano garanzie funzionali. Cosa vuol dire? Che se io sono agente dei servizi, posso essere infiltrato, e se vengo infiltrato e compio un reato devo giustamente essere protetto. Se sto dentro una realtà di terroristi, capite bene che è fondamentale che io mi debba proteggere. Ma quello che ha fatto con quella legge il governo Meloni, di cui non ha parlato nessuno, è che si è introdotto il diritto di costituire e dirigere organizzazioni terroristiche mafiose. Non so se riesco a spiegarmi. Ho l’impressione di no, perché su ‘sta roba siamo stati pochi a fare casino. Se tu sommi le due cose, il Copasir può fare poco, ma ai servizi segreti vengono dati gli strumenti per fare tanto. Quindi, inizia a essere una cosa preoccupante. Nel caso di specie, dell’intrusione dello spyware nei telefonini, la vicenda è enorme perché prima o poi verrà fuori. Può darsi che venga fuori tra un mese, tra un anno o oltre. Ma sta roba qui esce, ragazzi. Può darsi che esca quando la Meloni non sarà più al governo e ci sia un regolamento di conti. Può darsi che esca prima. Io se fossi in loro, farei un appello, trovate il modo di dirlo. Sacrificate qualcuno perché sennò sarete sommersi tutti da ‘sta roba».«Il paradosso – prosegue Matteo Renzi – è che il giocattolino che hanno infilato dentro al telefonino di Cancellato l’ha comprato il governo ai servizi segreti. E quando Meta ha avvisato con un’allerta Cancellato, addirittura hanno detto “Ma perché sei andato a dirglielo?”. Inoltre, ed è gravissimo, non fanno nulla per beccare i colpevoli. Allora mi chiedo: ma è normale che ci sia un’Agenzia nazionale per la cyber sicurezza? Che su questa vicenda non ha aperto bocca e alla cui guida Alfredo Mantovano ha messo un suo amico prefetto che lavorava con me nel mio governo. Si occupava dei vigili del fuoco e lo faceva molto bene. L’hanno messo a fare il capo della sicurezza perché è amico di Mantovano. Io affermo che la competenza di Bruno Frattasi per guidare la Cyber Security vale zero. E io affermo che finché c’è l’Agenzia nazionale per la Cyber sicurezza dove nessuno muove un dito su una vicenda del genere, va chiusa l’Agenzia Nazionale per la Cyber Security. E dov’era il Garante sulla Privacy quando è scoppiato questo caso? Il Garante della Privacy dormiva, si è poi svegliato verso luglio… Ma porca miseria, un direttore di giornale fa un’indagine contro il governo, gli mettono l’intrusione sul telefonino, ma dove cazzo è il Garante della Privacy?».