L’Antitrust ha sanzionato due società di Giorgio Armani con una multa da 3,5 milioni di euro per pratica commerciale scorretta

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L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), più nota come Antitrust, ha multato l’azienda di moda Giorgio Armani e la sua controllata G.A. Operations per pratica commerciale scorretta. Secondo le indagini, le due società avrebbero usato una comunicazione ingannevole: da un lato, nei loro siti e nel codice etico dichiaravano grande attenzione alla sicurezza e ai diritti dei lavoratori; dall’altro, avrebbero appaltato gran parte della produzione a fornitori e subfornitori senza effettuare controlli adeguati.In alcuni casi, sono state riscontrate gravi irregolarità nei laboratori dei subfornitori, come macchinari privi di dispositivi di sicurezza, ambienti di lavoro in condizioni igieniche insufficienti e persone che lavoravano in nero. Sempre secondo l’Antitrust, le due società avrebbero saputo delle irregolarità: durante un’ispezione della polizia in un laboratorio, un dipendente di G.A. Operations ha detto che lo visitava una volta al mese per controllare la produzione.La ricostruzione dell’AGCM mostra le risultanze delle indagini relative, sottolineando la consapevolezza dei responsabili dell’azienda rispetto al proprio coinvolgimento in attività di subappalto non sufficientemente verificate.L’Amministratore Delegato di GAO inoltra l’e-mail a figure apicali del Gruppo Armani (al Presidente del CdA di GAO, a due vice-direttori del Gruppo Armani, di cui uno consigliere di GAO, che la invia a un altro consigliere di GAO nonché procuratore speciale di GA) preoccupandosi solo della riconoscibilità delle borse Armani e del conseguente rischio di implicazione: “[s]olo per info, le indagini hanno portato i carabinieri da [omissis]. Il video citato, non mostra il nostro brand, ma due borse che solo gli addetti potrebbero riconoscere. Non vedo al momento rischi di nostra implicazione”Nel suo esteso intervento l’AGCM ha ritenuto infondata la tesi di Armani per cui il “Codice etico” non sarebbe uno strumento promozionale e non influirebbe sulle scelte dei consumatori, e ha sostenuto la necessità che le informazioni contenute in simili documenti siano comunque veritiere, a prescindere dalla loro diffusione ed effetto. La decisione dell’AGCM costituisce un importante precedente nel vincolare le aziende a un’affidabilità e correttezza delle proprie comunicazioni sui temi della “sostenibilità”, diventate in questi anni uno strumento di promozione sempre più importante nei confronti di clientele sempre più esigenti a proposito del rispetto di simili criteri.i consumatori si sono potuti formare un convincimento riguardo al rigore circa le condizioni di lavoro presso la filiera produttiva del Gruppo Armani (fatto presentato non tanto come mero obiettivo, ma come un modus operandi effettivamente applicato) nettamente diversa da quanto emerso nel corso dell’istruttoria, venendo così tratti in errore rispetto alla realtà industriale e valoriale dei Professionisti e dei loro prodotti. Altresì, va osservato che se non ci fossero state le indagini della Polizia Giudiziaria riportate dalla stampa, i consumatori non avrebbero mai saputo nulla circa i fatti riportati supraL’azienda Giorgio Armani ha comunicato di avere accolto “con amarezza e stupore” la decisione, rammaricandosi che non sia stata in sufficiente considerazione la revoca dell’amministrazione controllata dell’azienda disposta dal tribunale (di cui in realtà l’AGCM scrive che “la conclusione della procedura di amministrazione giudiziaria non può fornire indicazioni in merito alla sussistenza o meno di una pratica commerciale scorretta”), e annunciando un ricorso.La decisione dell’AGCM non tiene infatti in alcuna considerazione il decreto con cui il Tribunale di Milano ha revocato, anticipatamente, l’amministrazione giudiziaria di GAO, riconoscendole che, una volta analizzato approfonditamente i sistemi di controllo e vigilanza utilizzati da tempo dal Gruppo Armani nei confronti della filiera “il risultato di eccellenza cui si ritiene essere pervenuta la Società è stato reso possibile – in un arco temporale contenuto – proprio in considerazione del fatto che al momento dell’applicazione della misura esistevano già sistemi di controllo della supply chain strutturati e collaudati”. Inoltre, durante tutta l’istruttoria, durata un anno, Armani ha risposto a tutte le richieste dell’Autorità senza tuttavia avere la possibilità di instaurare un rapporto costruttivo finalizzato a far comprendere compiutamente le ragioni della propria posizione. La decisione verrà quindi impugnata davanti al TAR, nella certezza di aver sempre operato con la massima correttezza e trasparenza nei riguardi dei consumatori, del mercato e degli stakeholder, così come dimostrato dalla storia del Gruppo.– Leggi anche: Come Giorgio Armani ha cambiato la moda maschile