In dodici anni si sono abbassate definitivamente 118mila serrande di negozi italiani e sono scomparse circa 23mila bancarelle di vendita ambulante. Un’emorragia che rischia di precipitare nel prossimo decennio e che già ora presenta cali particolarmente accentuati in centri storici e piccoli comuni. Sotto il profilo della tipologia di attività, ad avere la peggio sono stati finora i distributori di carburante, articoli culturali e ricreativi, mobili e ferramenta nonché abbigliamento e calzature.È quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio in vista dell’iniziativa nazionale “inCittà-Spazi che cambiano, economie urbane che crescono”, dedicata al futuro delle città e delle economie urbane, organizzato dalla Confederazione che si terrà a Bologna, a Palazzo Re Enzo, il 20 e 21 novembre prossimi. Un trend che, senza nuove ed efficaci politiche di rigenerazione urbana e senza interventi per riutilizzare gli oltre 105mila negozi sfitti (un quarto dei quali da oltre un anno), è destinato ad aggravarsi ulteriormente con il rischio di perdere, da qui al 2035, altre 114mila imprese al dettaglio. In pratica, oltre un quinto delle attività oggi esistenti sparirebbe con gravi conseguenze per l’economia urbana, la qualità della vita e la coesione sociale.In particolare, analizza l’Ufficio Studi di Confcommercio, dal 2012 al 2024 hanno chiuso quasi 118mila imprese del commercio al dettaglio in sede fissa e circa 23mila attività ambulanti, per una riduzione totale di oltre 140mila unità, risultato di un eccesso di chiusure rispetto alle aperture. Le cause – ad avviso di Confcommercio – sono riconducibili a una crescita insufficiente dei consumi interni, al cambiamento dei comportamenti di spesa dei consumatori e alla diffusione delle tecnologie digitali che hanno favorito gli acquisti online. Non a caso, nello stesso periodo le imprese attive operanti prevalentemente su internet o nella vendita per corrispondenza sono aumentate di oltre 16mila unità (+114,9%).Nell’ambito del commercio al dettaglio in sede fissa, le contrazioni più rilevanti si registrano tra i distributori di carburante (-42,2%), i negozi di articoli culturali e ricreativi (-34,5%), il commercio non specializzato ( 34,2%), store di mobili e ferramenta (-26,7%) nonché negozi di abbigliamento e calzature ( 25%). Molte città medio-grandi del Centro-Nord sarebbero quelle più esposte a questo fenomeno, mentre per alcuni Comuni del Mezzogiorno il calo sarebbe più contenuto, soprattutto per la riduzione dei residenti e il minor ricorso agli acquisti online. A fronte di questa emergenza Confcommercio, anche attraverso il progetto Cities, propone un’Agenda Urbana Nazionale da definire insieme a Governo, Regioni e Comuni, per rigenerare i centri urbani valorizzando le economie di prossimità e le imprese del terziario di mercato con l’obiettivo di creare un quadro stabile e integrato delle politiche urbane, promuovendo strumenti condivisi contro la desertificazione commerciale e per una logistica urbana sostenibile.L'articolo Allarme di Confcommercio: 140mila attività scomparse in 12 anni proviene da Il Fatto Quotidiano.