AGI - "Una rete viva, aperta al dialogo, concreta, che unisce, che ascolta, che include e ridà voce ai cittadini". Ernesto Maria Ruffini, aprendo a Roma la prima assemblea dei Comitati di Più Uno, ne declina così gli obiettivi e sottolinea che "unire è un atto politico di coraggio e di responsabilità" perché, avverte, "serve parlare a tutti per ricostruire quella comunità che il nostro Paese sembra avere perso".L'Italia deve ritrovare il coraggio di guardare in faccia i problemi e di confrontarsi senza dividersi per partito preso. Un Paese diviso è un Paese più debole, più fragile dove finisce per vincere la destra. Ruffini segnala allora che l'astensionismo è il primo avversario da battere e che "non basta andare a votare. Partecipare è molto di più: significa esserci, proporre, discutere, costruire. Ognuno di voi è insostituibile".Uguaglianza contro disuguaglianze: il tempo delle scelteDunque, è arrivato, spiega, "il tempo delle scelte". Se "per la destra le disuguaglianze sono un destino inevitabile della società, per noi, invece, l'uguaglianza è la strada su cui cammina la democrazia. E l'uguaglianza è anche il patrimonio fondamentale del centrosinistra".L'idea dell'Ulivo e la critica al "campo largo""L'idea del moderno centrosinistra – ragiona l'ex direttore dell'Agenzia delle Entrate – nasce trenta anni fa, un progetto capace di superare le appartenenze tradizionali per restituire un orizzonte comune. Era la straordinaria idea dell'Ulivo. Quella intuizione, supportata dai gruppi dirigenti dei partiti di allora, che consentì di battere per ben due volte la destra. Le uniche due volte, con Romano Prodi".L'Ulivo è un'idea "del tutto diversa e distante da quella del 'campo largo' con dei confini coincidenti con quelli dei partiti esistenti. Al di fuori di quei confini del 'campo largo' – avverte – c'è il 'campo aperto' dove sono le persone che non vanno più a votare e che vanno rimotivate. Quello a cui assistiamo oggi è una politica che non è in grado di dare voce alle persone, concentrata com'è su se stessa".Primarie e il ruolo del Partito DemocraticoRuffini cita l'elezione del sindaco di New York come esempio di straordinaria partecipazione. In Italia, invece, "le primarie, che sono un grande strumento di partecipazione, sono diventate un'opzione invece della regola. Sono convocate solo se convengono a leader che vorrebbero trasformarle a tavolino in plebisciti"."Oggi, l'idea di centrosinistra sembra tramontata perché i suoi protagonisti hanno smesso di cercare pazientemente una sintesi tra culture diverse. E così si dicono alla ricerca di un partito 'di centro' da utilizzare come stampella. Ma il gruppo dirigente di un partito non può ispirare la nascita di un altro partito, che diventa servente/strumentale. Il Partito Democratico – scandisce Ruffini – non può delegare a un soggetto esterno il compito di fare il centro, di rappresentare il riformismo".Fiducia e politica senza etichetteE allora, chiarisce Ruffini, "siamo qui per fare politica, senza cedere alla tentazione di attribuirci delle etichette. Siamo qui senza l'ansia di parlare di nomi, perché la politica non è un reality show e noi non siamo interessati né ai talent show, né alle nomination". Meglio puntare sulla fiducia, "la sola cura contro l'indifferenza e l'individualismo".