Ypsilanti, Michigan: una piccola città incastonata nella regione dei Grandi Laghi, a un pugno di chilometri (circa 40 minuti di macchina) da Detroit, il cuore dell’industria automobilistica made in Usa. “Ypsi”, un nomignolo diffuso tra i cittadini, è cresciuta all’ombra della capitale mondiale dell’auto. Detroit ha dato i natali a conglomerati – come le “Big Three”: Ford, General Motors e Chrysler – che, sullo sfondo del secondo dopoguerra, hanno dominato il mercato globale. Trascinandosi dietro l’intera regione: ogni città dell’area, inclusa Ypsilanti, ha assunto un ruolo nella filiera, come tanti satelliti che orbitano attorno alla casa madre.Quell’era è finita da un pezzo però “Ypsi”, che raggiunge a stento i 20mila abitanti, fatica a voltare pagina. La città celebra i fasti del passato con mostre, monumenti e musei (come l’”Automotive Heritage Museum”). Ma un giorno il “futuro” ha bussato alla porta; per i cittadini ha le sembianze di un orrendo mostro high tech – alto dodici, massimo quindici metri – che rumina energia e sbuffa calore. Lo ha messo nero su bianco il fior fiore della comunità scientifica americana: “l’Università [del Michigan, ndr] sta attualmente valutando la fattibilità di ubicare la struttura in Ypsilanti Township”.Appunto, “la struttura”: un data center per l’IA da 1,2 miliardi di dollari, steso su 22mila metri quadrati (a colpo d’occhio, tre campi da calcio). Questi hub sono una tessera fondamentale del puzzle della quarta rivoluzione industriale: si tratta, in concreto, di grandi infrastrutture in cui vengono stipati migliaia di computer. E ogni dispositivo effettua miliardi di calcoli al secondo. È il “cervello” dell’IA, che processa le istruzioni dell’utente ed elabora l’output.Gli ingegneri nucleari del potente “Los Alamos National Laboratories” (LANL) parlano il linguaggio delle istituzioni: “la struttura federale è destinata alla ricerca […] si concentrerà sul calcolo scientifico per affrontare diverse sfide nazionali, tra cui cybersicurezza, minacce nucleari e altre minacce emergenti, biohazard e soluzioni per l’energia pulita”. Neppure quando ne presentano i supposti benefici dismettono il camice, tenendosi su un registro tecnico: “settori come la mobilità, la sicurezza nazionale, l’aerospazio, la scienza della vita e la finanza possono beneficiare dalle capacità avanzate di modellazione e simulazione”.Ma le spiegazioni si fermano qui; come racconta 404 media, che ha tentato di strappargli una dichiarazione, i promotori (per l’appunto, il LALN e l’Università del Michigan) “sono rimasti vaghi sul reale utilizzo del data center”. Però gli uffici stampa hanno puntualizzato che “comprenderà una struttura per la ricerca federale classificata e un’altra per la ricerca non classificata [accademica, ndr]”. Segreti, “sicurezza nazionale” e un laboratorio federale che, da mandato, “svolge attività di ricerca e sviluppo, progettazione, manutenzione e collaudo a supporto delle scorte di armi nucleari”. Gli indizi ci sono tutti, bisogna collegare i puntini.Così questa città ubriaca di nostalgia si è destata di soprassalto. E la protesta è divampata: “questo progetto”, grida un abitante al sit-in che ha preso d’assedio il consiglio comunale, “porta avanti la disumanità, questo progetto porta avanti la distruzione! Non abbiamo bisogno di altre armi nucleari costruite dai nostri cittadini”. La consigliera Amber Fellows ha guidato la fronda contro il data center: “sono una nippo-americana […] e la minaccia esistenziale delle armi nucleari non mi sfugge, dato che la mia famiglia ne è stata direttamente colpita”.Gli abitanti di Ypsi temono rincari, – i data center consumano quote consistenti di energia – controindicazioni ambientali, inquinamento sonoro, scarsità d’acqua potabile (che viene prelevata dalle riserve idriche locali e consumata per raffreddare i server). Un cittadino dà voce ai timori più diffusi: “ci sono anche segnalazioni in tutto il paese di bollette energetiche che salgono alle stelle quando arrivano i data center. E di reti elettriche locali che subiscono malfunzionamenti”. Ma prima di tutto viene “il problema morale di destinare le risorse della nostra città allo sviluppo di armi nucleari”, specifica un’altra cittadina, mettendo in fila le priorità.È il tema che tiene realmente banco ed infervora la comunità locale: “la città di Ypsilanti”, ribadisce la donna con orgoglio, “ha la buona tradizione di stare dalla parte giusta della storia e, il più delle volte, di fare la cosa giusta. Le istituzioni hanno recepito il messaggio: “il consiglio comunale”, si legge in una risoluzione approvata con percentuali bulgare, “si oppone fermamente al data center […] per i suoi legami con la modernizzazione delle armi nucleari e i potenziali danni ambientali e chiede la cessazione completa e permanente di ogni sforzo volto a costruire questo data center”.L'articolo Acqua, energia e segreti nucleari: perché la città di Ypsilanti dice no al maxi data center dell’AI proviene da Il Fatto Quotidiano.