Dazi, che futuro c’è per il Made in Italy? Dal vino ai farmaci, cosa deve fare ogni settore per sopravvivere all’accordo

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Se la mozzarella di bufala passerà da 45 a 60 euro al chilo gli americani continueranno a comprare dai produttori italiani? Se lo chiede Repubblica che analizza, settore per settore, come cambieranno i mercati davanti all’accordo stilato per dazi al 15 per cento, tra l’Unione Europea e gli Usa. E sopratutto quanto questo influenzerà il prezzo di listino. Settore agroalimentare: il costo dei dazi peserà 1,2 miliardiGli Stati Uniti sono il secondo mercato di sbocco dell’agroalimentare italiano, nel 2024, con quasi 8 miliardi di euro di vendite. Si tratta dell’11,4% dell’export totale. Per Confagricoltura, si tratta di cereali, riso e derivati (1,25 miliardi, di cui 670 milioni di pasta), mentre i formaggi “valgono” quasi mezzo miliardo e oli e grassi arrivano al miliardo. In particolare si teme che l’olio italiano venga rimpiazzato con quello turco, del Sud America o tunisino. Nel panorama agroalimentare influenzeranno molto le eventuali esenzioni. Repubblica ricorda che il Parmigiano, che esporta il 23% della sua produzione negli USA, già aveva un dazio del 15 per cento. i più colpiti saranno i produttori di salumi, che rischiano di perdere 25 milioni.Alcol: sale il prezzo del vino al ristorante. La bottiglia sale a 60 dollariL’export del vino italiano negli Usa vale quasi 2 miliardi. Per l’Unione italiana vini, a inizio anno una bottiglia che usciva dalla cantina a 5 euro finiva allo scaffale a 11,5 dollari; tra dazi e svalutazione del dollaro, salirà a 15 dollari (+186%) e al ristorante la stessa bottiglia potrebbe costare 60. I bianchi trentini e friulani, i rossi toscani e piemontesi rischiano di lasciare, come teme la Cia, il campo libero «al Malbec argentino, allo Shiraz australiano fino al Merlot cileno», precisa il quotidiano. Il Brunello potrebbe bruciare 3 milioni di bottiglie. Lamberto Frescobaldi, presidente Uiv, è lapidario con Repubblica: «Con i dazi al 15%, il danno per le nostre imprese è di 317 milioni».Auto, saranno colpiti di più i tedeschi Si dovrebbe gioire per un dazio al 15%, rispetto al 25%. L’Europa verso gli Stati Uniti nel 2024 ha esportato 750 mila veicoli per un valore di 38,5 miliardi. Gli extracosti da assorbire, riporta il quotidiano, oscillano intorno ai 5 miliardi. E pesano sui marchi tedeschi, in particolare Bmw, Mercedes, Porsche e Audi. «È come se fosse il 15% più il 10% – dichiara Gianmarco Giorda, direttore dell’Anfia, sigla della componentistica italiana – i margini sono bassi, i contraccolpi sull’auto tedesca si sentono e i costruttori scaricheranno sulla filiera perché sarebbe inimmaginabile alzare i prezzi. Le esportazioni verso gli Usa valgono 4,5 miliardi, gli extracosti intorno ai 650 milioni».Farmaceutica, meccanica, modaLe preoccupazioni sono sia sul settore farmaceutico (dove non è chiaro per ora se si saranno esenzioni per alcune categorie di prodotti), e il settore della meccanica. «Le aziende della meccanica, per oltre il 90%, hanno dimensioni medie e piccole. Dunque mancano dei margini per assorbire quel15%», ha spiegato il presidente di Federmeccanica. Si spera nell’esenzione in alcuni ambiti e sottosettori più specifici. Come per esempio Ucimu, l’associazione dei costruttori italiani di robot e automazione, per le macchine utensili per la lavorazione dei metalli. Tipologia di bene molto voluto negli USA. E infine il settore della moda. Molti marchi del lusso hanno già ritoccato i prezzi a inizio anno. La quota dell’export verso gli Usa del settore è al 17% pari a 11 miliardi di controvalore, un dazio teorico di 1,65 miliardi. I costi riguardano più che altro la filiera produttiva. Se alti, conclude Repubblica, le concerie e le aziende dei tessuti sono costrette a cedere il controllo a gruppi internazionali (spesso francesi) per garantire sia produzione che posti di lavoro. L'articolo Dazi, che futuro c’è per il Made in Italy? Dal vino ai farmaci, cosa deve fare ogni settore per sopravvivere all’accordo proviene da Open.