La crisi senza spiegazione del River Plate: il calcio di Gallardo ha smesso di funzionare

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Il colpo di grazia è servito. Domenica 9 novembre il Boca Juniors ha vinto 2-0 il Superclásico e ha affondato definitivamente il River Plate dentro la sua crisi più profonda degli ultimi 12 anni. E la Buenos Aires rojo blanca non riesce a vedere la luce in fondo al tunnel. Il Monumental non è più una fortezza: è diventato un tribunale. Ogni sconfitta è una condanna, ogni errore un atto d’accusa. Lunedì 3 novembre, la caduta contro il Gimnasia è stata la quarta consecutiva in casa. Non succedeva dal 1926. Novantanove anni dopo, il River Plate è di nuovo prigioniero della sua storia. Tra quella ferita remota e il presente passa quasi un secolo, ma il dolore per Los Millonarios è lo stesso. Dalle tribune piovono insulti, fischi e tante lacrime cariche di rabbia. Nessun giocatore parla, nessuno si assume la responsabilità.Marcelo Gallardo, l’uomo dei miracoli, appare smarrito come il capitano di una nave che guarda il mare agitato e non riconosce più le stelle. Cambia modulo ogni settimana, ma la squadra non risponde: dal 4-3-3 al 4-2-3-1, un labirinto tattico dove si smarriscono le certezze e le idee. Dopo aver perso solo due delle prime quarantuno partite dell’anno, il River è crollato in modo inspiegabile: nove sconfitte nelle ultime undici, appena sette gol segnati. Ogni rete subita è una pugnalata fatale, non c’è nessun tentativo di reazione. I volti dei protagonisti sono vuoti, lo spirito assente. Nemmeno veterani come Milton Casco e Franco Armani riescono a dare un segnale. Il River di oggi non è solo una squadra che perde: è un’idea che si spegne.E le speranze di qualificarsi alla Copa Libertadores sono appese a un filo. La squadra di Gallardo dovrà vincere contro il Vélez e sperare che una tra Riestra e Argentinos Juniors non porti a casa 3 punti. Ci sarebbe anche un’altra possibilità: vincere il torneo di Clausura, uno scenario che però oggi pare impensabile. Se ciò non dovesse accadere, Los Millionarios dovrebbero sperare che il Rosario Central o il Boca Juniors vincano quel titolo e liberino un posto in classifica generale. Ma affidarsi a questi conti e ipotesi cervellotiche non appartiene alla mentalità che ha sempre contraddistinto il River Plate, tanto meno alla sua storia.E in mezzo a questa tempesta, si affaccia ora una nuova figura: Stefano Di Carlo, 36 anni (il più giovane nella storia moderna del club), eletto presidente con il 61,77% dei voti, record di partecipazione. “Siamo uniti e manterremo la rotta”, ha detto durante la conferenza stampa di presentazione. Ma il suo primo giorno da presidente ha coinciso con la disfatta contro il Gimnasia, portandolo subito dentro l’incubo a occhi aperti. Di Carlo sta con Gallardo, ma sa che il tempo stringe. “Sostenere un progetto quando si perde è la vera sfida”, ha dichiarato. Ma questa volta la sfida è enorme. La squadra ha perso gioco, fiducia e identità.Marcos Acuña crossa a vuoto, Miguel Borja non incide, il centrocampo è un deserto. Juanfer Quintero resta l’unico barlume di speranza a cui si aggrappa la squadra. Al Monumental si sente la nostalgia di un River che non c’è più: quello che dominava, che emozionava, che imponeva rispetto. Oggi resta solo un’ombra, una squadra che non reagisce, un allenatore che guarda il campo e non trova risposte. La storia dice che il River si rialza sempre. Ma questa volta il colpo è durissimo. Forse il più duro dal 2011, l’anno della retrocessione. Il River di Gallardo, quello dei 14 trofei conquistati in delle notti epiche, oggi cammina sull’orlo del precipizio. Da tempio della gloria a teatro della frustrazione: questo è il Monumental nel 2025. Il River non trova risposte, non trova un leader, non trova un gol. E Gallardo, forse per la prima volta nella sua era, non riesce a trovare sé stesso. È la malinconia di un ciclo che sembra al capolinea, la fine di una lingua calcistica che aveva sedotto un continente.L'articolo La crisi senza spiegazione del River Plate: il calcio di Gallardo ha smesso di funzionare proviene da Il Fatto Quotidiano.