Gaza. Crescono le preoccupazioni internazionali, due elementi chiave che ostacolano la risoluzione della crisi

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di Marcello Beraldi –La situazione nella Striscia di Gaza continua a generare profonda preoccupazione, anche se azioni significative non arrivano da nessuno degli attori rilevanti sulla scena geopolitica globale. Le operazioni militari israeliane in risposta agli attacchi del 7 ottobre 2023 hanno causato un numero spropositato di vittime civili e una devastante crisi umanitaria, sollevando critiche e appelli da parte di organizzazioni internazionali e governi di tutto il mondo che rimangono inascoltate.Le Nazioni Unite e numerose ONG umanitarie hanno ripetutamente denunciato l’impatto sproporzionato del conflitto sulla popolazione civile di Gaza. Mentre va avanti l’analisi del tribunale internazionale dell’AIA volta ad accertare la caratteristica genocidiaria dell’azione militare israeliana, rapporti a cadenza periodica di organismi indipendenti evidenziano la distruzione di infrastrutture vitali, tra cui ospedali, scuole e abitazioni, oltre alla grave scarsità di cibo, acqua ed elettricità, deliberatamente procurata da Israele come vera e propria strategia di guerra. La comunità internazionale ha espresso allarmi per la violazione del diritto internazionale umanitario e per la necessità urgente di proteggere i civili e garantire l’accesso agli aiuti umanitari, ma finora nulla accade e la situazione peggiora di giorno in giorno. Si segnalano quotidianamente decine e decine di morti tra i civili della Striscia che si accalcano nei pressi dei centri di distribuzione degli aiuti umanitari (gestiti da Israele) dove vengono presi di mira dal fuoco dell’esercito di occupazione che poi tende a rimbalzare le responsabilità delle “stragi del pane” sulla resistenza palestinese, in un gioco poco credibile e beffardo di deresponsabilizzazione a cui ormai credono solo gli osservatori ciechi e pregiudizialmente orientati.Due Ostacoli Chiave alla Pace.Al di là delle attuali operazioni a Gaza, la risoluzione del conflitto israelo-palestinese è da tempo ostacolata da questioni strutturali e profondamente radicate. Due di queste, in particolare, emergono come centrali per comprendere la persistente instabilità: l’occupazione dei territori palestinesi e la percezione della resistenza palestinese.1. L’Occupazione Israeliana dei Territori Palestinesi Internazionalmente Riconosciuti.Uno dei nodi cruciali è la continua occupazione israeliana dei territori palestinesi, inclusi la Cisgiordania, Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza (sebbene Israele si sia ritirato da Gaza nel 2005, mantiene un controllo completo sui suoi confini e sulle sue rotte commerciali, nonché su ogni aspetto della vita economica e produttiva dell’area). Questa occupazione, iniziata nel 1967, è considerata illegale dalla maggior parte della comunità internazionale, incluse le Nazioni Unite, che hanno emesso numerose risoluzioni a riguardo, puntualmente ignorate dell’entità sionista.I dati dimostrano una crescita costante degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Secondo l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, a gennaio 2024 vivevano oltre 490mila coloni israeliani in Cisgiordania e circa 220mila a Gerusalemme Est, al di fuori delle linee armistiziali del 1949 (Linea Verde). Questi insediamenti sono costruiti su terre che la comunità internazionale considera palestinesi e violano la Quarta Convenzione di Ginevra. La comunità internazionale nonostante ciò stenta a intraprendere azioni sanzionatorie contro israele configurando una tacita complicità che il giudizio della storia non potrà ignorare.L’espansione degli insediamenti frammenta il territorio palestinese, ostacolando la possibilità di uno stato palestinese contiguo e vitale. Inoltre il controllo israeliano sulla mobilità, sulle risorse naturali (come l’acqua) e sull’economia palestinese limita pesantemente lo sviluppo e l’autodeterminazione palestinese, alimentando frustrazione e risentimento, tra le cause ovvie degli atti violenti di resistenza che purtroppo coinvolgono i civili come quello del ottobre.2. La Criminalizzazione della Resistenza Palestinese e la Questione della Sicurezza.Un altro ostacolo significativo risiede nella diversa interpretazione e percezione della “resistenza” palestinese da parte di Israele e della comunità internazionale, e la sua conseguente criminalizzazione. Mentre Israele e molti dei suoi alleati considerano la maggior parte delle forme di resistenza palestinese, specialmente quelle armate, come atti terroristici, una parte della comunità internazionale ed i palestinesi vedono il diritto alla resistenza come legittimo sotto l’occupazione, in accordo con il diritto internazionale.Organizzazioni come Hamas e la Jihad Islamica Palestinese sono designate come organizzazioni terroristiche da Israele, dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, a causa dei loro attacchi contro civili israeliani. Tuttavia per i palestinesi queste organizzazioni sono percepite come attori che combattono per l’autodeterminazione e la fine dell’occupazione. Questa profonda divergenza di prospettive rende estremamente difficile costruire un terreno comune per i negoziati di pace.La politica israeliana di detenzione amministrativa, che consente l’arresto e la detenzione di palestinesi senza accusa o processo per periodi indefiniti, e le frequenti operazioni militari volte a smantellare le infrastrutture dei gruppi armati, sono percepite dai palestinesi come ulteriori forme di oppressione. Questa situazione crea un ciclo di violenza e vendetta, rendendo sempre più arduo il percorso verso una soluzione politica duratura.La complessità del conflitto israelo-palestinese richiede un approccio che riconosca le ragioni vitali del popolo palestinese spesso, se non sempre, lasciate in secondo piano in nome del diritto alla sicurezza di Israele. Viene costantemente ignorato che, nei fatti, sono i palestinesi che vengono trucidati a migliaia e privati dei loro diritti elementari. Ci si gira dall’altra parte in maniera sistematica davanti alla sofferenza immane di chi subisce le peggiori angherie a favore di quelli che nei numeri sono inequivocabilmente i carnefici, adesso, di migliaia di civili indifesi. Si continua a ignorare che la contrapposizione tra le parti è completamente squilibrata in quanto da un lato c’è una struttura militare quella sionista, tra le più tecnologicamente avanzate e meglio attrezzate di tutto il pianeta, che si scontra con una milizia armata in maniera approssimativa, priva di strutture militari e mezzi, ma soprattutto fatta per lo più da uomini disperati che hanno perso tutto nel corso dello sterminio in corso, che combattono offrendo il proprio corpo alla mercè di una causa, quella per la sopravvivenza del proprio popolo, che il mondo intero ha deciso di ignorare.