L’Ue unisca le forze (a partire dalla Difesa). Usa-Cina? Giganti fragili. Parla Bianchi

Wait 5 sec.

La bussola del sistema internazionale gira con una velocità che l’Europa fatica sempre più a interpretare. Gli equilibri costruiti nel secondo dopoguerra sono ormai saltati, mentre la competizione tra Stati Uniti e Cina ridisegna spazi di potere, catene del valore, geografie politiche. Dentro questo quadro si colloca l’ultimo saggio di Patrizio Bianchi, già ministro dell’Istruzione, titolare della cattedra Unesco all’Università di Ferrara e accademico dei Lincei: L’Europa fra Trump e la Cina. Tendenze e conflitti nel mondo globale (il Mulino). Bianchi nella sua intervista a Formiche.net racconta un continente che rischia l’irrilevanza, ma che potrebbe ancora costruire un percorso autonomo se solo recuperasse la sua tradizione di unità e visione.L’Europa compressa tra due potenze revisioniste. È un “nanismo tra giganti” strutturale o esistono margini per invertire la traiettoria?La via d’uscita è già scritta nella storia dell’Europa. Ogni volta che il continente ha scelto l’unità, ha mostrato capacità di crescita e influenza superiori a qualunque altra area del mondo. Quando invece ha privilegiato la frammentazione, si è chiuso, è entrato in stagnazione e poi nel caos. Dal 2008 in poi ne abbiamo avuto prova evidente.Quando parla di un’Europa “al bivio”, a cosa si riferisce? È un deficit politico, culturale o di visione strategica?Oggi manca un progetto di unità. Manca soprattutto la volontà politica di spingere verso un’integrazione più profonda. Senza questa premessa, ogni altra strategia rischia di essere insufficiente.Tra le tre leve che individua, lei colloca la Difesa al centro. Ma l’Europa discute quasi solo di spesa. È questo il nodo? Quali i passaggi necessari per una difesa comune?La storia europea nasce proprio dal tentativo di costruire una difesa comune. È un terreno strategico, tanto più in un’epoca di conflitti pervasivi e vicini ai nostri confini. Oggi il dibattito si concentra sugli investimenti: tema importante, ma non sufficiente. Ciò che serve è coordinamento, interoperabilità e, in prospettiva, la costruzione di un esercito europeo. È questa la soglia politica che ancora non abbiamo superato.Sul fronte economico e fiscale lei segnala una fragilità strutturale dell’Eurozona. Un’unione solo monetaria è sostenibile? Quanto pesa il gap educativo nella competizione globale?Un’unione solo monetaria non regge: lo abbiamo visto. Serve un’integrazione capace di armonizzare – almeno in parte – le politiche fiscali. E accanto a questo, servono sistemi educativi più allineati e più forti. La formazione è la vera leva competitiva del futuro. È da qui che dovrebbe partire qualunque strategia di sviluppo.Stati Uniti e Cina appaiono dominanti ma, secondo lei, permeati da fragilità interne. Che tipo di vulnerabilità li accomuna?Entrambe le potenze presentano disuguaglianze sociali enormi. Negli Stati Uniti le politiche protezionistiche di Trump hanno accentuato squilibri e tensioni. In Cina, invece, le rigidità del sistema e alcune scelte miopi hanno prodotto inefficienze e instabilità. Sono due giganti, ma molto fragili. E la fonte dei loro problemi è interna più che geopolitica.Eppure i mercati hanno reagito positivamente al ritorno del presidente Usa dal tour asiatico. È un segnale solido o solo un rimbalzo tattico?È un segnale, certo, ma non attenua la fragilità strutturale. Anzi: proprio quella fragilità costringe Cina e Stati Uniti a mantenere rapporti stretti. Cooperare diventa un modo per compensare le rispettive debolezze.Il capitolo sulle “Afriche” descrive un continente decisivo e spesso sottovalutato. Quali aspetti l’Europa continua a non vedere? E che ruolo giocano le influenze russo-cinesi?L’Africa è il luogo in cui si gioca il futuro del mondo. Mentre Europa e Cina invecchiano, il continente cresce. Basti pensare che l’età media della popolazione si aggira attorno ai diciannove anni, mentre in Europa siamo sopra i quaranta. Ma non possiamo ignorare la crescente ostilità verso le ex potenze coloniali né la presenza economica sempre più incisiva di Russia e Cina. Chi farà politica nel XXI secolo dovrà guardare in quella direzione.E l’Italia? Nel Mediterraneo e nel percorso di rilancio europeo, che ruolo può concretamente giocare Roma?L’Italia dispone di una leva importante, che però può funzionare solo se inserita in una strategia europea. La stabilità dell’esecutivo diventa un valore quando si traduce in azioni per rafforzare la vocazione comunitaria del Paese. La nostra proiezione naturale resta il Mediterraneo: è lì che possiamo contribuire davvero allo slancio europeista futuro.