Terence Stamp morto, addio all’enigmatico e talentuoso attore britannico che fu il generale Zod in Superman. Ha recitato per i più grandi registi

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Un volto enigmatico e un talento puro al servizio di grandi registi. Terence Stamp, morto all’età di 87 anni di cui oltre 60 dedicati alla recitazione, aveva una presenza scenica magnetica. Con la sua scomparsa si chiude un’epoca: quella di un cinema europeo e mondiale che cercava negli attori non solo interpreti, ma portatori di un’aura, di un mistero, di un’idea. La sua filmografia è sterminata, segnata da continui ritorni, da sperimentazioni. Collaborò con registi del calibro di William Wyler, Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Steven Soderbergh, George Lucas, Oliver Stone, Joan Schlesinger, Ken Loach, Stephen Frears.Inquieto, coltissimo, appassionato di cinema e teatro, fu la Webber Douglas Academy of Dramatic Art di Londra a indirizzare il destino di interprete. Il debutto nel cinema fu immediato e straordinario. “Billy Budd” (1962) di Peter Ustinov lo impose all’attenzione del mondo come uno dei volti più promettenti della sua generazione: il marinaio puro, giustiziato ingiustamente, fu interpretato da Stamp con una forza tragica che gli valse una nomination all’Oscar e il Golden Globe come miglior attore debuttante. Da lì, un’ascesa travolgente: accanto a Simone Signoret e Laurence Olivier in “L’anno crudele” (1962), e poi nel ruolo che gli diede consacrazione definitiva, Freddie Clegg, il maniaco solitario di “Il collezionista” (1965) di William Wyler, che gli fece vincere la Palma d’Oro come miglior attore a Cannes. Stamp, con quegli occhi glaciali, fece di un personaggio disturbante un emblema dell’alienazione moderna.Negli anni successivi, Stamp incarnò la trasformazione culturale e sessuale dell’Europa. Fu il dandy postmoderno in “Modesty Blaise” (1966), l’angelo distruttore di famiglie borghesi in “Teorema” (1968) di Pier Paolo Pasolini, e il maledetto attore alcolizzato in “Toby Dammit”, episodio diretto da Federico Fellini in “Tre passi nel delirio” (1968), film collettivo del 1968, suddiviso ispirato a racconti di Edgar Allan Poe e diretto anche da Louis Malle e Roger Vadim. Alla fine degli anni Sessanta, quando sembrava destinato a una carriera inarrestabile, Stamp diradò la sua presenza sulle scene, intervallata da alcuni lavori come “Una stagione all’inferno” (1971) di Nelo Risi e “Divina creatura” (1975) di Giuseppe Patroni Griffi.Una lunga pausa mistica lo portò in India, lontano dai riflettori e dalle produzioni hollywoodiane. Il ritorno avvenne sul grande schermo nel 1978, nei panni del malvagio criptoniano Generale Zod in “Superman” di Richard Donner. Il suo “Kneel before Zod!” divenne una delle frasi cult della cultura pop. Ha recitato anche in “Superman II” (1980). Ma nonostante il successo del film, Stamp rimase un attore di culto, fuori dalle logiche del grande business: “Vendetta” (1984) di Stephen Frears; “Pericolosamente insieme” (1986) di Ivan Reitman; “Il Siciliano” (1987) di Michael Cimino e, nello stesso anno, anche “Wall Street” di Oliver Stone. (segue)Il film “Beltenebros” (1991), in cui Stamp recita per la regia di Pilar Mirò, vince l’Orso d’Argento al Festival di Berlino. Alla fine degli anni ’80, complice anche una delusione amorosa, Stamp si concede un lungo periodo di riposo dal cinema e si dedica alla scrittura: pubblica tre libri di memorie, un romanzo e più tardi un libro di cucina. La vera resurrezione artistica di Stamp arrivò negli anni Novanta. Nel 1994, a 56 anni, fu protagonista di una delle sue prove più celebrate: Bernadette, cantante transessuale in “Priscilla – La regina del deserto” di Stephan Elliott. Il ruolo di drag queen, delicato, ironico, malinconico, fu accolto con entusiasmo da critica e pubblico e gli valse una candidatura al Golden Globe e ai Bafta.In quegli anni, Terence Stamp diventa un comprimario di lusso, prestando il suo volto e la sua voce a ruoli memorabili: fu Finis Valorum in “Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma” (1999) di George Lucas, un truffatore dolente in “L’inglese” (1998) di Steven Soderbergh, maggiordomo gotico in “La casa dei fantasmi” (2003), mentore cieco in “Elektra” (2005), e anziano rivoluzionario in “Wanted – Scegli il tuo destino” e “Operazione Valchiria”, coprotagonista con Tom Cruise, entrambi del 2008. E’ apparso anche in “Bowfinger” (1999) di Frank Oz con Steve Martin e Eddie Murphy; “Full Frontal” (2002) con Julia Roberts e in tv in “Smallville” nel ruolo di Jor-El. Ha poi recitato in “I guardiani del destino” (2010), una pellicola tratta da un breve racconto di Philip K. Dick, assieme a Matt Damon ed Emily Blunt.Nel 2012 è protagonista della commedia “Una canzone per Marion”, in cui interpreta il burbero settantenne Arthur che grazie all’esperienza del canto è costretto a fare i conti con se stesso, riuscendo infine a superare i suoi limiti. L’anno successivo è, invece, nel cast di “The Art of the Steal – L’arte del furto” (2013) che racconta le vicende di un gruppo di ladri intenti a rubare uno dei libri più famosi al mondo. Tra il 2014 e il 2016 recita con il regista Tim Burton in “Big Eyes” e “Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali”. Successivamente interpreta “Raccolto amaro” di George Mendeluk e “Mistero a Crooked House” di Gilles Paquet-Brenner (2017), “Viking Destiny” di David L.G. Hughes (2018), “Murder Mystery” di Kyle Newacheck (2019) e “Ultima notte a Soho” di Edgar Wright (2021).L'articolo Terence Stamp morto, addio all’enigmatico e talentuoso attore britannico che fu il generale Zod in Superman. 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