"Mamdani ha fatto cose interessanti, ma il fatto nuovo e importante che arriva dagli Stati uniti è la vittoria delle due governatrici democratiche in New Jersey e In Virginia". Così Romano Prodi, intervistato dal Corriere della Sera, sulle elezioni americane. Un cambio di passo rispetto alla sinistra italiana che, invece, ha incoronato Zohran Mamdani come riferimento da seguire e un esempio da replicare in patria. Il "riformismo coraggioso", così definito da Prodi, "è quello che serve a noi". Eppure, per le nuove governatrici Abigail Spanberger e Marina Mikie Sherrill, sono arrivati solo dei timidi applausi. L'ex premier lo sa e giustifica questa differenza di entusiasmo dicendo che "la giustizia sociale è nel cuore della gente, ma occorre prima chiedersi quali sono gli strumenti giusti per affrontare il problema. Dobbiamo poter parlare di argomenti veri come tasse, immigrazione, sanità, scuola con le parole giuste, senza un radicalismo che spaventa gli elettori e che nella nostra storia non ha mai pagato". Pragmatismo e concretezza come punti cardinali sulla bussola dem. Per Prodi questo realismo si realizza "con idee e leader credibili". Tergiversa invece quando gli viene chiesto se da Giuseppe Conte a Elly Schlein, l'opposizione può contare almeno su un leader credibile: "I leader possono nascere. O farsi". Preferisce inoltre non parlare troppo della patrimoniale. Nei giorni scorsi, come raccontato dal Foglio, il dibattito sulla "tassa per i ricchi" aveva fatto emergere del malcontento all'interno del Pd proprio nell'ala riformista che contestava a Elly Schlein una pessima gestione politica della manovra economica: invece che cavalcare le accuse di Confindustria e Bankitalia e incalzare Meloni, si è preferito sterzare sulla patrimoniale. Le accuse, e l'ex premier è d'accordo, affermavano che la legge di Bilancio fosse una "manovra per ricchi". "Si è fatto credere che i benefici riguardano persone che guadagnano 2 mila euro o poco più, ossia salari non certo alti, mentre il vero vantaggio è per redditi ben superiori". Non solo, per Prodi "Meloni non ha realizzato nulla", anche se, riconosce, "l'unica sua forza è la durata, per mancanza di alternativa". Il problema principale e ciò con cui la destra provoca il campo largo, è la mancata visione programmatica comune, l'unione – secondo la maggioranza – esisterebbe solo per battere la Meloni. Anche se ieri sono arrivate parole di distensione da parte del leader del M5s su chi sarà, eventualmente, il candidato del campo largo alle prossime elezioni del 2027: "Se io non sarò il candidato, sarò il più leale sostenitore con la mia comunità. Ovviamente – sottolinea – sul presupposto che ci sia un contratto nero su bianco". Prodi non si augura, in caso di vittoria del centrosinistra, la "bertinottite": "Alla fine uno dei due leader, tra Schlein e Conte, dovrà riconoscere che l'altro ha vinto. Ma prima - precisa - occorre un modello di coalizione ampia, con un programma capace di intercettare una platea che vada oltre gli attuali confini".