Seggi aperti in Iraq: pesano le influenze di Usa e Iran

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AGI - Alle 7 del mattino locali (le 5 in Italia) si sono ufficialmente aperti i seggi in Iraq per le elezioni legislative, chiamate a rinnovare il Parlamento per un mandato di quattro anni. Il voto aprirà poi la strada alla formazione di un nuovo governo, con la nomina del presidente della Repubblica - una carica in gran parte simbolica, tradizionalmente assegnata a un curdo - e del primo ministro, che secondo la consuetudine politica sarà sciita. In corsa ci sono oltre 7.740 candidati, quasi un terzo dei quali donne, per i 329 seggi parlamentari. Solo 75 candidati indipendenti partecipano al voto, in base a una legge elettorale che molti considerano squilibrata a favore dei grandi partiti. Più di 21 milioni di cittadini hanno diritto di voto, ma si teme che la partecipazione possa scendere sotto il 41%, il minimo storico registrato nelle elezioni del 2021.Dalla caduta di Saddam Hussein, la maggioranza sciita domina la scena politica irachena, con partiti strettamente legati all'Iran. Per tradizione, il premier è sciita, il presidente del Parlamento sunnita e la presidenza della Repubblica spetta a un curdo. L'attuale primo ministro Mohammed Shia al-Sudani, al potere dal 2022 con l'appoggio del 'Coordination Framework' filo-iraniano, punta a un secondo mandato, ma la sua riconferma dipenderà dalle alleanze post-elettorali. Le fazioni sciite, pur correndo divise, dovrebbero riunirsi dopo il voto per scegliere il nuovo premier. Le elezioni si svolgono senza la partecipazione del leader sciita Moqtada Sadr, che ha invitato i suoi seguaci al boicottaggio, dopo il ritiro dal Parlamento nel 2021 seguito a scontri interni e violenze a Baghdad. Sul fronte sunnita, i partiti si presentano frammentati, con l'ex speaker Mohammed al-Halbussi tra i favoriti.L'Iraq tra USA e Iran: equilibri regionaliL'Iraq resta un terreno cruciale di equilibrio tra Usa e Iran. Paese alleato sia di Teheran che di Washington, ha tentato negli ultimi anni di mantenere una posizione neutrale, soprattutto in un Medio Oriente in rapido mutamento. Nonostante la perdita di peso nella regione, l'Iran vuole conservare la sua influenza su Baghdad, l'unico alleato rimasto fuori dal conflitto diretto con Israele dopo le gravi perdite subite, negli ultimi due anni, da Hezbollah in Libano, dagli Houthi in Yemen e da Hamas a Gaza. All'inizio dello scorso anno, le milizie filo-iraniane in Iraq, considerate organizzazioni terroristiche da Washington, hanno interrotto gli attacchi contro le forze statunitensi, dopo pressioni interne e americane legate alla guerra di Gaza. Gli Stati Uniti, che mantengono una presenza militare nel Paese, hanno chiesto a Baghdad di disarmare i gruppi filo-iraniani.