Una fonte diplomatica sostiene che quando ci sono così tanti rumors di stampa “qualcosa di vero c’è”, e si riferisce in questo caso all’incontro tra Donald Trump e Xi Jinping. Un faccia a faccia tra il presidente statunitense e il leader cinese sarebbe in via di definizione, anche con la possibilità che si svolga in territorio neutro, secondo informazioni che Formiche.net raccoglie, ma che non possono essere confermate. Non è un caso se però Trump ha recentemente affermato di non stare attivamente cercando questo incontro, “not seeking” è la terminologia diretta dell’americano, che però si dice pronto anche a recarsi in Cina — se sarà il cinese ad invitarlo. È una posizione che svela una leva strategica: Washington mira a consolidare il processo di dialogo in corso, ma mantenendo una posizione di forza. Negli ultimi mesi, il dialogo tra le due potenze ha visto tappe significative: a Ginevra, a gennaio 2025, sono stati sospesi temporaneamente alcuni dazi, mentre successivamente in un incontro a Londra è stato firmato un accordo quadro sulle terre rare e altri settori cruciali in cui entrambe le economie si impegnano a rimodellare l’export control. È un processo fatto di contatti costanti tra i livelli intermedi delle due amministrazioni che con un incontro tra leader — il primo del secondo mandato trumpiano — avrebbe una elevazione di importanza, segnando il corso delle relazioni Usa-Cina. Almeno nel presente, perché per il futuro (anche a breve termine) la competizione totale tra le due principali potenze del mondo pare destinata a restare.Un altro tassello di questa delicata dinamica è lo scoop del Financial Times riguardante il presidente taiwanese, Lai Ching-te, al quale gli Stati Uniti avrebbero chiesto di non fermarsi sul loro territorio per incontri (era previsto un seminario alla Heritage Foundation) durante un viaggio in America Latina. Nonostante Taiwan smentisca la volontà di viaggiare del presidente, questo episodio potrebbe sottolineare ulteriormente la complessità delle relazioni in gioco.All’interno dell’amministrazione Trump, si delinea una differenza di visioni: da un lato, i cosiddetti “falchi” che vorrebbero un approccio più rigido, ruvido nei confronti di Pechino; dall’altro, la linea di chi punta a un compromesso che protegga gli interessi americani in un’ottica “America First”. Su questo secondo filone si posiziona Donald Trump, che non vede nemico ma solo rivali con cui è sempre possibile dare dei “deal” (soprattutto di stampo economico-commerciale).