Sulle terre rare un modello americano per l’Europa. Pelanda spiega come competere con la Cina

Wait 5 sec.

L’avanzata cinese esiste e l’Europa deve fermarla, come ha detto il ministro Giancarlo Giorgetti nelle ultime ore. Gli strumenti ci sono, serve solo una robusta dose di volontà politica. “L’industria cinese che sta vedendo venir meno il mercato americano ha dei problemi di ricollocamento dei propri prodotti. E così punta sull’Europa. Lo fa utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione”. Ed è per questo che “a essere messa a rischio non è la sopravvivenza dell’industria italiana ma l’intera industria europea”. Carlo Pelanda, economista, saggista e grande esperto di cose cinesi, la pensa esattamente così.Quello di Giorgetti suona come un allarme rosso, nel vero senso della parola. Esagerazione o realismo?Io credo che il ministro abbia esplicitato un concetto reale, non certo frutto di qualche fantasia. Abbia, insomma, messo il dito nella piaga. Da tempo assistiamo a un export da parte della Cina, assolutamente sleale nei confronti dell’Europa. L’Europa ha alzato i suoi muri, è vero, ma questi muri sono pieni di buchi. Dobbiamo metterci in testa che oggi il nemico è la Cina.Giorgetti ha semplicemente constatato una situazione di fatto?Sì, l’avanzata cinese esiste, non è una suggestione, ma qualcosa di fisico. Detto questo penso che Giorgetti abbia, con l’occasione, anche inteso sviare il dibattito sulla manovra. Spostare il baricentro sulla questione cinese, nei giorni in cui sulla manovra sono piovute non poche critiche. Rimane il dato, però: finalmente qualcuno ha portato all’attenzione un tema che finora certa politica aveva evitato.Parliamo di strumenti. L’Europa ne ha per fermare la Cina?Sì, ne ha. Ma l’Europa non è uno Stato e nemmeno una confederazione. Quindi ha bisogno del consenso dei Paesi membri, altrimenti non si va da nessuna parte. Già oggi ci sono una serie di misure di protezione contro la Cina, ma se non c’è il consenso, queste rimangono sulla carta. D’altronde la situazione è eterogenea: la Spagna è diventata un po’ filocinese, la Germania è più critica ma sul versante industriale dipende molto dal Dragone. La Francia poi è un caso strano, all’aumentare della tensione tra Usa e Cina, più Parigi diventa ambigua.Non per fare l’avvocato del diavolo, però Pechino ha recentemente annunciato lo stop ai sussidi, per esempio, all’auto elettrica. Forse così sarà più facile fermare l’avanzata della Cina.Non è vero. I sussidi saranno anche finiti, ma non dovremmo mai dimenticarci che esiste una norma in Cina, in virtù della quale in ogni consiglio di aziende strategiche, che esportano, c’è un rappresentante del partito. La concorrenza cinese è e rimane sleale. Trovo ancora incredibili che oggi alcuni analisti pensino che nel Dragone un po’ di privato esiste. Non è così, in Cina il privato non esiste. Dunque, sussidi o meno, quello che debbono fare le aziende lo decide il partito. Forse questo è il più grande dei sussidi.Due settimane fa Donald Trump e Xi Jinping si sono stretti la mano in Corea del sud, sancendo la tregua su dazi e terre rare. Un buon segnale?Lei ha detto bene, è una tregua, nulla più. La Cina ha ricattato l’America, che ha dovuto cedere. Non chiamiamolo accordo, è solo una tregua. Con dei lati positivi.Quali?Quando gli Stati Uniti hanno firmato la tregua, sapevano già che si trattava di un compromesso momentaneo, quasi fragile. Per questo da tre mesi a questa parte stanno stringendo accordi per assicurarsi giacimenti di terre rare. Washington sa bene il suo futuro non può e non deve dipendere dalla Cina. Questo spiega la sua politica di approvvigionamento grazie a patti e alleanze con economie terze.Non le pare un modello, quello americano, buono anche per l’Europa?La Commissione europea è conscia del problema delle terre rare. Basti pensare all’intesa sul Mercosur. Il problema è che all’Europa servono dei minerali senza i quali l’industria non va avanti. C’è da sostituire la dipendenza dalla Cina, in questo senso il modello americano è una bussola. E torno a Giorgetti, ha ragione, ha sollevato il vero problema, l’industria europea rischia grosso. Comunque, la vuole sapere una cosa?Prego.La Cina non è proprietaria della quasi totalità delle terre rare nel mondo, è un concetto sbagliato. I minerali critici sono un po’ in tutto il mondo, ma per tirarli fuori bisogna distruggere grosse aree di territorio: la Cina lo può fare, perché non è una democrazia. Gli altri, invece, no.