di Matteo Leonardi*La revisione della Direttiva europea sulla tassazione energetica ha poche possibilità di passare nelle turbolente acque di Bruxelles. Questo, perché ha bisogno dell’unanimità e il ministro dell’Economia Giorgetti si è schierato contro. L’entusiasmo di Confindustria per la posizione contraria di Giorgetti desta curiosità. L’Italia è nota per l’elevata fiscalità, soprattutto per l’energia, e dunque perché non volere un piano europeo che regoli la fiscalità sull’energia?La Direttiva chiede che si applichino aliquote minime comuni basate sul contenuto energetico dei diversi prodotti e non sul loro volume. Nell’ultima versione di compromesso portata avanti dalla Danimarca, la Direttiva chiede che le aliquote minime, a partire dal 2030, siano di 0,05 c€/kWh per l’elettricità, 0,32 c€/kWh (3,46 c€/mc) per il gas e 3,87 c€/kWh per diesel e benzina (36,24 €/l di benzina). Questo, per rendere le politiche fiscali coerenti con quelle energetiche e ambientali e per aggiornare la fiscalità al processo di integrazione europea dei sistemi energetici. Per esempio, nel momento in cui il servizio di trasporto può essere soddisfatto sia dal vettore elettrico che da diesel e benzina, è importante che non ci siano delle incongruenze e discriminazioni tra i livelli fiscali che disincentivino l’adozione del vettore più efficiente e pulito: l’elettricità.Stabilire un livello comune permetterebbe di avere condizioni minime pari tra i paesi dell’Unione, elemento portante della concorrenza intra-europea. Ma altre possono essere le argomentazioni a supporto di aliquote minime che tengano conto dell’impatto climatico e ambientale dei vari prodotti. Per esempio, i danni per eventi estremi dovuti al cambiamento climatico in Europa sono stati valutati in oltre 40 miliardi di euro nel 2024. Chi dovrebbe pagare questo conto? I danni ambientali non sono un concetto astratto, ma una linea di spesa ben presente nei bilanci pubblici: l’Ufficio Parlamentare di Bilancio stima che, a politiche invariate, gli impatti da eventi climatici estremi avranno un costo per le finanze pubbliche corrispondente al 5% del Pil al 2050. Così come non sono astratti i costi degli impatti locali: si pensi ai costi sanitari e alle 70,000 morti premature in Italia per inquinamento da fonti fossili e ai costi legati al cambiamento climatico e conseguenti costi per l’adattamento. Il principio ‘chi inquina paga’ non è un vezzo ambientalista ma un principio giuridicamente sancito che identifica chi è responsabile di costi ben precisi che si riversano sulle casse dello Stato.La Direttiva in discussione, inoltre, per trovare un compromesso ha rinunciato ad interviene su aree di esenzione dalla fiscalità, quali il trasporto aereo e marittimo, che è molto difficile regolamentare. E così in Europa sono esentati dalla fiscalità sull’energia i combustibili per l’aviazione, inclusi quelli per elicotteri e jet privati, e quelle della navigazione, come ad esempio le navi da crociera, che usano prevalentemente olio combustibile pesante, altamente inquinante.Questo porta a evidenti paradossi. Mentre un semplice lavoratore paga circa 0,6 €/l di accisa su diesel e benzina (oltre 700€/anno per 15.000 km anno) nulla è pagato da chi viaggia in aereo, persino se decide di muoversi in elicottero o jet privato. Mentre una famiglia paga imposte per andare in campeggio in vacanza, inclusa la tassa di soggiorno per stare in tenda. Chi viaggia in crociera si potrà vantare di non aver pagato nessuna imposta sul combustibile della nave. Non si tratta di un problema di rivalsa su chi viaggia in jet e va in crociera. È proprio che questi utilizzi di energia non pagano un centesimo di euro sui loro consumi altamente inquinanti.Perché l’Italia si oppone?Il caso più importante in cui l’Italia non rientra nei livelli minimi d’imposizione fiscale previsti dalla nuova versione della direttiva è il settore del gas per uso industriale, che in Italia paga una somma di accisa pari a 0,12 c€/kWh. La Direttiva rivisitata, che comunque permette l’esenzione dell’accisa per il gas usato per la produzione di energia elettrica, fissa al 2030 un livello minimo di 0,32 c€/kWh, che aumenta a 0,35 c€/kWh al 2034 e a 0,37 c€/kWh al 2038. In Italia il consumo di gas per usi civili paga 1,4 c€/kWh di accisa, ben oltre il livello richiesto dalla Direttiva.Dunque, le imposte sull’energia in Italia sono più elevate dei minimi proposti dalla Direttiva nella maggior parte dei casi, e inferiori solo per i consumi industriali di gas. La posizione del ministro Giorgetti può sembrare condivisibile per evitare di introdurre una maggiore spesa in un periodo di elevati prezzi del gas. Tuttavia, in ottica di sostenibilità della finanza pubblica non si deve dimenticare che la crisi del gas russo ha determinato un costo per lo Stato di 90 miliardi per famiglie e imprese, e che ridurre la dipendenza da fonti fossili rimane una priorità.A ben vedere, la Direttiva non chiede di aumentare la pressione fiscale sull’energia. Un eventuale incremento di imposizione fiscale per un prodotto energetico, nel caso dell’Italia il gas industriale, genererebbe un incremento di gettito che può essere utilizzato per abbassare l’aliquota su altri vettori energetici o altre categorie di consumatori per una fiscalità più equa e competitiva. Per esempio, potrebbe portare a una riduzione del peso fiscale sull’elettricità aiutando le imprese, magari supportate con i fondi del sistema ETS ad adottare tecnologie più efficienti.L’impostazione di fondo della Direttiva premia gli usi elettrici rispetto a quelli fossili, al fine di creare condizioni favorevoli al processo di elettrificazione, più pulito ed energicamente più efficiente – grazie allo sviluppo delle rinnovabili e delle reti elettriche (circa 4 volte più efficienti dei corrispettivi fossili). Solo grazie all’elettrificazione l’Europa può raggiungere i propri obiettivi di indipendenza energetica dalle fossili e permettere ai consumatori di ridurre complessivamente la propria bolletta. *Co-fondatore e Direttore esecutivo di ECCO, il think tank italiano per il climaL'articolo L’Italia si oppone alla tassazione energetica comune per proteggere il gas industriale proviene da Il Fatto Quotidiano.