Gino Paoli il prossimo 23 settembre spegnerà le sue 92 candeline “con lo stile di vita più malsano possibile, fumando per decenni due pacchetti di sigarette e bevendo una bottiglia di whisky al giorno. – ha detto a Il Corriere della Sera – L’ho detto a un convegno di gerontologi, studiosi della vecchiaia, e ho avuto dieci minuti di applausi. Il mio medico mi vuole rigare la macchina. Gli esami del sangue sono perfetti”.Paura della morte? “Della mia, no. Ho paura della morte delle persone che amo. La perdita di mio figlio Giovanni è un dolore che non ho ancora superato. Mi pesa molto parlarne. Un’ingiustizia atroce: deve morire prima il padre del figlio, dovevo morire prima io di Giovanni. L’ho detto al prete che ha celebrato il funerale: Dio dov’è? Come può permettere che un padre debba seppellire un figlio?”.E ancora: “Il sacerdote mi ha risposto che Dio è nel sentimento che provo. Dio esiste anche per suscitare la nostra rabbia, il nostro dolore, la nostra reazione. Credo che sia davvero così. Così con Dio ci parlo. Gli chiedo perché si è portato via quasi tutti i miei amici, tante persone care. E lui mi risponde: ‘Se ci pensi bene, lo capisci’. Dio preferisce circondarsi di persone buone e intelligenti, anziché di figli di puttana. Mi chiedo però cosa ci faccio ancora io qui”.Tra i tanti aneddoti raccontati c’è quello su “Il cielo in una stanza” del 1960: “Ebbi un amoretto con una puttana…Insomma, mi ero innamorato. Capita. Non lo so come si chiamava. Non me lo ricordo. Ricordo che era molto carina. Mi piaceva proprio tanto, e io piacevo a lei. Andai in quella stanza due, tre, quattro volte. Fino a quando non finii i soldi. Dovevo inventarmi qualcosa per rivederla”.Da qui l’escamotage: “Rubai i libri a mio padre. Una vecchia enciclopedia, che rivendetti. Per fortuna non se ne accorse. Con il ricavato ripresi a frequentare la mia amata. Fino all’esaurimento delle possibilità. Così le dissi: questa è l’ultima volta che ci vediamo. Mi rispose: ‘Ma no! Vieni lo stesso!’. Così andavo a prenderla al mattino, quando non lavorava. E giravamo come due fidanzati. Alla fine arrivò il momento della decisione”.Una decisione “forzata”: “Lei doveva lasciare Genova. Le puttane non erano fisse in un posto; dopo un mese, a volte solo quindici giorni, partivano. Era una rotazione continua: bolognesi, napoletane, siciliane, baresi… Lei mi chiese di seguirla: “Vieni via con me”. Io ci pensai seriamente. Ebbi grossi dubbi. Poi prevalse il senso del dovere: “Mi dispiace tantissimo, ma debbo dirti di no”. Non l’ho mai rivista e non ha mai saputo che la canzone fosse dedicata a lei”.E infine un anno e mezzo fa sempre al Corriere, Paoli aveva detto: “Un tempo avevamo Mina e la Vanoni, adesso emergono le cantanti che mostrano il culo“. Elodie rispose. “Parlavo in generale, pensando non solo all’Italia. – ha affermato – Giuro che non sapevo chi fosse Elodie. Poi mia moglie mi ha mostrato una sua foto. È una bella donna”.L'articolo Gino Paoli: “La morte di mio figlio Giovanni? Un dolore non superato. Ebbi un amoretto con una put**na, l’armonica era l’orgasmo. Elodie? Non sapevo chi fosse” proviene da Il Fatto Quotidiano.