Dopo l'intesa con Donald Trump, il governo fa i conti con dazi al 15 per cento su tutte le merci importate dall'Ue negli Stati Uniti. Ieri la premier aveva giudicato "positivo” il raggiungimento di un accordo, nonostante la carenza di dettagli: "Bisogna verificare quali sono le possibili esenzioni, particolarmente su alcuni prodotti agricoli". Proprio sull'agricoltura, il ministro della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida si è mostrato sereno: "Per un paese esportatore come il nostro i dazi sono sempre un problema, ma da una prima analisi l'impatto per alcuni settori potrebbe non essere così drammatico", ha detto al Corriere della Sera. A sostegno del made in Italy c'è il fatto che alcuni prodotti italiani “non sono replicabili negli Stati Uniti. Pensiamo all'olio di oliva, che importano per il 95 per cento, o al pecorino, che lì non sanno fare", ha proseguito. A prescindere dal prezzo, dunque, i nostri prodotti continueranno a essere esportati. Anzi, secondo Lollobrigida “gran parte dei dazi non saranno pagati dai produttori italiani, ma verranno spalmati sull'intera filiera, che per la maggior parte dei prodotti, per valore, è negli Stati Uniti”. Ovviamente, tutto è ancora da calcolare. “Bisogna aspettare le tabelle e le eventuali esenzioni che possono risultare determinanti", ha spiegato il ministro. Il quale, nonostante l'ottimismo, non nasconde un certo timore per le sorti del vino: "È quello che preoccupa di più. Ma su questo sembra che ci sia ancora la possibilità di rivedere la trattativa". Lunedì 4 agosto a Palazzo Chigi si terrà una riunione del sistema produttivo per affrontare la questione, “non solo legata ai dazi ma anche a una strategia complessiva", ha aggiunto il ministro, che hai poi criticato l'opposizione: “Non voglio essere ottimista a tutti i costi, ma nemmeno catastrofista come chi lo sta facendo in queste ore in modo del tutto strumentale”. Meno fiducioso è sembrato invece Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell'Ambiente: “Forse era oggettivamente difficile fare di più”, ha detto oggi alla Stampa, sottolineando come prima dell'accordo ci sia “stata una trattativa irrituale, anche nel modo in cui si è celebrato l'atto finale in un golf club”. D'altronde, con Trump l'irritualità è all'ordine del giorno: "Sì, e io sono affezionato a un'idea diversa dei conservatori americani. Diciamoci la verità, se avesse vinto Kamala Harris avremmo forse avuto meno problemi, perché più in continuità con le tradizioni del passato”, ha ammesso il ministro. L'accordo sui dazi, però, non è una resa dell'Ue: “È una mediazione. Trump fa gli interessi dell'America, noi e l'Europa abbiamo fatto tutto il possibile nelle condizioni date per tutelare i nostri interessi”. L'unico ribasso sui dazi riguarda il settore auto. La richiesta proviene dalla Germania, ma gli effetti positivi si vedranno anche da noi: “La filiera della componentistica auto tedesca spesso in gran parte è di produzione italiana. C'è una grande trasversalità nel campo dell'automotive europeo", ha sottolineato il ministro. Lo sperano sicuramente in casa Stellantis, in cui oggi prevedono che le strette commerciali di Trump peseranno per 1,5 miliardi sui conti del 2025 del gruppo, di cui 0,3 miliardi di euro registrati nel primo semestre. Per quel che riguarda infine l'impatto che avrà questo accordo sull'energia: "Non vedo particolari difficoltà perché qui siamo importatori, non esportatori. Importiamo gas e gln, nello specifico dagli Stati Uniti. E speriamo di non metterci dei dazi da soli, come ha detto Mario Draghi", ha concluso.