Influenza 2025 tra le peggiori del decennio: cosa sono e perché preoccupano le ARI, e come leggere i dati della stagione invernale

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L’Italia si prepara ad affrontare a una stagione influenzale considerata in potenza tra le peggiori del decennio. La rete RespiVirNet dell’ISS lo aveva segnalato pochi giorni fa con la stima di fine ottobre: circa 427mila casi di infezioni respiratorie acute in una sola settimana. Numeri ancora lontani dal picco e che raccontano di una curva che si sta muovendo più in fretta del solito. Gli epidemiologi sembrano avere pochi dubbi su quanto la situazione peggiorerà nelle prossime settimane tra l’arrivo delle basse temperature, le scuole ormai a pieno ritmo e la co-circolazione di più virus respiratori.A complicare il quadro c’è poi l’H3N2, uno dei ceppi influenzali che sta già mostrando segni di evoluzione. Un virus capace di mutare rapidamente e con un impatto significativo, che non riguarda la gravità dei casi, soprattutto per anziani e persone con patologie croniche, ma anche la stessa velocità con cui l’infezione è capace di diffondersi.  Per capire meglio le basi delle previsioni è necessario considerare un cambiamento importante del sistema di monitoraggio nazionale: per la prima volta la sorveglianza Iss non misura più solo la “classica” sindrome simil-influenzale. La decisione di un cambio di categoria e quindi di classificazione oggi mette al centro delle stime le cosiddette ARI, infezioni respiratorie acute. Attraverso questa nuova lente che va letta l’intera stagione. Ma perché è cambiata la definizione e, soprattutto, come si leggono correttamente i numeri che ci arrivano?Il monitoraggio Iss, le ragioni del cambiamentoIl cambiamento introdotto dall’ISS nasce da una constatazione semplice: parlare solo di influenza non basta più per descrivere la realtà delle infezioni respiratorie che colpiscono la popolazione italiana. La vecchia categoria ILI, le sindromi simil-influenzali, è stata per decenni il pilastro del monitoraggio stagionale, ma negli ultimi anni è diventata sempre meno efficace. Perché? Perché l’influenza non è più sola.Oggi, nei mesi invernali, circolano contemporaneamente molti virus respiratori diversi, spesso con sintomi sovrapponibili e capacità di diffondersi molto rapidamente. Tra i più comuni:Rhinovirus, principali responsabili dei raffreddori “forti”, febbre bassa, naso chiuso, mal di gola.Virus sinciziale respiratorio (RSV), molto diffuso tra bambini e anziani, può causare bronchioliti e difficoltà respiratorie.Adenovirus, febbre più alta, mal di gola intenso, a volte congiuntivite.Metapneumovirus umano, tosse persistente, bronchiti, febbre.Virus parainfluenzali, sintomi influenzali veri e propri, ma non sono virus influenzali.SARS-CoV-2, ormai parte stabile del panorama respiratorio invernale.Influenza A e B, gli unici “veri” virus influenzali, quelli che definiscono la stagione classica.La realtà è che nessuno di questi virus sa che noi distinguiamo “influenza” da “raffreddore”: co-circolano, si scambiano nicchie, competono, si sovrappongono. E, clinicamente, si assomigliano sempre di più.Ed è proprio questo uno dei punti centrali del cambiamento: i sintomi non bastano più per distinguere un’influenza vera da un’altra ARI. Febbre, tosse, mal di gola, stanchezza, dolori muscolari: tutti i virus sopra possono provocarli, con intensità variabile. E così la categoria ILI ha iniziato a perdere significato: era troppo stretta per usare la clinica come unico criterio e troppo ampia per distinguerla nettamente dalla miriade di infezioni respiratorie acute che ogni inverno fanno milioni di casi.Da qui la decisione dell’ISS di passare a una definizione più aderente alla situazione reale: ARI (Acute Respiratory Infections). Una categoria che non fotografa più solo la “somiglianza clinica” con l’influenza, ma il vero panorama delle infezioni respiratorie in circolazione.L’indicazione arriva (anche) dagli organismi europei È proprio il riconoscimento di una maggiore complessità ad aver spinto gli organismi europei, in particolare l’ECDC, il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, a rivedere il modo in cui gli Stati membri monitorano la stagione influenzale.Negli ultimi anni, l’ECDC ha chiesto ai Paesi di uniformare la sorveglianza attraverso categorie più ampie, capaci di rappresentare l’intero spettro delle infezioni respiratorie acute. L’Europa ha quindi invitato a superare la vecchia categoria delle ILI perché basarsi solo sull’aspetto clinico, febbre, tosse, mal di gola, dolori, non era più sufficiente per definire cosa stava realmente circolando. Troppi virus presentavano la stessa sintomatologia, rendendo impossibile distinguere l’influenza vera da tutte le altre infezioni respiratorie, a meno di ricorrere a test di laboratorio.