Trump chiude le porte a Taiwan: salta la visita di Lai, Pechino applaude

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di Giuseppe Gagliano – La decisione del presidente Usa Donald Trump di vietare lo scalo negli Stati Uniti al presidente taiwanese Lai Ching-te ha avuto un impatto immediato e clamoroso: la cancellazione dell’intero tour diplomatico previsto in Paraguay, Guatemala e Belize. È il primo atto concreto della nuova amministrazione statunitense sulla questione taiwanese, e arriva mentre Washington e Pechino sono nel pieno di delicatissimi negoziati commerciali.La Cina ha reagito con entusiasmo. Il portavoce del ministero degli Esteri ha lodato l’iniziativa di Trump come coerente con il principio di “una sola Cina” e come una chiara presa di distanza dalle interazioni ufficiali tra Taipei e Washington, che per Pechino costituiscono una linea rossa invalicabile.La mossa di Trump si inserisce in un momento strategico: il countdown verso la scadenza del 12 agosto, quando terminerà la tregua doganale concordata con Pechino. Il gesto è apparso, a molti osservatori, come un tentativo di distensione verso Xi Jinping, un messaggio di disponibilità alla cooperazione economica anche a costo di sacrificare temporaneamente l’equilibrio diplomatico con Taipei.Non è un caso che i media americani, tra cui Fox News e Reuters, abbiano speculato su un possibile viaggio di Trump in Cina, forse in occasione del vertice APEC in Corea del Sud a fine ottobre. Trump ha smentito l’intenzione di un “vertice”, ma ha confermato di aver ricevuto un invito da Xi. Il legame tra scelte di politica estera e trattative economiche appare evidente.Per decenni, gli Stati Uniti hanno mantenuto un equilibrio ambiguo ma costante: nessun riconoscimento ufficiale di Taiwan, ma ampia disponibilità a ospitare i leader taiwanesi in “soste tecniche” durante viaggi diplomatici. Era accaduto nel 2023 con la presidente Tsai Ing-wen, accolta a New York e Los Angeles con incontri ad alto livello.Negare questo spazio a Lai rappresenta una rottura preoccupante con la prassi bipartisan, come sottolineato dal senatore democratico Andy Kim. Secondo lui, è un segnale pericoloso che suggerisce a Pechino che il sostegno a Taiwan può essere oggetto di trattativa. Anche Nancy Pelosi, ex speaker della Camera, ha denunciato la scelta di Trump come “un cedimento davanti all’intimidazione cinese”.Da Taipei, la reazione è stata prudente. Il viaggio in America Latina non era stato annunciato ufficialmente e l’ufficio presidenziale ha motivato la cancellazione con la necessità di seguire le trattative tariffarie con Washington e la gestione dell’emergenza post-tifone nel Sud dell’isola. Una linea comunicativa che riflette l’intenzione di non esasperare i rapporti con gli Stati Uniti in un momento così delicato.Tuttavia, il segnale è chiaro: l’agibilità diplomatica di Taiwan viene ridotta, e ciò potrebbe avere conseguenze a cascata sui pochi partner che riconoscono ufficialmente Taipei e su tutti quei Paesi che, pur non avendo relazioni formali, intrattengono legami strategici con l’isola.Che la decisione di Trump sia frutto di un calcolo diplomatico o di una strategia più ampia resta incerto. Ma il suo impatto è evidente: Pechino esulta, Taipei si ritira, e l’alleanza USA-Taiwan viene percepita come più fragile. Il precedente potrebbe pesare nei prossimi mesi, soprattutto se la Cina decidesse di testare la solidità delle relazioni tra Washington e l’isola con nuove provocazioni militari o diplomatiche.Nel grande gioco asiatico, ogni gesto ha una lettura multipla. E, a volte, un semplice scalo negato vale più di una dichiarazione ufficiale.