La guerra del Peloponneso

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Già per i contemporanei, la Guerra del Peloponneso è stata un conflitto dalle caratteristiche eccezionali; poi l’interesse per la lotta senza quartiere che per ventisette anni contrappose Atene e Sparta non è mai venuto meno, e il conflitto è sempre stato studiato come paradigma di lotta totale per l’egemonia. Per venire a tempi recenti, basti pensare al dibattito suscitato da Destinati alla guerra di Graham Allison, che porta come sottotitolo “Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide?”, o al libro pubblicato l’anno scorso da Luciano Canfora. Ora il Mulino rimanda in libreria il testo di Bruno Bleckmann, docente all’Università di Düsseldorf, una delle massime autorità oggi nel campo. Al di là della puntuale ricostruzione degli eventi, ovvio presupposto di un testo come questo, colpiscono soprattutto alcune osservazioni, che sono già nell’opera tucididea e che Bleckmann mette in rilievo. Si trova in primo luogo un “generale imbarbarimento”, per cui “l’opinione pubblica greca si era abituata a massacri di massa e a violazioni di norme religiose e civili”. Come osserva Tucidide, “la guerra è una maestra brutale e sa porre a modello, per orientare e accendere le passioni della folla, le circostanze del momento”. La più immediata conseguenza è quello che oggi chiameremmo populismo. Così “gli scontri interni tra i politici dell’epoca post periclea erano dovuti al desiderio che ciascuno aveva di assicurarsi un consenso il più ampio possibile nell’assemblea popolare”, come nel caso di Cleone, che “cercava di allontanarsi dalla tradizione attraverso dettagli quali la retorica violenta o la scelta di comunicare con l’assemblea popolare tramite lettere private”, e “si avvicinò ai gusti di ampie masse popolari per aumentare il proprio consenso”. Ci sono poi tregue sottoscritte con termini ambigui o sfumati, come l’accordo per i prigionieri di Sfacteria, con qualcuno sempre pronto a sfruttare sfumature e ambiguità per riprendere le ostilità pensando di volgere la situazione a proprio vantaggio. C’è infine la grande lezione conclusiva: da una guerra totale per l’egemonia non solo il vinto, ma anche il vincitore esce logorato; e infatti la Guerra del Peloponneso segna la fine del periodo d’oro della Grecia e apre la strada ad altre potenze, prima fra tutte la Macedonia di Filippo, che ben presto porrà fine alle rivalità fra le poleis imponendo a tutte la propria autorità. Al lettore il piacere di parallelismi e confronti con il passato prossimo e con il presente.   Bruno Bleckmann La guerra del Peloponneso il Mulino, 120 pp., 12 euro