È in questo contesto che nasce l’approccio ARI (Acute Respiratory Infections): una classificazione più ampia, già adottata in diversi Paesi europei, che non si limita alla somiglianza dei sintomi ma fotografa tutte le infezioni respiratorie acute che colpiscono la popolazione durante la stagione invernale. Da qui il recente allineamento della sorveglianza RespiVirNet italiana, al fine di monitorare non solo l’influenza ma anche i virus che ogni anno contribuiscono in modo significativo al carico di malattia e spesso in misura maggiore dell’influenza stessa.Come leggere i numeri Il passaggio dalle sindromi simil-influenzali alle infezioni respiratorie acute cambia inevitabilmente il modo in cui leggiamo i bollettini settimanali. Questo non vuol dire che i dati siano “gonfiati” o che l’influenza venga raccontata più pesante di quanto sia ma che attualmente stiamo osservando un insieme di patologie più ampio rispetto al passato.Nei nuovi report dell’ISS, i casi riportati comprendono tutti i virus respiratori che circolano in questa fase della stagione, non solo quelli riconducibili all’influenza A e B. Per questo l’incidenza può apparire più alta: si conta ciò che prima restava fuori dal radar, pur rappresentando una quota importante di visite dai medici di famiglia e di accessi nei pronto soccorso pediatrici.Il modo corretto per interpretare i numeri, quindi, è duplice:Guardare l’incidenza delle ARI per capire l’intensità complessiva della stagione.Un dato che ci dice quanto stanno circolando tutti i virus respiratori e che permette di valutare la pressione sul territorio, sulle scuole, sui pediatri, sugli ambulatori.Guardare i dati virologici per capire quando arriva la vera influenza.I laboratori sentinella ad esempio indicano settimana dopo settimana quanti tamponi risultano positivi per influenza A e B. Un dato che permette di individuare l’inizio dell’ondata influenzale, quale ceppo sta circolando e se i vaccini stagionali sono ben allineati alle varianti dominanti.Che cos’è l’H3N2 e perché sta preoccupandoTra i virus influenzali che circolano quest’anno, l’H3N2 è quello che gli epidemiologi tengono d’occhio con maggiore attenzione. Non perché sia nuovo ma perché presenta una caratteristica ormai nota: cambia spesso e cambia velocemente. È un virus influenzale di tipo A con una spiccata tendenza a sviluppare variazioni genetiche che possono modificare il modo in cui il sistema immunitario, o il vaccino stagionale, lo riconosce.Nelle ultime settimane, alcuni report internazionali, in particolare dell’agenzia sanitaria britannica UKHSA, hanno segnalato la presenza di un ceppo di H3N2 con fino a sette mutazioni rispetto al ceppo vaccinale di riferimento. Si tratta di dati preliminari che non riguardano specificamente l’Italia, ma che descrivono un profilo evolutivo coerente con ciò che gli esperti conoscono da anni: l’H3N2 è un virus capace di “muoversi” e di farlo anche rapidamente.Le analisi filogenetiche condotte in Italia dall’ISS non indicano al momento un numero preciso di mutazioni, ma confermano che il ceppo H3N2 in circolazione presenta variazioni genetiche in linea con quelle osservate nel resto d’Europa. Mutazioni che non significano automaticamente un virus più grave, ma che possono avere due conseguenze importanti:una minore aderenza al vaccino stagionale, se il ceppo circolante diverge da quello inserito nella formulazione;una maggiore capacità di diffondersi, soprattutto se il virus acquisisce vantaggi competitivi rispetto agli altri agenti respiratori in circolazione.Ed è proprio questa combinazione, evoluzione continua e diffusione rapida, a rendere l’H3N2 un sorvegliato speciale. Storicamente, infatti, le stagioni dominate dall’H3N2 tendono a essere più impegnative per le fasce più fragili, come gli anziani e le persone con patologie croniche. Non necessariamente più letali, ma più estese, con curve di crescita veloci e un numero elevato di contagi concentrati in poche settimane.Per questo, nel fare previsioni sulla stagione, gli epidemiologi insistono tanto sul monitoraggio dell’H3N2: non è un nuovo virus, non è un ceppo “fuori controllo”, ma è un agente influenzale che va seguito da vicino perché la sua evoluzione può influenzare l’andamento complessivo dell’inverno respiratorio.Il ruolo delle vaccinazioni in una stagione che cambiaIn un inverno che si preannuncia complesso, la vaccinazione antinfluenzale resta la leva più concreta per ridurre l’impatto clinico e sociale della stagione. Ma i dati italiani raccontano una realtà ancora fragile: nella stagione 2024-25 la copertura vaccinale tra gli over 65 anni, la fascia più esposta alle complicanze, si è fermata intorno al 52-53%, ben al di sotto dell’obiettivo minimo del 75% previsto dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale. Nella popolazione generale poi le percentuali scendono ulteriormente, attestandosi intorno al 18-19%. Alcune regioni stanno spingendo sull’acceleratore, la Lombardia, ad esempio, ha già superato i 2 milioni di dosi somministrate nella campagna 2024-2025, ma nel complesso il Paese si presenta a questa stagione con una copertura disomogenea e lontana dagli standard raccomandati.Il punto, però, è che con l’introduzione della nuova categoria ARI (infezioni respiratorie acute), la vaccinazione assume un peso ancora maggiore riducendo le complicanze e la pressione sui servizi sanitari legate proprio ai ceppi influenzali più problematici, come l’H3N2 in evoluzione. In una stagione dominata da un “ecosistema respiratorio” in cui molti virus circolano contemporaneamente e in cui l’influenza può inserirsi a sorpresa, avere una quota più ampia di popolazione vaccinata significa diluire il rischio, contenere la severità dei quadri clinici e ridurre il numero di accessi nei pronto soccorso nelle settimane di picco.La nuova fotografia ARI suggerisce quanto i rischi della stagione invernale non vadano affrontati virus per virus ma come un sistema complesso all’interno del quale l’intervento più efficace e immediatamente disponibile resta la vaccinazione anti influenzale. L'articolo Influenza 2025 tra le peggiori del decennio: cosa sono e perché preoccupano le ARI, e come leggere i dati della stagione invernale proviene da Open.