Perché le donne guadagnano fino al 30% in meno degli uomini

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AGI - Un lieve miglioramento del tasso di occupazione femminile c'è stato. Si è passati dal 55 per cento del 2022 al 56,4 per cento del 2024, ma il mercato del lavoro italiano soffre di un preoccupante gender gap con un divario tra uomini e donne occupati del 19,4%, quasi il doppio della media europea. Se ne è parlato a Elle active, il forum delle donne, dove sono stati presentati i dati dell'Osservatorio "Il lavoro delle donne, dalla scuola alla pensione".La nuova ricerca è stata condotta dal gruppo Hearst e da CRILDA dell'Università Cattolica coordinato dal professor Claudio Lucifora. L'indagine analizza le carriere delle persone. I dati si riferiscono ad un campione di oltre 5 mila persone nate tra il 1940 e il 1950 (37 per cento del campione), e tra il 1950 e il 1970. Il divario retributivo di genere (gender pay gap) aumenta progressivamente lungo tutto il ciclo di vita fino ad impennarsi verso la fine della carriera (con un divario di oltre il 30%). Un fenomeno noto come "soffitto di cristallo" (glass ceiling) che ostacola l'accesso delle donne a posizioni apicali.Uomini e donne di pari passo solo tra i 20 e i 30 anniÈ lampante quanto le carriere degli uomini e delle donne possano differire. Mentre all'inizio della carriera, tra i 20 e i 30 anni, le differenze sono minime, a 35 anni, un uomo è occupato nel 95% dei casi, mentre una donna ha solo il 50% di probabilità di essere occupata, del 40% di essere inattiva e del 10% di essere disoccupata. A 65 anni la situazione non migliora per le donne che accedono alla pensione in poco più della metà dei casi, mentre l'altra metà risulta inattiva. Le cause sono note, ma ancora irrisolte.Il peso del lavoro domestico e di cura continua a gravare soprattutto sulle donne, che vi dedicano in media 4 ore e 37 minuti al giorno contro 1 ora e 48 minuti degli uomini (Istat). Nell'arco di una vita, questo significa che le donne accumulano oltre 40.000 ore di lavoro non retribuito, l'equivalente di vent'anni di impiego a tempo pieno. "Il momento cruciale in cui per molte donne la carriera subisce un cambiamento è la nascita del primo figlio: una madre su 5 nel 2025 ha abbandonato permanentemente il proprio lavoro", dice il professor Claudio Lucifora. "Quella è la fase in cui molte donne cominciano ad accumulare divari crescenti di anzianità di servizio e anni di contributi previdenziali che poi non riescono più a recuperare. E anche tra le lavoratrici che riprendono a lavorare dopo la maternità, le scelte di carriera sono profondamente influenzate dalle responsabilità familiari".Part-time e segregazione occupazionaleL'Italia ha una quota di part-time femminile (31,5%) più elevata della media europea (28%) e un gap di circa 23 punti percentuale rispetto alla quota di part-time maschile (8%). Ma soprattutto, per la maggioranza delle donne, il part-time è "involontario", quindi non una scelta ma piuttosto l'impossibilità di ottenere un lavoro a tempo pieno. Sfugge la frustrazione e il senso di ingiustizia vissuti dalle donne, prigioniere di ruoli e pregiudizi. Un'analisi dei valori e delle credenze di genere rivela che esistono aspettative dure a morire nei confronti delle donne e dei ruoli di cura che, come dice il professor Lucifora, "condizionano le scelte, rendendo alcune di loro meno propense a lavorare, o più orientate a intraprendere un lavoro non retribuito o part-time".Le donne finiscono nelle professioni considerate come femminili (e spesso meno retribuite) oppure a lavorare solo saltuariamente perché percepiscono il proprio lavoro come accessorio al reddito familiare. La ricerca evidenzia che la segregazione occupazionale di genere in Italia è tra le più alte in Europa. Circa la metà dell'occupazione femminile risulta concentrata in sole 21 professioni, mentre per gli uomini le principali professioni sono 53.Divario pensionistico e il ruolo dell'istruzioneIl gender gap pensionistico in Italia è pari a circa il 30%, un reddito pensionistico che per le donne è inferiore di quasi un terzo rispetto a quello degli uomini. Le donne anziane in Italia "sono più povere e rischiano di non essere finanziariamente indipendenti rispetto agli uomini." (Istituto Europeo per l'Uguaglianza di Genere, EIGE). Si evince anche che l'istruzione, per le donne, rappresenta un fattore di fondamentale importanza per difendersi dagli stereotipi di genere ed emergere anche nelle professioni dominate dagli uomini. Negli ultimi anni, la storia dell'istruzione femminile racconta di successi e risultati anche superiori di quelli maschili. Scrivono i ricercatori del CRILDA "la parità di genere è un diritto umano fondamentale che impatta non solo sul benessere individuale tanto delle donne e quanto degli uomini, ma si riverbera anche su quello dell'intera società quale fattore di sviluppo, partecipazione democratica e coesione sociale".