Ucraina. Mosca e pace congelata: la guerra che nessuno riesce a chiudere

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di Giuseppe Gagliano – Il Cremlino afferma di voler “porre fine al più presto” alla guerra in Ucraina, ma riconosce che il processo di pace è “bloccato”. A distanza di quasi quattro anni dall’inizio del conflitto, le parole del portavoce Dmitry Peskov lasciano intravedere un doppio messaggio: la Russia si dichiara pronta alla diplomazia, ma solo alle proprie condizioni. Il vertice proposto da Donald Trump tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky rimane lontano, poiché Mosca pretende che l’incontro si svolga nella capitale russa, un punto inaccettabile per Kiev.Dietro l’apparente disponibilità al negoziato si nasconde una strategia di logoramento. Peskov insiste che “la guerra finirà quando la Russia avrà raggiunto i suoi obiettivi”, lasciando intendere che Mosca punta a consolidare i territori occupati, oggi circa il 19% dell’Ucraina, e a ottenere un riconoscimento de facto delle proprie conquiste. Intanto, sul terreno, l’esercito russo intensifica gli sforzi per prendere Pokrovsk e Kupiansk, trasformando ogni tavolo diplomatico in un prolungamento della battaglia.Secondo Mosca la colpa dello stallo sarebbe di Kiev e dei “suoi istigatori europei”, che credono ancora in una vittoria militare ucraina. In realtà, l’Occidente appare diviso tra l’urgenza di contenere la guerra e il timore di legittimare un nuovo ordine imposto con la forza. Bruxelles continua a discutere l’uso dei 210 miliardi di euro di beni sovrani russi congelati per finanziare la difesa di Kiev, ma il Belgio — dove si trova la maggior parte dei fondi — frena per paura di creare un precedente giuridico pericoloso. Washington sostiene l’iniziativa, ma sa che un passo del genere potrebbe spingere Putin verso una nuova escalation.Le dichiarazioni di Trump sui possibili “test nucleari su base di parità” con altri Paesi hanno creato ulteriore confusione. Mosca ha chiesto chiarimenti, mentre Putin ha incaricato i propri esperti di valutare la fattibilità di una ripresa dei test, sospesi dal Trattato New START. Il ministro degli Esteri Lavrov conferma che il Cremlino “lavora su possibili proposte”, ma Peskov parla di una decisione “da prendere con cautela”. L’ambiguità, in questo caso, è un messaggio politico: la Russia vuole mostrare di avere ancora la leva atomica come deterrente, in un contesto dove la diplomazia tradizionale non produce risultati.Il conflitto ucraino è entrato in una fase di cristallizzazione: nessuno vince, ma nessuno si ritira. La Russia parla di pace mentre consolida le sue posizioni; gli Stati Uniti proclamano dialogo mentre finanziano la resistenza di Kiev; l’Europa discute di principi ma teme la paralisi energetica e finanziaria. Tutti dichiarano di voler fermare la guerra, ma nessuno può permettersi di perderla. In questa contraddizione vive la nuova geopolitica del XXI secolo: una guerra che continua perché serve a tutti, e una pace che nessuno, in realtà, è pronto a firmare.