La Corte d’Appello di Roma ha chiesto di nuovo alla Corte di giustizia dell’Unione europea di esprimersi sul protocollo tra Italia e Albania. Stavolta chiede di sapere se l’Italia avesse davvero il diritto di firmare quell’accordo e creare i centri di trattenimento a Shëngjin e Gjader, visto che le regole sull’asilo sono decise soprattutto a livello europeo. Un’altra tegola che si abbatte sul fallimentare progetto del governo, che tuttavia Giorgia Meloni ha rilanciato ieri durante il vertice intergovernativo Italia-Albania a Villa Pamphilj, accanto al presidente albanese Edi Rama. Un “funzionerà bis” che si aggrappa al Patto su migrazione e asilo, la riforma Ue operativa dal prossimo giugno che rivedrà le norme sulla designazione dei Paesi sicuri, primo inciampo dell’accordo con Tirana. Ma il nuovo rinvio alla Corte Ue mina proprio questa certezza, l’ultima che rimane a Meloni.“Certamente il protocollo funzionerà quando entrerà in campo il nuovo patto su migrazione e asilo” ma “devo chiedere una riflessione: perché sono stati bloccati dei trasferimenti di migranti ritenendo che paesi come Bangladesh e Tunisia non fossero paesi sicuri, nel momento in cui la proposta della Commissione europea di una lista di paesi sicuri annovera al suo interno Bangladesh e Tunisia? Dove sta la ragione?” ha domandato Meloni. Ripetere aiuta: la Corte Ue ha definitivamente chiarito che la normativa europea non ammette la designazione di Paesi sicuri con eccezioni per categorie di persone, come nella lista italiana alla base dei trasferimenti in Albania. Dunque non si possono applicare procedure d’esame “accelerate” delle domande di protezione, sommarie e con meno garanzie. La procedura applicabile è quella ordinaria e non prevede trattenimento, né in Italia né in Albania. Non solo. Indipendentemente dalle ragioni della designazione, ad agosto la Corte Ue ha ribadito che l’ultima parola spetta al giudice. Non alla Commissione europea che è liberissima di proporre la sua lista dei Paesi sicuri, ma questo non solleva il giudice dall’obbligo di controllo giurisdizionale che la legge gli impone. Recente, a proposito di Paesi sicuri, il riconoscimento della protezione sussidiaria a una donna tunisina perché, ha scritto il Tribunale di Messina, la Tunisia non è in grado o non voleva garantire una protezione effettiva nei suoi confronti, dopo aver subito violenza sessuale, sfratto forzato e minacce.Ma i principi stabiliti ad agosto, la Corte di giustizia li aveva già scritti in buona parte nella precedente sentenza dell’ottobre 2024, che il governo aveva praticamente ignorato tirando dritto verso l’apertura dei centri in Albania, poi puntualmente schiantati sulla normativa Ue. Ora Meloni punta tutto sul Patto migrazione e asilo, certa che tra sette mesi si risolverà tutto. Invece non è detto. Anzi, stavolta la posta è ancora più alta perché il 5 novembre 2025 la giudice Antonella Marrone della Corte d’Appello di Roma ha firmato un’ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue ai sensi del Trattato dell’Unione europea (TUE) e del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il caso riguarda la convalida del trattenimento di un cittadino marocchino richiedente asilo, inizialmente detenuto in Italia e poi trasferito a Gjader. La Corte d’Appello esprime dubbi sulla competenza dell’Italia a stipulare il Protocollo, chiedendo ai giudici di Lussemburgo se la materia dell’accordo non ricada invece nella competenza esclusiva dell’Unione Europea, “tenuto conto di quanto disposto dagli articoli 4, par. 3 TUE, 3 par. 2 TFUE e 216 par. 1 TFUE, secondo cui l’Unione ha competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione può incidere su norme comuni o modificarne la portata”, si legge nell’ordinanza che solleva il rinvio.Secondo la Corte d’Appello, che non dimentica di citare precedenti sentenze Ue, la materia è disciplinata in gran parte dalle norme europee: “Il sistema europeo comune di asilo (CEAS, ndr), secondo quanto voluto dall’art. 78 TFUE come riscritto con il Trattato di Lisbona, non detta più soltanto norme minime cogenti per gli Stati ma costituisce una vera e propria politica comune in materia di asilo”. Quando il diritto dell’Unione disciplina in modo così ampio una materia, argomenta la Corte d’Appello, si pone il problema della competenza esclusiva dell’Unione a concludere accordi internazionali ai sensi dell’art. 3, par. 2, TFUE. “E’ opinione di questo giudicante – si legge nell’ordinanza – che l’accordo stipulato dall’Italia con l’Albania sia idoneo a pregiudicare l’applicazione uniforme e coerente delle norme dell’Unione e il buon funzionamento del sistema che esse istituiscono sotto molteplici aspetti”. Col “rischio che l’accordo incida su norme comuni dell’Unione o ne modifichi la portata”, condizione che, ai sensi del TFUE, attribuirebbe competenza esclusiva all’Unione per l’eventuale stipula di trattati.“Tale ipotizzata illegittimità radicale non potrebbe essere superata in alcun modo dall’attuazione delle nuove misure normative del Patto europeo sull’asilo previste per giugno 2026″, ha spiegato sull’Unità Gianfranco Schiavone, esperto di migrazioni internazionali e socio Asgi. Perché la questione non riguarda solo l’eventuale contrasto con alcune norme europee, che pure viene sollevato anche in questo rinvio, ma l’architettura stessa delle istituzioni europee. Tanto che “la decisione della CGUE avrà incidenza anche su qualsiasi altro accordo presente o futuro che segua l’impostazione del Protocollo tra Italia ed Albania di esternalizzare la procedura di asilo”, ha spiegato Schiavone. Con buona pace di governi e commissari europei e dell’interesse più volte espresso, pur senza superare le tante ambiguità, per l’iniziativa italiana definitiva innovativa. Di sicuro inedita, e infatti andava valutata prudentemente alla luce dell’impianto normativo che regge l’Unione. Cosa che Meloni e soci si sono ben guardati dal fare prima di mettere in moto un progetto da oltre 700 milioni di euro che ha interessato poche decine di migranti, tutti portati in Italia. E così la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, che non ha mai voluto entrare nel merito di un simile accordo. Lo faranno, ancora una volta, i giudici di Lussemburgo.L'articolo Migranti in Albania, Meloni rilancia: “Il protocollo funzionerà”. Ma c’è un nuovo rinvio alla Corte Ue: “Non poteva firmarlo” proviene da Il Fatto Quotidiano.