2 donne su 3 sono più stanche in vacanza che quando lavorano: ecco perché. I consigli della coach: “Per chi lo state facendo?”

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Vacanze? Per molte donne sono un cambio di location e nulla più. Le scuole chiudono, il caldo aumenta, ma il carico di lavoro resta lo stesso, anzi si fa più pesante. Secondo una ricerca Ipsos il 64% delle donne tra i 35 e i 49 anni si sente più stanca in estate rispetto ai mesi lavorativi, a causa della gestione continua dei figli e dell’organizzazione domestica cui star dietro anche quando si è in ferie. Così quello che dovrebbe essere il periodo più leggero dell’anno si trasforma in una versione più sudata della routine di sempre, come spiega Alessandra Bitelli, coach, pedagogista e firma de “Il primo romanzo utile del coaching”. In questo libro che l’autrice presenta a FQMagazine, Bitelli dedica un capitolo al meccanismo – malsano – “di dover tenere insieme tutto, sempre, senza cedere un millimetro”. E ci ricorda una verità spesso dimenticata: fermarsi non è fallire, ma sopravvivere.Nel suo libro si parla di un multitasking logorante. Quando abbiamo perso di vista il confine tra efficienza e autodistruzione?Il confine è disegnato da un passaggio lento – come tutti i cambiamenti – tra l’essere efficienti e il dimenticarsi del vero significato di “esserci”. Nella nostra cultura è diventato essenziale sentirsi riconosciute (parlo al femminile ma vale anche per gli uomini), apprezzate, adeguate, così un po’ alla volta tutto questo si è trasformato in “faccio tutto e di più così mi vedi, così esisto”.Perché si chiede soprattutto alle donne questa capacità di dover tenere sempre insieme tutto?In realtà non glielo si chiede esplicitamente. O almeno, non più. A livello sistemico e culturale è un ruolo che le donne si sono prima trovate a ricoprire e oggi continuano a prenderselo, quindi ci si aspetta che continuino a farlo. In passato i ruoli erano ben definiti: in famiglia la donna contribuiva crescendo i figli e prendendosi cura della casa, oggi questa distinzione non è più così netta ma lei continua a sentire la stessa mole di responsabilità. Alcune si sentono persino in colpa perché hanno un lavoro al di fuori delle mura domestiche, e così si fanno carico anche di tutto il resto. Probabilmente per le prossime generazioni non sarà più così, ma ancora oggi vedo giovani donne che si muovono su più fronti: casa, lavoro, famiglia, e pure dal punto di vista delle amicizie sono quasi sempre loro che tengono le fila delle relazioni sociali. Tutto questo è faticoso e, intanto, l’unica cosa che è rimasta invariata è la durata di un giorno che continua ad essere di 24 ore.Se si molla la presa che cosa ci fanno credere che succeda? E gli effetti di questa convinzione sulle persone quali sono?La percezione è che chi si ferma è perduto, che se molliamo ci perdiamo il meglio e ci ritroviamo anziane senza essercene rese conto, ma soprattutto ci sentiamo inutili e non apprezzate. Questo è il peccato mortale che la società di oggi non perdonerebbe mai. Bisognerebbe trovare un equilibrio. Le nuovissime generazioni se ne sono accorte e danno molto spazio alla ricerca di quello che viene chiamato “work life balance”. Un po’ troppo forse, con il risultato che chiedono molto e sono disposte a dare poco. Anni fa conobbi una mamma di 9 figli che mi disse: “Io arrivo fin dove posso, dove non arrivo io arriverà qualcun altro”. Per me fu un grande insegnamento.È il mondo di oggi a chiedere di essere sempre efficienti e performanti o siamo noi che abbiamo paura di essere lasciati indietro?Un po’ entrambe le cose. Il vero problema è che il primo e più severo giudice è quello interiore. È con quello che combatte la maggior parte di chi si rivolge a me per fare un percorso di coaching. È sempre utile chiedersi: “Per chi lo sto facendo?”. Se la risposta, onesta, ha a che fare con il riconoscimento da parte degli altri allora si rende necessario rivedere le proprie priorità.E lei sa fermarsi?Non sempre, lo ammetto, ma ho imparato a riconoscere i segnali di richiesta di uno stop da parte del mio corpo e anche della mente. È allora che prevale il senso di giustizia verso me stessa e verso chi mi sta accanto, e mi fermo. La maggior parte delle cose che attraversano la vita di ognuno di noi può aspettare qualche ora e non succederà nulla di catastrofico.Come è solita ricaricarsi?Ho tre medicine infallibili: le passeggiate con il mio cane, la lettura di cui mi nutro fin da bambina e naturalmente la scrittura.Per scrivere di questi argomenti si è servita anche di esperienze di persone a lei vicine?Sì, nel mio libro racconto le esperienze dei miei clienti ma anche personali o di amici che mi è capitato di accompagnare nel cammino di trasformazione e cambiamento.Con le sue amiche riesce a ritagliarsi dei momenti per stare insieme? Avete un posto del cuore o “riti” che seguite per farvi confidenze e sfogarvi?Certamente. Avendo vissuto in città diverse ho amiche care sparse un po’ per il mondo, quindi il valore sta nell’intimità con cui custodisco il pezzo di storia che abbiamo vissuto insieme. I riti sono cambiati con l’età, ma in ognuna di queste città ci sono un luogo e un codice che condivido con le amiche più care. Con qualcuna ci sentiamo solo poche volte l’anno ma quando ci incontriamo è come se non ci vedessimo da 5 minuti. Questo è quello che chiamo “il posto del cuore”.E in qualità di coach come può aiutare le persone che si rivolgono a lei?Aiuto le persone a cambiare prospettiva su se stesse, sulle proprie relazioni e obbiettivi. Un po’ come avere le lenti degli occhiali sporche e decidere finalmente di pulirle per vedere ciò che fino a quel momento non si riusciva a vedere. Spesso le persone si lamentano, sentono disagio ma non cambiano nulla perché non vedono altre strade, oppure perché hanno paura di cambiare quello che già conoscono e non vogliono rischiare di peggiorare.Quali consigli pratici sente di dare, soprattutto in tempi di vacanze come questi?Staccare sul serio, che non significa riempirsi la giornata con tutto quello che non si riesce a fare durante il resto dell’anno, ma concedersi una pausa senza sentirsi in colpa. Il riposo si impara così come si impara a stare in silenzio. Non per niente si dice che il silenzio è d’oro.Se potesse lasciare un post it sul frigo delle donne italiane, cosa ci scriverebbe sopra?“Il riposo fa parte dell’esercizio”. Me lo ha insegnato il mio fisioterapista e ne ho fatto il mio mantra applicandolo in qualsiasi ambito della mia vita.L'articolo 2 donne su 3 sono più stanche in vacanza che quando lavorano: ecco perché. I consigli della coach: “Per chi lo state facendo?” proviene da Il Fatto Quotidiano.