C’è un famoso aneddoto in cui una giovane Meryl Streep viene rifiutata dal produttore Dino De Laurentiis perché “troppo brutta”. È un episodio tragicomico, che più volte la stessa attrice ha rievocato ridendo. A renderlo paradossale è la carriera che ha poi percorso quell’interprete da Oscar. Eppure i criteri adottati dal produttore italiano naturalizzato statunitense non stupiscono. Ancora oggi, a distanza di cinquant’anni, sia nel cinema sia nel teatro l’aspetto fisico è dirimente per la scelta di un ruolo. “In Italia non ero mai né abbastanza magra, né abbastanza grassa. Mi dicevano che avevo un corpo troppo normale”, racconta Giorgia Vendetti, attrice teatrale di Roma. “In Olanda invece vedono il potenziale, non l’estetica. Dopo soli sei mesi qui ho fatto il mio primo spettacolo da sola”.Giorgia abita a Leiden da un anno e mezzo. Lì ha seguito il padre, anche lui emigrato dall’Italia per lavoro, ma soprattutto è fuggita dalla precarietà e da un mondo del teatro troppo chiuso. “Cercavo continuamente provini e bandi, ma o non rientravo nelle caratteristiche fisiche richieste, o veniva preferito qualcuno dei soliti circoletti”, spiega. “Sono partita a scatola chiusa, senza rinunciare al mio sogno ma anche consapevole che all’estero avrei probabilmente dovuto fare un altro lavoro, almeno i primi tempi”. È così che ha inizio per lei una nuova gavetta: cameriera in un bar, commessa in un negozio di prodotti italiani, addetta alle vendite di una nota catena di abbigliamento sportivo. E intanto, il suo vero obiettivo: il teatro. Insieme, però, a una nuova stabilità economica: “Come commessa prendo il triplo di quanto prenderei in Italia, più di mio fratello ingegnere a Roma. È più facile investire su un proprio progetto”.Un progetto che Giorgia coltiva sin da bambina. Dopo aver iniziato a recitare a 7 anni, studiando anche danza e canto, si è diplomata all’Action Academy al Palazzo Brancaccio a Roma. Nel tempo ha collaborato con diverse compagnie, ha insegnato a bambini e ragazzi, ha lavorato con Mamadou Dioume, regista teatrale e pedagogo senegalese. “Arrivata a Leiden ho ricominciato con una compagnia amatoriale dell’Esa, dove lavora mio padre. È normale: nonostante la mia esperienza, non potevo pretendere di iniziare subito in un altro Paese con i professionisti”. Ma in breve arrivano le prime soddisfazioni: “Sono riuscita a portare in Olanda un mio spettacolo contro la violenza sulle donne, recitato in italiano con i sottotitoli inglesi. È stato stupendo: nel pubblico c’erano olandesi che non parlano italiano, e che si sono comunque commossi”. Perché, spiega, il teatro supera ogni barriera. Anche culturale.Negli ultimi anni il settore dello spettacolo ha vissuto una trasformazione profonda, segnata da una crisi che ha portato alla chiusura dei teatri e al blocco delle produzioni. A risentirne sono stati soprattutto i lavoratori del settore, che a maggio, in una lettera aperta al ministro della Cultura, hanno chiesto un incontro insieme alle associazioni. “Io credo che il teatro sia ancora più in crisi del cinema, perché ancor meno sostenuto”, sostiene Giorgia. “Mancano i luoghi e anche il pubblico, probabilmente scoraggiato da una situazione di immobilismo culturale”. Il che, a suo avviso, è paradossale: “La storia del teatro è strettamente connessa all’Italia, basti pensare all’Opera. Eppure oggi sembra morente”. In effetti, secondo l’Osservatorio Inps, nel 2023 in Italia risultano attivi circa 100mila attori con almeno una giornata retribuita. Nel settore dello spettacolo, però, la media annua è di sole 95 giornate lavorative, con una retribuzione media di circa 11.300 euro e compensi spesso inferiori ai 10mila euro annui per i più giovani.Intanto in Olanda il teatro viene sostenuto con un fondo specifico, il Performing Arts Fund NL, che distribuisce circa 62 milioni di euro l’anno a compagnie teatrali, festival e artisti, e il governo ha stanziato 559 milioni di euro annui per il settore culturale nel periodo 2025–2028. Giorgia ha uno spettacolo in programma a novembre con una compagnia italiana a L’Alliete, intitolato “7 minuti”, basato sulla storia vera di un gruppo di lavoratrici donne in una fabbrica. Ogni tanto pensa alla sua città, Roma, ma non la rimpiange. A Leiden, racconta, si sente meno giudicata, meno esclusa. E ogni tanto ricorda quella giovane Meryl Streep, che aveva la stessa età che ha lei ora. Non sa cosa la aspetti dopo tanti rifiuti. Ma sa che, nel suo piccolo, continuerà a lavorare con le luci di scena. Anche a costo di restare lontano dall’Italia.Sei una italiana o italiano che ha deciso di andare all’estero per lavoro o per cercare una migliore qualità di vita? Se vuoi segnalaci la tua storia a fattocervelli@gmail.comL'articolo “In Olanda da commessa guadagno più di mio fratello ingegnere a Roma. E qui posso fare l’attrice: in Italia il mio corpo non andava mai bene” proviene da Il Fatto Quotidiano.