Manuel Agnelli, gli Afterhours e l’eroina: «Così la musica mi ha salvato»

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Manuel Agnelli ha scritto per Rizzoli Ballate per piccole iene 2025 – Afterhours. Racconta anche con le foto di Mathias Marchioni e Henry Ruggeri un tour che è stato un evento per i fan. «Gli Afterhours erano fermi da quasi sette anni e l’idea di promuoverlo da solo mi suonava triste. Il tour era il modo più naturale e bello per farlo e un’occasione per riallacciare i rapporti con Giorgio Prette, Dario Ciffo e Andrea Viti. Quando gliel’ho chiesto, ho visto un entusiasmo commovente. E proprio l’entusiasmo era un po’ il problema dell’ultima formazione», spiega oggi in un’intervista al Corriere della Sera.Manuel Agnelli e gli AfterhoursNel 2005, ricorda il cantante, «era nata mia figlia. Un cambiamento totale. Nel giro di un anno o due, hanno fatto figli tutti. Grande energia e entusiasmo». La paternità è stata una sorpresa: «Non che avessi scelto “no figli”, ma negli ultimi anni ero stato allegrotto, più che in passato. I miei trent’anni sono stati più dissoluti dei venti. A venti, ero circondato dalla droga: l’eroina degli anni ’80 è stata una piaga; stavi attento alle siringhe nei parchi. Ricordo benissimo quando guidavo la macchina con dentro tutti i miei amici che si facevano». Dice che lui l’eroina non l’ha toccata: «Perché ho visto il male che si facevano gli altri. Però poi, da trentenne, ho avuto un crollo pesante rispetto a tutti i valori… Le amicizie, quelle nate da adolescente, le vivi come assolute, ma poi in quel concetto di assoluto non ti ritrovi più. Ho vissuto il crollo di quel sistema emotivo e, un po’, sono crollato anche io. Ho perso amici; alcuni morti; altri hanno cambiato vita. E io ho lasciato un ambiente che mi stava uccidendo: la musica mi ha davvero salvato. La routine del musicista rock esiste».La musica mi ha salvato«A 17 anni ero a Londra, a 19 anni nella Berlino col muro. A 24 ero al New Music Seminar di New York… Lì respiravi un’energia che spingeva verso l’alto. Sentivi che lo spirito era: se sei bravo, voglio essere come te, non importa da dove vieni. Mentre in Italia, se hai successo, qualcuno pensa sempre che giochi sporco. Per cui, quando è arrivata la crisi, la musica e la predilezione della parte creativa su quella bohémienne mi hanno salvato. Letteralmente», aggiunge.Mentre secondo lui «i Maneskin hanno dimostrato che il rock’n’roll è un linguaggio universale. Siamo noi a considerarlo ancora anglosassone: non è che la ruota, inventata dai Sumeri, possono farla solo i Sumeri. I Maneskin sono persone del mondo: italiani e romani, ma senza complessi di inferiorità. Noi potevamo provarci, ma ci abbiamo pensato troppo tardi: per farcela, bisognava trasferirsi per un paio d’anni; ma a quel punto era nata mia figlia e avevamo quarant’anni. Restare qui è stata la scelta giusta: identità, qualità della vita, collaborazioni in musica, radio, tv, teatro. La visibilità che mi ha dato la tv non mi è servita per costruirmi la piscina, ma per fare cose in campi diversi. Senza, difficilmente avrei fatto in teatro, da protagonista, il tour di Lazarus di David Bowie».Invecchiati ma ugualiHa trovato gli Afterhours «fisicamente, tremendamente invecchiati, ma con lo stesso senso dell’umorismo e gli stessi caratteri. Solo, più domati dalla vita: più consapevoli, più capaci del controllo delle distorsioni emotive. Niente è stato difficile: sul palco è arrivata energia positiva. Il pubblico l’ha sentito: feedback altissimo e tre generazioni a pogare, cioè a saltare e far casino. Pochissimi telefonini: il pubblico era parte di ciò che succedeva, non spettatore». E in questo tour lo ha seguito sua figlia: «Sì, portava gli amici e pogava su canzoni mie: per me, è stato meraviglioso. Anche Emma è musicista, suona in una band promettente. Questa generazione mi piace: sto lavorando musicalmente con loro, il progetto Carne Fresca promuove un’ondata di artisti che in tre-cinque anni spazzerà via quello che c’è. Ho creato un festival, le band hanno aperto il nostro tour, prepariamo la compilation. Tengo ai giovani. Quelli di oggi hanno sogni, sono consapevoli di stare male, non sono materialisti. E scendono in piazza. Io, ai concerti, dico: non state a casa a schiacciare bottoncini».L'articolo Manuel Agnelli, gli Afterhours e l’eroina: «Così la musica mi ha salvato» proviene da Open.